Agromafia un business di 21,8 miliardi e molto altro
L’agroalimentare è un settore determinante per l’economia nazionale me nel contempo è un settore spesso e volentieri nell’occhio del ciclone.
Nel recente quinto Rapporto #Agromafie 2017 che hanno elaborato la Coldiretti, Eurispes e l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, si legge che il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia è di 21,8 miliardi di euro, con un incremento del 30 percento rispetto all’anno precedente.
Dalla Coldiretti fanno notare che tale stima, con probabilità, rimane approssimativa per difetto in quanto non sono note le operazioni “estero su estero” i cui proventi possono modificare sensibilmente le cifre pubblicate. Non è semplice conoscere gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, specie nei Paesi offshore, attraverso la creazione di fondi di investimento sfruttando i money transfer e potendo contare su fiduciarie anonime e la cosiddetta “banca di tramutazione”, che veicola gli ingenti capitali verso il conto corrente finale desiderato.
La delinquenza organizzata da lustri oramai si dedica alla gestione più proficua della filiera, alla gestione dei trasporti e dello smistamento, nello stabilire il prezzo alla raccolta e nei mercati generali, nel concordare la destinazione delle catene della grande distribuzione, la canalizzazione dei mercati esteri.
Chi non si adegua o accenna alla disobbedienza va incontro a una variegata specie di furti e danneggiamenti a partire dai trattori, dalle falciatrici e altri mezzi agricoli, alle canagliate o sfregi delle colture, grassazioni di interi carichi di frutta e verdura, abigeato.
A dicembre 2012 ignoti, svuotarono dieci botti per oltre 620 ettolitri di Brunello di Montalcino in invecchiamento delle annate dal 2007 al 2012 dell’azienda Case Basse di proprietà di Gianfranco Soldera per un danno dai 5 ai 7 milioni di euro.
A dicembre 2016, ignoti, scavalcano di notte il muro di recinzione dell’azienda Rocca de’ Giorgi, in provincia di Pavia, di proprietà della contessa Ottavia Giorgi di Vistarino ed aprono i rubinetti delle cisterne di vino. Siamo nelle terre dell’Oltrepò. Nelle canalette di scolo finiscono 5.300 ettolitri di Pinot grigio, Riesling e altro. Un danno di circa mezzo milione di euro.
Mafia, ndrangheta e camorra non trascurano il racket, l’usura, sfregi vari, estorsione.
Nei centri abitati i tradizionali fruttivendoli stanno scomparendo e al loro posto si vedono sempre più egiziani, a differenza dei fiorai che vengono sostituiti da pakistani e indiani. Gente che a malapena riesce a pronunciare un “buon giorno”. Chi manovra le fila di costoro?
Il settore, invece, che spesso balza sulle pagine dei media è quello della ristorazione. Sempre più spesso le forze dell’ordine sequestrano ristoranti, bar, pizzerie. È uno dei canali privilegiati per gli investimenti della mala, nel settore dei pubblici esercizi finisce una parte consistente dei capitali garantiti da traffici illeciti, dalla droga, dalla prostituzione, dal racket.
Secondo il Rapporto Agromafie 2017 oltre 5.000 locali della ristorazione sono in mano alla delinquenza la cui presenza maggiore è dislocata a Roma, Milano e nelle grandi città del settentrione. Acquistano a prezzi stracciati, magari a seguito di minacce, intimidazioni, e all’interno sistemano persone di fiducia, energiche ed educate.
Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo ha spiegato che “le agromafie vanno contrastate nei territori agricoli, nelle segrete stanze ove si determinano i prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase di distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungre al consumatore finale. È indispensabile la trasparenza e l’informazione, i cittadini e i consumatori devono poter conoscere la storia e la strada che segue il prodotto che giunge a tavola. Nel comparto alimentare occorre vigilare sul sottocosto come pure sui cibi low cost dietro i quali sovente si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di qualità inferiore oppure metodi di produzione alternativi se non addirittura l’illegalità e lo sfruttamento”.
Piero Vernigo
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