Natalità cresce nel Trentino Alto Adige e decresce altrove
A prima vista sembra un paradosso, ma la provincia più prolifica d’Italia è proprio Bolzano nel Trentino Alto Adige dove una mamma ha 1,78 figli pro capite contro una media nazionale che parla di 1,34 figli per madre. Se si potesse estendere la fertilità di Bolzano al resto d’Italia figureremmo tra i Paesi con maggiore fertilità d’Europa insieme a Francia, Regno Unito e Svezia.
Invece ci ritroviamo in fondo alla graduatoria con 12.000 neonati in meno nel 2016, con tante famiglie che devono accudire a figli unici.
L’Agenzia della Famiglia in Trentino è stata istituita nel 2011 e ha aiutato 37.000 nuclei familiari, nel 2016 sono stati 47.000, i fondi sono passati da 45 milioni a 73 milioni annui.
I bambini da 0 a 3 anni ricevono un assegno di 200 euro al mese, per ottenerlo non bisogna superare un reddito di 80.000 euro l’anno, che a Bolzano rappresenta il 90 percento delle famiglie.
Tra le clausole per ottenere il bonus bisogna avere una residenza fissa da cinque anni, o quella storica di quindici anni di cui almeno uno immediatamente antecedente la domanda, oppure bisogna essere coniugati con una persona in possesso di tali requisiti; i cittadini comunitari residenti all’estero ma che lavorano a Bolzano hanno comunque diritto all’assegno se posseggono i requisiti richiesti.
Poi ci sono i congedi parentali e le agevolazioni per le madri single.
Si dice che le regioni di confine divengano laboratorio politico per quella legge sulla maternità assistita che già c’è in Parlamento da mesi, primo firmatario è il senatore Lepri e che subisce il fuoco incrociato dalla destra e dalla sinistra senza riuscire a vedere la luce.
Grazie allo statuto speciale il Trentino Alto Adige può assicurare degli standard di vita molto elevati anche alle persone disabili e in stato di difficoltà. Insieme all’Emilia Romagna è la regione con più cooperative sociali per le persone con handicap e il lavoro non è soltanto una chimera o un parcheggio.
Quello della tutela della maternità e della famiglia e un campo d’azione privilegiato dalla Chiesa che con il cardinal Bagnasco è scesa nuovamente in campo.
Dopo aver condiviso le preoccupazioni riguardanti il lavoro, la cui mancanza genera una «sofferenza insopportabile», ecco un richiamo alla politica, che dovrebbe lavorare a capofitto su questo dramma, mentre al contrario appare distratto su altri fronti e perennemente litigioso. «C’è bisogno di una politica autentica, di pace istituzionale», sono le parole di Bagnasco.
Ed è ai giovani che si rivolge poi il pensiero del presidente della Cei: quelli che emigrano (30mila ogni anno), quelli che si chiudono in casa per crearsi un mondo virtuale (6mila); quelli che continuano a sognare una famiglia e dei figli (il 92%), uno «straordinario dato di fiducia, reso purtroppo vano dalla mancanza di lavoro stabile».
Accanto alla questione del lavoro, si solleva ancora quella della decrescita demografica, con il record negativo del 2016 (-2,4% di nuovo nati, 474.000 contro i 486.000 del 2015), per sollecitare una politica che incoraggi e sostenga la famiglia, a partire del Fattore Famiglia chiesto insistentemente dal Forum delle associazioni familiari.
Alla famiglia è riservata l’attenzione del cardinale Bagnasco, in primo luogo al diritto dei figli a essere allevati da un padre e una madre, alla «violenza discriminatoria» verso le donne esercitata dalla pratica della maternità surrogata, con la duplice ingiustizia del bambino separato dalla madre e della madre che perde ogni diritto sul neonato.
Questioni ancora aperte che trovano uno spazio sempre risicato nel dibattito politico.
Michele Pacciano
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