Il cosmo magico di Leonardo
L’Adorazione dei Magi di Leonardo degli Uffizi torna in Galleria dopo un restauro compiuto all’Opificio delle Pietre Dure, durato cinque anni. Infatti nel novembre del 2011 la grande tavola dell’Adorazione dei Magi di Leonardo fu trasferita al laboratorio di restauro della Fortezza da Basso, dove per molti mesi fu sottoposta a numerose indagini diagnostiche, prima che nell’ottobre 2012, venisse finalmente presa la decisione congiunta di intraprenderne il restauro.
L’Adorazione dei Magi fu commissionata a Leonardo nel 1481 dai canonici regolari di Sant’Agostino per l’altar maggiore della chiesa di San Donato in Scopeto, che si trovava su una piccola collina fuori Porta Romana, a Firenze. Solo pochi mesi dopo, nel 1482, la partenza di Leonardo verso Milano mise fine ex-abrupto ai lavori, lasciando il grande dipinto incompiuto. È molto probabile, quindi, che esso non sia mai stato collocato sull’altare della chiesa. Verosimilmente i committenti non ebbero la possibilità di capire se quella di Leonardo fosse una partenza definitiva e proprio per questo l’opera sopravvisse anche se non finita. Sembrerebbe plausibile che i monaci di San Donato in Scopeto siano rimasti per diversi anni in attesa di un possibile completamento, fino a quando, nei primi anni ’90, si risolsero a commissionare a Filippino Lippi un’altra pala d’altare, completata nel 1496, simile per dimensioni, per soggetto e anche per elementi iconografici specifici. Vasari nella biografia di Leonardo della seconda edizione delle Vite (1568), ci dà la prima testimonianza storica sull’Adorazione dei Magi, affermando che essa “era in casa d’Amerigo Benci dirimpetto alla loggia dei Peruzzi”. È noto che Leonardo intratteneva rapporti di una certa familiarità con i Benci, per i quali aveva anche realizzato, proprio negli stessi anni dell’Adorazione, un ritratto di Ginevra, figlia di Amerigo (oggi esposto alla National Gallery of Art di Washington D.C.). Dagli archivi risulta che nel 1621 l’opera si trovava nel Casino di San Marco, fra i beni lasciati in eredità da Don Antonio dé Medici e nel 1670, alla morte del figlio di lui, Giulio, essa entra nella Guardaroba Medicea e da lì passò poi agli Uffizi, dove rimase fino ai giorni nostri, tranne che per un breve periodo, nella seconda metà del Settecento, in cui fu portata nella Villa di Castello.
La raffigurazione dell’Adorazione dei Magi è un soggetto iconografico abbastanza comune nella Firenze del Quattrocento, grazie anche alla popolarità ed importanza politica della Confraternita laicale dei Magi che si riuniva nei locali del convento di San Marco e alla quale appartenevano molti membri della famiglia dei Medici.
I documenti ricordano che il padre di Leonardo, l’importante notaio fiorentino ser Piero, aveva fra la propria clientela anche i monaci di San Donato in Scopeto e l’origine della commissione del dipinto tradizionalmente viene riferita a questo legame familiare e professionale.
Leonardo supera la tradizione iconografica dei cortei di nobili e di figure esotiche, tipica della Adorazioni dei Magi, per dare vita ad una complessa composizione, imperniata sul gruppo della Madonna con il Bambino, intorno alla quale si affollano figure che solo per iperbole possono essere definite come pastori, angeli e astanti.
Ma che in realtà sono un pretesto per la rappresentazione dei moti dell’anima. Lo spazio del dipinto si suddivide in diversi piani in ascesa che si allontanano verso un paesaggio marino o lacustre sullo sfondo, come poi Leonardo svilupperà in molti altri suoi dipinti più tardi. Il fascino innegabile esercitato dall’Adorazione dei Magi sta probabilmente nella sensazione che essa trasmette all’osservatore di poter entrare in contatto con la mente immaginifica di Leonardo, cercando di capirne i meccanismi di pensiero e ragionamento per portare a completamento l’idea interrotta.
Interpretare un’opera così non era certo facile, ma soprattutto per i restauratori non era una procedura comune confrontarsi con le idee continuamente in divenire di Leonardo, invece che con un lavoro finito. Il progetto di conservazione messo a punto dall’Opificio delle Pietre Dure, in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, comprende anche un piano di conservazione preventiva che segua e controlli l’opera nel tempo, per cui una migliore conservazione di tutti i materiali originali, una più approfondita conoscenza del processo creativo di Leonardo e della sua tecnica, una più chiara lettura degli straordinari valori espressivi dell’opera. Ora sono più leggibili tutte le figure ed i dettagli ed è anche percepibile l’eccezionale costruzione spaziale interna alla figurazione, soprattutto nello sfondo che si apre su una visione prospettica ed atmosferica tipica di Leonardo, sinora addirittura mascherata da una vera e propria patinatura. Appare anche evidente come, in modo inconsueto per il suo tempo e unico persino nella sua produzione artistica, Leonardo abbia elaborato il disegno direttamente sulla tavola anziché su carta, come è evidente dai numerosissimi cambiamenti in corso d’opera che oggi sono di nuovo visibili.
Si può dunque a buona ragione affermare che il risultato finale del restauro fa riscoprire un capolavoro straordinario per innovazione e invenzione, che da secoli nessuno aveva potuto vedere.
L’intervento di restauro è stato reso possibile dal generoso sostegno degli Amici degli Uffizi e dalla Getty Foundation di Los Angeles che ha finanziato le collaborazioni professionali necessarie all’intervento sul supporto.
La mostra a cura, come il catalogo edito da Giunti, di Eike D. Schmidt, Marco Ciatti e Daniela Parenti, è promossa dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo con le Gallerie degli Uffizi, l’Opificio delle Pietre Dure, gli Amici degli Uffizi e Firenze Musei.
L’Adorazione dei Magi restaurata – Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture – Firenze, fino al 24 settembre 2017
Roberto Cantini
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