Olga e gli altri, la notte blu dell’autismo
Olga è una simpatica ragazza bionda dai profondissimi occhi azzurri, solo leggermente spaesati. Si siede al tavolo dei relatori con aria sicura. Solo allora mi accorgo che parla a scatti, come volesse fermare il tempo. Lei vive in tempo prolungato e spacchettato, un tempo e un mondo in cui noi non possiamo entrare, o forse sì.
“Non sono malata, sono autistica dall’autismo non si guarisce”.
Mi metto in ascolto e mi stupisce. Lei non ha nulla a che fare con il prototipo dell’autistico geniale e solitario che ci siamo costruiti grazie a convegni e film come Rainman. Ogni persona autistica è una galassia a sé.
Olga è autonoma, vive lavora. Ma gli altri?
Il primo aprile si è svolta la giornata internazionale dell’autismo. Le piazze d’Italia di sono illuminate di una luce blu, ad esplorare la realtà di Olga, e degli altri. Sono sessanta milioni gli autistici nel Mondo, in Italia si parla di una sindrome dello spettro autistico che interesserebbe dalle 300mila alle 600mila persone. Non ci sono dati certi.
Ma che cos’è l’autismo? Alcuni chiarimenti preliminari. Tra gli studiosi italiani della sindrome dello spettro autistico c’è sicuramente il professor Lucio Moderato, lo abbiamo incontrato in un recente convegno. Lo stesso dove ho conosciuto Olga. Ecco le sue riflessioni.
“Gli autistici sono super-intelligenti. Gli autistici non capiscono nulla. Un bambino autistico non può parlare e non può frequentare una scuola pubblica. Se un bambino a due anni non parla allora ha un ‘autismo lieve’. L’autismo è contagioso. L’autismo è ereditario. Una persona autistica è pericolosa”. Continuiamo? Sono davvero tante le inesattezze, i luoghi comuni e le vere e proprie sciocchezze sul Disturbo Autistico.
L’autismo non è una malattia. Una malattia, infatti, prevede una diagnosi e una cura: dall’autismo invece non si guarisce. L’autismo è una sindrome: sarebbe meglio definirlo ‘sindrome dello spettro autistico’ o, “come piace dire a me per far capire di che cosa stiamo parlando, di “costituzione autistica”: è una sindrome che riguarda tutta la morfologia della persona, che interessa ogni aspetto del suo essere”, spiega Moderato.
Ogni individuo affetto da autismo è unico e irripetibile perché esistono infinite combinazioni di questa sindrome. Facciamo un esempio pratico: gli autistici sono tutti come il “Rain Man” interpretato da Dustin Hoffman? No: alcuni hanno un alto funzionamento intellettivo, un QI addirittura superiore alla norma, altri invece hanno dei deficit. Alcuni bambini autistici a 10 anni dicono solo mamma, altri parlano.
Sono anni che gli studiosi cercano di indagare le cause del Disturbo Autistico, ancora in parte incerte: gli studi più recenti dimostrano che è la risultante di vari fattori, tra cui la combinazione di fattori genetici. “Semplificando, posso dire che è stato dimostrato che una combinazione particolare di 7 geni determina una predisposizione al Disturbo Autistico. Sottolineo che predisposizione non significa manifestazione certa del disturbo”, o.
“Una combinazione tra predisposizione genetica (o ereditarietà) e cause esterne determina la sindrome. Quali sono con certezza queste cause estere? Non lo sappiamo. A volte c’è un collegamento con una forte infezione, o una malattia infettiva. Sottolineo però la difficoltà di noi specialisti: l’ampiezza dello spettro con cui si manifesta la sindrome è tale che spesso la diagnosi è difficile”.
Il disturbo, lieve o meno che sia, accompagnerà il bambino per tutta la sua esistenza. Ci sono però dei modi per rendere compatibile l’autismo con le sfide quotidiane della vita, facendo raggiungere ai bambini autistici il massimo livello di abilità possibile, per far vivere meglio loro e chi sta loro incontro.
La diagnosi è molto complessa, deve essere praticata da personale esperto. Noi oggi abbiamo dei modelli che ci aiutano: si sono strumenti particolari, delle scale di valutazione, con dei precisi indicatori per rilevare la sindrome.
Gli esami vanno fatti in centri specializzati: la cosa più comune che può capitare è scambiare il Disturbo Autistico con la schizofrenia, la sindrome da deficit di attenzione o la psicosi infantile. Purtroppo ancora oggi in Italia a molti bambini non viene diagnosticata la sindrome, con ovvi problemi per il loro trattamento e per la loro qualità della vita”.
“Parliamo, di segni, non di prove, ma di segnali che devono attirare l’attenzione del genitore e guidarlo verso il consulto con uno specialista. Gli aspetti più importanti da considerare in un bambino di 2/3 anni sono questi: la presenza dello sguardo laterale (la difficoltà a prendere lo sguardo di chi parla), il movimento di mani e piedi in modo a-finalistico (dunque di movimenti senza scopo apparente), la ripetitività dell’esecuzione di alcune attività”.
“Ribadisco che questi segni non sono una diagnosi – spiega Moderato -: innanzitutto, se si hanno dei dubbi o si osserva la presenza di questi comportamenti recarsi dal pediatra. Il pediatra di solito indirizza verso un neuropsichiatra infantile che redige la diagnosi tramite l’osservazione del bambino e usando le scale di valutazione cui abbiamo accennato. In realtà, il bambino dovrebbe essere indirizzato da uno psicologo infantile esperto perché, come detto, il Disturbo Autistico non è una malattia che può avere una cura, ma necessità di strategie corrette, psicologiche ed educative, per aiutare il soggetto a stare il meglio possibile”.
Per usare una metafora: il vino lo possiamo versare nelle damigiane e nelle botti. Se con bambini ‘normodotati’ possiamo fare come con la botte, versare il liquido in abbondanza, anche velocemente, con i bambini autistici dobbiamo farlo con maggiore cura: osservare il collo della damigiana, ponderare quanto liquido ci sta dentro, dosare con calma. La regola fondamentale quando si ha a che fare con un bambino autistico? Non serve fare tanto e tutto insieme. Bisogna fare poco per volta”.
“La cosa più importante è la serialità dell’apprendimento e la sua costanza. Gli autistici sono bambini molto delicati, perché sono iper-sensoriali: il loro cervello è fatto in modo da percepire tutti gli stimoli (udito, gusto, olfatto, vista) contemporaneamente e questo genera in loro una grande confusione: è fondamentale non presentare attività in parallelo, per non mandare in tilt il loro cervello”.
“L’importante è fare una cosa alla volta: usare poche parole, solo quelle strettamente necessarie. Aspettare con calma e pazienza la loro risposta, verbale o non verbale. Non accelerare mai il processo. Dire a un bambino una frase come ‘Mi ascolti? Allora, guardami in faccia e ascoltami’ è un non-sense: sono troppe informazioni tutte insieme. Un bimbo autistico, anche lieve, non è in grado di fare due cose contemporaneamente”, continua Moderato.
“Essendo individui iper-sensoriali, cioè con uno sviluppo di tutti i sensi che è molto più ampio rispetto al nostro e che va in cortocircuito, gli autistici sono bambini molto delicati, spesso nervosi e agitati. Sanno essere anche violenti, quando hanno delle crisi acute. Spetta a noi evitarle. Come? Cominciando a ripulire il mondo intorno a loro. Per un autistico il mondo esterno ‘è troppo’: non a caso spesso tendono a mettere le mani sulla fronte o sugli occhi per ripararsi dalla luce oppure si mettono le mani sulle orecchie per attutire i suoni. Il lavoro dei genitori dovrebbe essere quello, almeno in casa, di ridurre l’intensità di tutti gli stimoli esterni”.
Dunque la casa “va ‘bonificata’: via tutti gli orpelli, via i soprammobili, via i giocattoli, via le ceste piene di peluche. L’ideale per un autistico è vivere in una celletta monastica, mi si passi il paradosso. La cameretta dei bambini deve avere colori neutri, tenui, luce soffusa, mai troppo abbagliante e mai al neon. No ai giochi con suoni forti e ai display che emettono luce molto forte, ai giochi elettronici e digitali in genere”.
“Se provassimo a entrare nella testa di un bambino autistico sentiremmo un continuo rumore di fondo, una confusione senza senso come quando si entra in un negozio di multimedia e ci sono centinaia di televisioni sintonizzate su canali diversi con mille voci discordi – spiega il professore -. Come calmare questo fastidio? Non esistono rimedi unici: ho visto bambini autistici rilassarsi molto con la musica classica, altri con le melodie stile new age. La musica deve essere in ogni caso a un volume soft, preferibilmente senza cantato e parole. Per i bambini piccoli? L’ideale è il carrillon, molto tranquillizzante”.
“I bambini e i ragazzi autistici sono ‘animali da movimento’ se è giusto che ogni bambino abbia la sua dose giornaliera di moto per scaricare le tensioni, questa esigenza è ancora più marcata nelle persone con disturbo autistico. Gli sport ideali? Direi due: il nuoto e un bel campo d’atletica dove correre”.
“Lo stimolo iconico, meglio se senza parole, funziona benissimo con il soggetto autistico: insegno spesso ai genitori a usare gli strumenti tecnologici perché delle semplici foto fatte con il loro telefonino e mostrate ai bambini possono aiutarci. La foto è meglio del disegno perché è precisa: se voglio spiegare a mio figlio autistico che esco di casa e che poi ritorno, e che dunque non deve preoccuparsi se rimane con la tata o un familiare, che cosa di meglio di mettere sulla porta una mia foto mentre esco e una mia foto mentre entro? Questo è un messaggio chiaro, inequivocabile: è effettivamente ciò che sta capitando, nella maniera più realistica possibile. Nella foto infatti sono davvero io mentre un disegno, per quanto fatto bene, non avrebbe la stessa precisione nei dettagli: i bambini autistici spesso non sono in grado di distinguere un oggetto dalla sua generalizzazione o da un simbolo, come accade per forza quando si disegna qualcosa. Abbiamo insegnato a bambini autistici gravi a lavarsi i denti, a mangiare da soli, e ad adulti persino a cucinarsi da soli tramite fotografie in sequenza dei singoli passaggi di ogni azione”.
I farmaci: quando servono?
“Non posso generalizzare: dipende dal grado di autismo dello spettro e dal singolo soggetto. Proprio per questo motivo abbiamo messo a punto un approccio psico-educativo integrato che deve essere svolto da personale esperto, in accordo con la famiglia. Tre i punti salienti comuni a tutti i trattamenti, a qualsiasi livello dello spettro: proporre una cosa alla volta (attività nuova, fisica o intellettiva), attivare meno stimoli possibili e sfruttare la comunicazione visiva, per immagini e soprattutto fotografie”.
Il convegno finisce. Olga mi saluta piano.
Ogni giorno, quando vado a lavoro nel centro di riabilitazione dove faccio l’addetto stampa, sul mio pulmino sale anche un ragazzo autistico. Si chiama Gianni. Gianni non parla. Gianni sbatte convulsamente la testa contro il vetro. Ogni volta rischia di farsi male. Gianni è molto grave. Tra Gianni e Olga c’è tutto un mondo inesplorato. Che fatichiamo a comprendere. Forse dovremmo cominciare lentamente, cominciando a conoscere Olga, Gianni, Valerio.
La notte blu, sicuramente ci aiuta. Ma non basta.
Michele Pacciano
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