Le opere marchigiane restaurate agli Uffizi
Facciamo presto – Marche 2016 / 2017 tesori salvati, tesori da salvare
Uffizi, Aula Magliabechiana
Firenze fino al 30 luglio 2017
La mostra Facciamo presto, Marche 2016 – 2017: tesori salvati, tesori da salvare che apre al pubblico nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi presenta una selezione di capolavori provenienti dalle cittadine e dai paesi dell’entroterra appenninico delle Marche meridionali, colpiti dal terribile terremoto che ha quasi distrutto o reso inagibili le chiese, i palazzi e i musei dove questi oggetti d’arte erano custoditi, spesso fin dalla loro origine.
Le opere esposte sono tra le gemme più preziose di un territorio che sorprende per la ricchezza straordinaria e inattesa del suo patrimonio d’arte e di storia: una raffinata raccolta di dipinti su tavola e su tela, di sculture lignee, tessuti e oreficerie. Si tratta di un’opportunità molto importante oltre che eccezionale per far conoscere al pubblico alcuni tesori dei territori dell’entroterra marchigiano meridionale,
spesso trascurati e negletti dai resoconti relativi agli eventi sismici che hanno martoriato il Centro Italia.La mostra ha, infatti, come intento primario quello di rammentare perentoriamente a tutti l’estrema urgenza di salvare dalla distruzione e dalla dispersione questo patrimonio.
Le splendide opere d’arte esposte sono state scelte con il criterio di rappresentare il territorio marchigiano colpito dal sisma, molto vasto e comprendente parte delle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, nonché gli enti coinvolti nella tragedia in quanto proprietari di questi stessi beni, vale a dire le Diocesi, i Comuni, gli Ordini religiosi regolari maschili e femminili.
Quelle in mostra e le tantissime altre opere rimosse e portate nei vari depositi temporanei allestiti dopo i crolli e i sommovimenti tellurici di agosto e ottobre del 2016 erano per lo più custodite sino dalla loro creazione nelle chiese, nei palazzi e in seguito nei musei di una vasta area dell’entroterra appenninico delle Marche meridionali.
Questi edifici per lunghi anni saranno una vera giungla di tubi innocenti e di impalcature e occorreranno decenni per far tornare nella loro sede originaria tutte le opere d’arte che sono state portate via in fretta per sottrarle alla distruzione. Un’operazione che stanno ancora compiendo con tanta fatica e coraggio per il pericolo di possibili e ulteriori crolli degli edifici, persone generose e competenti: i vigili del fuoco, i carabinieri, l’esercito, il personale delle soprintendenze – nelle cui fila alcuni architetti e storici dell’arte delle Gallerie degli Uffizi – e i volontari della protezione civile.
La scelta delle opere da esporre è stata fatta con l’intenzione di mettere in luce alcuni aspetti cruciali della cultura figurativa di questi territori a partire dal Medioevo fino al XVIII secolo . Ad accogliere i visitatori della mostra è il capolavoro della pittura marchigiana del Quattrocento, la pala raffigurante nella tavola principale L’Annunciazione e nella lunetta sovrastante il Cristo in pietà del Museo di Camerino, che si può considerare l’opera manifesto del Quattrocento camerte realizzata dal riscoperto Giovanni Angelo d’Antonio da Bolognola, protagonista principale di questa scuola. Quella di Camerino è una delle numerose scuole pittoriche marchigiane del Quattrocento, ognuna con i suoi artisti e con una precisa fisionomia di stile e di cultura.
A rappresentare in mostra la scuola di San Severino Marche, è la preziosa tavoletta cuspidata con la Madonna col Bambino, realizzata intorno al 1480 da Lorenzo D’Alessandro per la chiesa delle Clarisse di San Ginesio, in cui si riconoscono i termini essenziali della formazione artistica e del primo svolgimento stilistico del pittore settempedano, vale a dire il riferimento privilegiato al folignate Niccolò Alunno e i contatti con Carlo Crivelli. La personalità di quest’ultimo, un grande pittore veneziano errante passato da Venezia a Padova, da Padova a Zara, da Zara alle Marche – dove risulta documentato a Porto San Giorgio e Massa Fermana e quindi ad Ascoli e Camerino per poi finire i suoi giorni forse a Fabriano – ebbe una importanza fondamentale per la cultura figurativa delle Marche, perché a lui si deve, insieme al fratello minore Vittore, la diffusione di una corrente pittorica le cui radici sono nel mondo padovano, che si sviluppa tra Dalmazia e Marche definita come “Rinascimento Adriatico”.
In mostra possiamo ammirare la splendida tavola di Paolo da Visso, risplendente per i colori vivissimi delle sontuose decorazioni sul fondo d’oro, proveniente proprio da uno dei luoghi più colpiti dal terremoto, essendo stata realizzata per la chiesa di Nocelleto, località dei Monti Sibillini nei pressi di Castelsantangelo sul Nera,
e il piccolo trittico qui attribuito a Benedetto di Marco, allievo di Paolo da Visso, recuperato in frantumi sotto le macerie della chiesa di San Vittorino di Nocria nei pressi di Castelsantangelo sul Nera dove si trovava sull’altare maggiore. Altre importanti opere sono di Cola dell’Amatrice la tavola raffigurante la Madonna col Bambino e i santi Vittore, Eustachio, Andrea e Cristanziano del 1514, proveniente dalla chiesa di San Vittore di Ascoli Piceno e ora nel locale Museo Diocesano, la grandiosa ancona con la Madonna in trono e i santi Francesco e Caterina d’Alessandria del romagnolo Marco Palmezzano, il Transito di San Martino di Simone De Magistris uno degli artisti più interessanti della seconda metà del Cinquecento marchigiano, la pala raffigurante l’Assunzione della Vergine con i santi Francesco e Chiara firmata da Andrea Boscoli, e la grandiosa pala d’altare con la Visione di san Filippo Neri, capolavoro di Giambattista Tiepolo, chiude il tradizionale e secolare interscambio culturale tra le Marche e Venezia.
In mostra sono presentate inoltre tre campane recuperate dai crolli dei rispettivi campanili, quelli della chiesa del castello di Carpignano nelle vicinanze di San Severino, della chiesa di San Francesco ad Arquata del Tronto e della Torre Civica della stessa cittadina quasi distrutta dalla scossa del 24 agosto 2016, molto più grave perché ha causato la morte di tante persone.
Il percorso di chiude con il manoscritto autografo dell’idillio più famoso composto dal poeta Giacomo Leopardi, L’Infinito, proveniente dal Museo di Visso, scelto come simbolo del valore che i beni culturali di questi territori rappresentano per la civiltà italiana.
Le Gallerie degli Uffizi con questa mostra hanno voluto offrire la loro solidarietà e il loro aiuto ai territori terremotati. Questo non solo dando visibilità ai dipinti, alle sculture e alle oreficerie esiliate dalle loro sedi di origine distrutte o ferite dal terremoto e che non dobbiamo dimenticare, ma anche prestandosi ad un aiuto concreto. Di ogni biglietto che verrà acquistato per accedere agli Uffizi nel periodo della mostra verrà destinato Euro 1.00 al risanamento dei danni inferti dal terremoto al patrimonio marchigiano.
La mostra, a cura come il catalogo edito da Giunti di Gabriele Barucca e Carlo Birrozzi, è promossa dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, con il Segretariato Regionale del Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo per le Marche, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche, le Gallerie degli Uffizi e Firenze Musei.
Roberto Cantini
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