Non resta che poco
Ogni volta che questo campionato ha dato un qualche segno di risveglio dal torpore, tipo ibernazione da azoto liquido, in cui l’ha immerso la Juventus, immancabilmente, con precisione quasi cronometrica la domenica successiva entrava in scena una sorta di pentimento collettivo.
La diva Juve perde due punti perché, grazie al cielo, pareggia e le inseguitrici ne approfittano ridestando i titoli cubitali dei giornali sportivi? Ebbene, sta certo che tutto torna a posto a breve giro di posta, il minimo margine rosicchiato torna ad essere di nuovo quello di prima, ovvero incolmabile.
E questo anche in coda. Quando tutto sembrava già archiviato, il guizzo di coda del Crotone che sembrava aver riaperto i giochi viene immediatamente neutralizzato da una inattesa vittoria dell’Empoli che fa addirittura suo il derby toscano con la Fiorentina, mai vista così molle e apatica.
Insomma una tela di Penelope del fa e disfa, anche se la trama, il disegno che si andava e si va di domenica in domenica a tessere ha sempre e solo al centro dell’immagine una sola protagonista indiscussa, la squadra di Massimiliano Allegri.
Da quando il trainer bianconero si è inventato l’attacco atomico, dove tutti, obbedienti soldatini, corrono, coprono, attaccano e si dannano pur di conservarsi il posto, i bianconeri sono diventati ancora più implacabili e vincenti di prima. Per non dire, poi, della difesa che resta un baluardo difficilmente superabile, anche se le pedine che la compongono cambiano sempre più sovente. Questo è comunque il reparto dove la dirigenza bianconera dovrà applicare la maggiore attenzione per un ricambio sempre e ancora vincente.
E così la Roma si lascia imbrigliare da un’Atalanta sempre più gagliarda e sicura di sé, consentendo al Napoli di Sarri di rosicchiarle due punti importantissimi per tenere a galla la speranza dell’accesso diretto alla Champions. Inutile negarlo, i partenopei giocano meglio dei capitolini e sembrano più in palla e soprattutto meglio concentrati dell’undici di Spalletti.
Non crediamo che l’eterna indecisione del trainer possa in qualche modo influenzare il comportamento in campo dei suoi giocatori, scafatissimi professionisti, tuttavia è indubbio che questo tira e mola (del tipo vado o resto, resto o vado) non giova di sicuro all’ambiente tutto romanista.
Al contrario, i partenopei viaggiano forte. Hanno triturato l’Udinese, ultimamente in serie positiva, con una facilità irrisoria e si presentano al rush finale del torneo con tutte le carte a posto per continuare a fare ancora molto bene.
Sarri predica umiltà e giudizio, ma avverte anche (De Laurentis) che è tempo per il Napoli di un ultimo, importante e decisivo salto di qualità per ergersi dalla stagione prossima come fiero e accreditato avversario dei bianconeri per la lotta al titolo senza più esitazioni.
Dietro alle tre di testa, già detto dell’ottima Atalanta, Lazio e Milan se la sono sbrogliata con un pari, per tutte e due le squadre rattoppato all’ultimo respiro.
Il Milan, alla prima con la nuova dirigenza cinese, ha disputato un derby volitivo e, alla fine, ha meritato il pari per la grinta e la voglia che ha mostrato nel voler a tutti i costi risalire la corrente delle due reti passive, incassate, almeno la prima, con un’altra ingenuità del portiere Donnarumma che, forse, avrebbe anche necessità di rifiatare un poco. Stefano Pioli, il mister dell’Inter, non sembra più essere sulla cresta dell’onda, dei risultati, dell’opinione pubblica e soprattutto della società, come solo un mesetto fa, quando gli andava tutto liscio. Già si parla di futuro cambio, già si insinuano le prime voci di abbandono a fine torneo. La volubilità nel calcio…
Per gli azzurri di Simone Inzaghi il campo del Genoa (fino a pochi giorni prima terra di conquista) si è invece trasformato in pericoloso terreno minato con il ritorno in panchina di Juric. La squadra gli ha dato una importante dimostrazione di stima ed è apparsa trasformata, riuscendo quasi quasi a battere i capitolini che se la son vista brutta. Ennesima riprova delle singolarità di quei presidenti che si lasciano con troppa facilità prendere da orgasmi inutili, senza lasciare il tempo a chi hanno affidato la guida della squadra di ragionare su quanto succede. Juric era partito bene, si era trovato la squadra smembrata a gennaio e ancora avrebbe fatto bene, ma la fregola del cambiamento a tutti i costi ha avuto il sopravvento con risultati disastrosi.
Con la batosta rimediata nel derby toscano contro l’Empoli, la Fiorentina ha lasciato andare del tutto le seppur minime speranze di agganciare il treno dell’Europa. Certo, gli azzurri di Martuscello hanno vinto grazie a un calcio di rigore apparso a molti discutibile, ma tant’è. Una vittoria che rimette in crisi il pur bravo Crotone che a Torino ha interpretato una partita di tutta difesa senza comunque rinunciare a pungere non appena si mostrasse l’occasione. Che, alla fine, è arrivata su una uscita maldestra del portiere Hart, andato per l’ennesima volta a farfalle come si dice in gergo calcistico.
Torna la Champions, i cuori di mezza Italia, quelli bianconeri, tornano a palpitare forte.
Franco Ossola
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