Dagli avvocati un grido di allarme
Gli avvocati insorgono contro il Disegno di Legge del Governo di riforma del codice di procedura penale e denunciano che i diritti di difesa rischiano di essere compromessi!
L’agitazione della classe forense ha già prodotto numerose giornate di astensione dall’attività di udienza e molte altre sono già state deliberate anche nella settimana che va dal 22 maggio.
Motivo di tanta preoccupazione è l’esigenza di preservare i diritti inviolabili della difesa che rappresentano un patrimonio prezioso ed inalienabile di tutti i cittadini.
Ciascuno di noi, ancorché determinato a non incorrere in violazioni penali, deve tuttavia pretendere dallo Stato che il processo, specie se penale, debba svolgersi nel pieno rispetto delle garanzie della difesa e delle regole in guisa che la sentenza che produrrà il giudizio sia giusta ed equa.
Il diritto al giusto processo rappresenta un principio cardine del nostro ordinamento e deve prevalere sugli umori contingenti legati a fatti di cronaca che sobillano idee giustizialiste che guardano nostalgiche al processo inquisitorio.
La classe forse tiene alto il vessillo delle garanzie della difesa e del giusto processo quali diritti inalienabili di tutti i cittadini attraverso i quali lo Stato somministra la giustizia.
La riforma allo studio è, come siamo oramai abituati, l’ennesimo intervento parziale, non organico che interessa il codice di procedura penale, il codice penale e l’ordinamento penitenziario.
Gli interventi previsti del DdL sono numerosi ed ancorché alcuni di questi tesi a concedere maggiori garanzie e spazi alle vittime del reato, novità certamente ben viste dall’avvocatura, tuttavia sacrificano in modo ritenuto inaccettabile alcuni diritti dell’imputato.
In particolare non va giù agli avvocati la proposta in tema di giudizio abbreviato (che è un giudizio allo stato degli atti, senza dibattimento, e che produce uno sconto di 1/3 della pena) la cui scelta comporta la sanatoria delle nullità (non assolute), impedisce di eccepire le inutilizzabilità e l’incompetenza per territorio.
La riforma prevede poi che l’imputato non possa, contrariamente ad oggi, proporre personalmente il ricorso per cassazione e che in caso di inammissibilità del ricorso la suprema corte potrà irrogare la sanzione, già prevista, aumentata fino al triplo in base ai motivi dell’inammissibilità.
Nuovi ritocchi anche in tema di prescrizione che producono la sospensione del decorso della stessa per il tempo necessario al giudice al deposito della sentenza anche in caso di rinvio al giudice di primo grado e con allungamento dei termini massimi da un minimo di un anno e mezzo, per i reati con pena inferiore a 6 anni, a oltre due anni, per i reati con pene edittali superiori.
L’elencazione non è purtroppo esaustiva ma la partita è ancora aperta.
La speranza è quella che il legislatore ci ripensi e che casomai pensi ad una riforma organica della materia insieme a tutti gli operatori del diritto compreso il necessario ascolto dell’avvocatura.
Francesca Gaggi
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