Fino Fini, il Museo del Calcio: Bell’idea l’accarezzo
Quattro stelle conquistate col sudore, con la testa e con i muscoli. Il calcio per noi italiani è come il latte materno per i neonati, ne abbiamo bisogno. Crescendo impariamo che due cose non si possono barattare: la mamma e la squadra del cuore. Al di sopra dei colori del club vi è l’azzurro. L’azzurro del cielo, l’azzurro del mare, l’azzurro dell’infinito.
Seppure il calcio dicono di averlo inventato gli inglesi, anche se un parente molto stretto del calcio moderno lo si giocava a Firenze già nel Cinquecento, noi siamo saliti sul tetto del globo ben quattro volte.
Di episodi da raccontare e di foto da mostrare ne possediamo in numero illimitato visto che già nel 1934 siamo stati campioni del mondo a Roma, campioni lo siamo stati quattro anni dopo a Parigi, ancora nel 1982 a Madrid e infine a Berlino nel 2006.
Un patrimonio che solo Brasile e Germania dispongono.
Superate le tragedie della Seconda Guerra vi è l’Italia da ricostruire. Il 4 maggio 1949 il mondo ha pianto per scomparsa degli Invincibili ai piedi della Basilica di Superga a Torino,
nel disastro aereo sprofonda l’intera squadra granata e la quasi totalità della Nazionale.
Nel 1951 viene chiamato alla presidenza del Centro tecnico federale Luigi Ridolfi il quale si pone come obiettivo di instituire una sorta di università del calcio, ove possano crescere e perfezionarsi tecnici e atleti.
Nel 1952 si individua l’area prontamente acquistata, l’anno successivo viene redatto il progetto ed il 6 novembre 1958 lo si inaugura e diviene la prima struttura sportiva di proprietà di una federazione.
Oggi il Centro tecnico federale di Coverciano è il punto di riferimento delle 17 Nazionali di calcio maschili e femminili per i ritiri e gli allenamenti con diversi campi di gioco, vi sono tutti gli uffici del Settore Tecnico della Figc ed è la sede dell’Associazione Italiana Allenatori di Calcio, Aiac.
Oltre a tutte queste sezioni vi è anche il Museo del Calcio.
Per conoscere le vicende del Museo occorre tornare al Mondiale del 1990 organizzato dall’Italia. Si costruiscono alcuni nuovi stadi e si ristrutturano quelli già esistenti. Coverciano è il punto di riferimento degli Azzurri, ai margini del Ctf vi sono dei ruderi in stato di abbandono in Via Palazzeschi dove un tempo circolava la tramvia.
In molti vogliono impossessarsi di quei ruderi, però c’è un signore che da anni sta coltivando un sogno che gradirebbe materializzare. Il signore è un personaggio molto noto negli ambienti calcistici e si chiama Fino Fini. Il sogno da materializzare è un museo entro il quale custodire gelosamente il nostro passato per mostrarlo integro alle future generazioni.
In quel periodo presidente della Figc è Antonio Matarrese. In ogni angolo del pianeta sono a conoscenza della lumacosa indolenza della pubblica amministrazione italiana, mentre nel resto della civiltà occidentale i progetti e le idee si discutono e si approvano in settimane nella nostra amata penisola servono mesi o forse anni.
Fino Fini ricopre l’incarico di direttore del Ctf.
Nel 1994 si reca a Roma ed incontra Matarrese, con dovizia di particolari espone il suo disegno e siccome il presidente sa benissimo che Fini è una persona rispettabilissima e meritevole di credito e fiducia dopo aver ascoltato l’esposizione lo encomia: “Bell’idea, l’accarezzo”.
Ma chi è questo personaggio che riesce a convincere Matarrese e a sconfiggere una concorrenza agguerrita e partigiana?
Fino Fini chi conosce la storia calcistica nazionale sa perfettamente che ha fatto parte dello staff medico della Nazionale per decenni partecipando con gli Azzurri ai mondiali del 1962 in Cile, a quelli del 1966 in Inghilterra, nel 1970 in Messico e poi in Germania nel 1974, come pure a quelli del 1978 in Argentina ed infine in Spagna nel 1982 con l’Italia campione del mondo. Dato che conosceva tutto e tutti nell’ambiente pallonaro, toltosi il camice bianco da medico assume l’incarico di direttore del Centro tecnico federale di Coverciano.
“Seppure fosse un rudere in molti se ne volevano appropriare per trasformarlo, ma io da anni inseguivo il sogno di un museo
ove mettere in mostra i cimeli, le immagini e tutto ciò che aveva contribuito a costruire la leggenda calcistica italiana nel mondo. Sarebbe stato bello presentarlo in occasione dei mondiali del ‘90 ma non fu possibile. Comunque trovai in Matarrese una persona sensibile che accolse in pieno il mio progetto. Dopo aver ottenuto il suo consenso nel 1994 mi dedicai all’aspetto burocratico, agli inizi del 1995 incontrai di nuovo il presidente e gli prospettai l’idea di costituire una fondazione ad hoc. Ancora una volta espresse parere positivo e disse semplicemente ‘si rivolga all’ufficio legale per concordare il tutto’. E così nel 1995 nasce la Fondazione Museo del Calcio”.
Parlarne a posteriori appare tutto semplice ed in discesa, la realtà è un po’ più spinosa ed in salita.
“Nello stesso anno regolarizziamo il tutto in uno studio notarile, quindi l’autorizzazione del ministro dell’Interno, all’epoca guidato da Giorgio Napolitano, e arriviamo al 1996 anno in cui scade il mio mandato di direttore del Ctf a Coverciano. Dal giorno successivo dedico anima e corpo al Museo”.
Diviene presidente della Fondazione e siccome di conoscenze in Italia e all’estero ne aveva accumulate in abbondanza principia a telefonare nei cinque continenti.
“Chiunque abbia chiamato ha apprezzato l’idea del Museo. Non ricordo di aver ottenuto una risposta negativa, molti familiari che possedevano materiale che ha contribuito a fare la storia del calcio me lo hanno affidato con gioia sapendo che andava a finire in mani sicure e che tutti avrebbero potuto ammirare una maglia o un paio di scarpe o altro. Magari si sono verificati casi in cui ho dovuto richiamare non quattro o cinque volte ma decine di telefonate, però alla fine l’obiettivo è stato raggiunto”.
Ciò significa poter disporre di un budget considerevole.
“Tutto ciò che si trova all’interno del Museo è frutto di donazioni, la Fondazione ed il sottoscritto non ha tirato fuori un centesimo. Tutto è stato donato”.
Tanta pazienza e molta costanza.
“Ho avuto la fortuna di lavorare con Lorenzo Righetti che è stato presidente del settore tecnico della Federazione con il quale vi era un legame di sincera amicizia, molto bene si è collaborato anche con Giancarlo Abete che ci fece ricevere diversi contributi”.
Oggi il Museo è divenuto un’ammirevole realtà con oltre 12.000 visitatori l’anno. Però quello che conforta maggiormente è che a visitarlo sono sempre più numerosi i gruppi e le scolaresche.
“Ciò che ci siamo ripromessi è di avvicinarci alle scuole calcio, alle elementari e alle medie inferiori, ai comitati regionali e a quanti gravitano intorno al mondo giovanile calcistico. Ai gruppi siamo in grado di offrire dei pacchetti vantaggiosi che comprendono una partita di calcio da disputare sui campi del Ctf, poi un ricco buffet preparato dai cuochi della Nazionale e infine una gratificante visita al Museo il tutto per 25 euro. Trascorrono una giornata a Coverciano a casa dei loro idoli e sarà una giornata che rimarrà impressa nella loro memoria. E poi ognuno di noi racconta aneddoti, episodi che abbiamo vissuto insieme ai tanti calciatori che sono passati dal Ctf. Ci preme inculcare quei valori dello sport che diventano valori di vita, regole che dobbiamo accettare e rispettare se vogliamo evitare le trappole del caos e della giungla”.
Intanto una scolaresca sbuca dall’ingresso del Museo vociante e festante. Le pupille di Fino Fini gioiscono e si sentono appagate.
“Quando sto in mezzo ai ragazzini mi sento perfettamente a mio agio, mi sento una chioccia in mezzo ai pulcini. E con loro che dobbiamo seminare se vogliamo cogliere i frutti domani. Le soddisfazioni maggiori le riscontriamo quando dopo aver visitato il Museo ci inviano lettere o
mail di ringraziamento per come sono stati accolti e trattati e per come hanno vissuto la giornata. Ciò vuol dire che abbiamo seminato ed il seme è caduto su un terreno fertile e possiamo essere più tranquilli per il domani”.
Mi mostra l’agenda ed è densa di prenotazioni. È giunta l’ora salutarlo.
Maurizio Francini è intento ad organizzare la logistica perché nei prossimi giorni è attesa la Nazionale. In qualità di direttore del Centro tecnico federale di Coverciano sa che quando arrivano gli Azzurri tutti gli occhi calcistici d’Italia sono puntati su questi otto ettari di terreno. Tutto deve rasentare la perfezione, neppure le mosche possono volare come gli pare.
Francini è responsabile anche del Museo del Calcio. Di recente il Museo sta volgendo lo sguardo con maggiore attenzione verso la cultura, organizza presentazioni di libri che argomentano sulla storia e le vicende calcistiche. Sabato 25 febbraio è stato proiettato il film documentario “L’ultimo viaggio del Conte Rosso”, il leggendario pullman sul quale viaggiavano gli Invincibili del Grande Torino per le loro trasferte. Serata condotta da Gian Paolo Ormezzano, giornalista e scrittore di fede granata. Venerdì 5 maggio Gigi Garanzini ha presentato la sua recente opera editoriale “Il minuto di silenzio”.
“Il nostro intento è quello di diffondere i sani principi della cultura del calcio ed ovviamente il libro è cultura. Abbiamo intrapreso questa strada perché vogliamo far sviluppare il sistema calcio nella sua interezza e sinora i risultati ci danno ampiamente ragione visto il buon riscontro di pubblico e di critica. Se poi a presentarlo sono personaggi di indubbio valore allora tutto diventa più agevole”.
Se le due prove sperimentali sono state superate brillantemente c’è da aspettarsi un terzo, un quarto esperimento e via di seguito.
“In cantiere vi sono diversi progetti nei quali coinvolgeremo personalità di levatura nazionale. Vogliamo anche rafforzare i legami con Firenze e l’intero territorio”.
La biblioteca di Coverciano possiede una memoria scritta forse unica in Italia.
“Ci sono centinaia di libri ed alcuni molto rari. La nostra raccolta di quotidiani sportivi parte dal 1915 ed è una fonte di ricerca e di studio per appassionati e cultori
oltre che per quanti necessitato di date e notizie certe. Intendiamo incentivare la consultazione ed abbiamo iniziato la digitalizzazione per agevolare anche quanti non possono venire al Centro tecnico”.
Il calcio non è più un sostantivo assolutamente maschile, la presenza femminile negli stadi lievita di domenica in domenica.
“Per diverso tempo allo stadio si sono registrati episodi che non invogliavano le famiglie e le donne a frequentare spalti e tribune. Ora con le nuove regole è molto difficile che accadano incidenti dentro e fuori del campo di gioco, ciò ha voluto significare un riavvicinamento delle famiglie, delle donne e dei bambini. Inoltre la Federazione ha in programma notevoli investimenti sul calcio femminile, in tempi brevi vogliamo far lievitare sensibilmente il numero delle tesserate e posizionarci tra le prime in Europa”.
Gli anni bui della crisi sono oramai alle spalle. Non sarà facile raggiungere determinati traguardi ma se ci sono le idee e la volontà di concretizzarle ci si può affidare ad un cauto ottimismo.
Bruno Galante
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