Miracolo a Crotone, il campionato va in archivio
Oggi il titolo se lo merita il trainer del Crotone Davide Nicola, piemontese di Luserna San Giovanni, ex giocatore del Torino che l’8 giugno del 2006 con una capocciata storica, lui che giocava terzino, segnò, nel playoff di finale contro il Mantova, il gol decisivo per la risalita dei granata in serie A.
Questo per dire della tempra e del coraggio, dell’ardimento del personaggio.
Nicola non ha mai disperato, anche quando le cose andavano assai male, ci ha sempre creduto nella promozione dei suoi ragazzi. E ogni volta che veniva chiamato a esprimere un parere non solo non è mai venuto meno a questa convinzione, ma ha sempre detto cose non banali. Un trainer giovane, che esce dal seminato delle solite nullità che ci vengono propinate dai “soloni” del nostro calcio, mi sembra una bella cosa.
La sera, Crotone è impazzita di gioia. Non c’è niente da fare: solo il calcio, con la sua prepotente forza, ha il potere di smuovere in questo modo il sentimento della gente, solo il calcio sa rovesciare in strade e piazze intere città, come nel caso della cittadina calabra, per non dire intere nazioni, quando la posta in palio è un tiolo mondiale.
La rimonta che il Crotone ha intrapreso a un certo punto del girone di ritorno è stata importante, viene da dire memorabile. L’Empoli che, fino a due mesi prima della fine del torneo se la godeva tranquillo in una posizione invidiabile, staccato dal fondo ora di otto ora di sette punti, sembrava per davvero irraggiungibile. Ed è forse stata proprio questa sicumera, questo immaginarsi ormai fuori dalla palude che l’ha fregato, che ha come paralizzato gambe, cervello e cuore dei giocatori toscani. Un atto di presunzione che l’Empoli paga molto, molto caro con l’ennesima discesa fra i cadetti. Viene però anche da dire che certe scelte di mercato (la cessione a gennaio ai viola di Saponara) non sono di certo state utili al consolidamento del gruppo. Ma questo è quanto.
Con gli azzurri di Martusciello scendono Palermo e Pescara, ma se per loro il destino era consolidato da tempo, per l’Empoli si è materializzato, nella sua crudezza, soltanto negli ultimi 90 minuti e, per di più, cadendo proprio contro il Palermo, ormai retrocesso. Insomma, una chiusa, sul fronte retrocessione, da mozzafiato fino alla fine.
Oltre a questa incertezza, l’ultima giornata del torneo ne offriva un’altra ancora: chi avrebbe vinto il titolo di cannoniere principe. Per qualche tempo i tifosi del Torino, visto come progrediva con perfetta costanza, hanno sperato che Andrea Belotti potesse emulare il Ciro Immobile granata di poche stagioni or sono; poi, le cartucce del granata si sono inumidite e, a secco per oltre un mese, ha, gioco forza, perso il passo con gli altri due implacabili di questo torneo: Dzeko e Mertens. Il primo, il romanista, alla fine l’ha spuntata andando a segno anche nell’ultima giornata. Un gol provvidenziale per lui, dal momento che anche il suo immediato inseguitore, il napoletano Mertens, ha posto il suo sigillo nel match stravinto a Genova contro la Sampdoria. Una classifica cannonieri ricchissima, se solo si considera che ben in sei hanno superato il tetto dei 20 gol.
In questa dimensione specifica dei goleador, oltre a Belotti, di cui già si è detto, la vera sorpresa è però il belga del Napoli Mertens che si è rivelato un realizzatore coi fiocchi. Quanto mai simpatica la dichiarazione del suo tecnico Sarri che, elogiandolo, ha dichiarato.
“Con l’infortunio patito a inizio stagione da parte di Milik, la nostra punta centrale, ho dovuto spostare Mertens al centro per rimpiazzarlo. Ebbene, le cose che ci ha fatto vedere sono state strabilianti, dimostrando come in realtà il suo vero ruolo sia proprio quello del centravanti. Così facendo mi ha indicato anche un’altra cosa: che io e tutti noi siamo dei veri co… a non averlo capito prima!”. Evviva la sincerità, come a dire che, come ogni cosa, anche il calcio continua a mantenere i suoi segreti, le sue incomprensioni, per quanto sia lo sport più diffuso e praticato.
Quanto sopra detto, non si può chiudere questo ultimo commento al campionato senza tornare a chi l’ha vinto. La Juventus è passata al sesto titolo consecutivo come in carrozza, adagiata sull’accogliente cuscino della sua imbattibilità che le ha dato sicurezza e coraggio. In alcune partite ha sciorinato un gioco non solo piacevole, ma perfetto, nella tattica e nelle intese fra uomini e reparti. E anche le poche volte in cui non ha filato al meglio, ha comunque sempre trovato la quadra per aggiustare partita e risultato. Insomma, una lezione di calcio pressoché continua, al cospetto della quale hanno dovuto inchinarsi tutte le inseguitrici. La Roma per prima, la quale Roma non avesse sperperato, specie nella prima parte del torneo, punti incredibili in partite facili, avrebbe potuto con maggiore incombenza minacciare i bianconeri, mai caduti in momenti di dubbio perché sempre ampiamente protetti da un distacco concreto.
Se il titolo è della Juve, la palma del gioco più brillante spetta al Napoli. Una squadra ben registrata, allegra, che quando è in palla fila come un siluro e come tale sa colpire in modo implacabile. Le tante goleade di cui si è resa protagonista lo testimoniano bene.
Ripetere gli elogi già intessuti all’Atalanta è quasi stucchevole. L’anno prossimo l’Europa l’attende a braccia aperte dopo tanto, chissà che tutti i giovani di cui è ricca non sappiano ancora una volta stupirci.
Da ultimo, l’addio di Francesco Totti: un’autentica apoteosi per un ragazzo che ha sempre saputo farsi voler bene per l’umiltà e la modestia del suo modo di essere. Grazie.
Per quanto invece riguarda noi, un saluto a tutti coloro che hanno avuto la buona voglia di seguirci in queste nostre puntate su un campionato che parrebbe essere sul punto di tornare ad essere il più bello del mondo. Vedremo.
Franco Ossola
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