Strada in salita per i laburisti e Theresa May
Brutta gatta da pelare quella di Westminster dopo le recenti consultazioni politiche. Dalle urne di giovedì 8 giugno è uscito un quadro strabico che complica terribilmente a Theresa May la possibilità di governare.
Sono stati eletti 318 conservatori (a Londra li definiscono “Tory”), 262 laburisti, 35 del SNP, Scottish National Party partito che chiede l’indipendenza della Scozia, 12 Lib Dem, Liberal Democratici, 13 altri e infine 10 del DUP, Democratic Unionist Party partito protestante dell’Irlanda del Nord. Per un totale di 650 deputati ed una maggioranza di 325.
Alle consultazioni del 7 maggio 2015 i conservatori avevano ottenuto la maggioranza assoluta con 331 seggi contro i 232 dei laburisti.
Perdono contemporaneamente maggioranza assoluta e 13 deputati e dovranno necessariamente trovarsi un partner con il quale condividere l’impegno governativo. Hanno già offerto la loro disponibilità i protestanti irlandesi ma Tory e DUP raggiungono insieme 328 voti, una maggioranza super risicata che può trasformarsi in minoranza in qualsiasi momento.
La May ostenta sicurezza ma è quasi tutta di facciata che poggia su basi argillose. D’altronde sono a sua disposizione pochissime alternative visto che gli scozzesi del SNP hanno sempre dichiarato che l’unico loro obiettivo è la separazione dalla Gran Bretagna e che neppure prendono in considerazione l’ipotesi di governare. Peggio ancora è la chance dei 12 Lib Dem che, in pratica, sono una costala dei laburisti.
La regina Elisabetta ha autorizzato la May a formare il governo e ciò non presenta ostacoli insormontabili, le trappole scatteranno nel momento in cui si presenterà in Parlamento e si dovrà andare al voto. Il primo grosso quesito è la Brexit.
Pierre Moscovici. Commissario europeo agli Affari economici e finanziari in una sua intervista ha confermato che
“Il voto non influirà sulla Brexit, anche se non è andato come era nelle previsioni. La Brexit è stato chiesta dal Parlamento inglese a maggioranza assoluta e tra due anni ciò deve avvenire. La signora May ha perso la sua scommessa e si trova in una situazione difficoltosa.
Ciò si riverserà anche nella fase di trattativa che si avvierà dal punto di vista politico, questo ovviamente non rimette in discussione la prossima apertura dei negoziati”.
Vista la posizione dello schieramento parlamentare nulla vieta di ipotizzare che si possa prendere in esame una modifica negoziale alla lettera del 29 marzo tramite la quale Westminster ha attivato la procedura di uscita dall’Unione Europea.
Vista anche la confusione che al momento, e nel prossimo futuro, esiste a Bruxelles potrebbero adottare posizioni più morbide sulla Brexit per consentire a Londra di rimanere nel mercato unico oppure nell’unione doganale.
Alcuni commissari europei sono convinti che la non conferma della maggioranza assoluta dei Tory alla Camera dei Comuni possa divenire una secca bocciatura dell’Hard Brexit,
Brexit dura, che è stato l’argomento cardine sul quale la May ha imperniato la sua campagna elettorale.
Non attraversa giornate assolate l’isola britannica e riesce difficile intravedere a breve la scomparsa delle nubi delle ultime settimane.
Difficile stabilire se vi sia un legame tra questa situazione caotica politica degli ultimi mesi e la serie di attentati che hanno seminato il panico in Inghilterra.
Subito dopo aver ricevuto il mandato per comporre il nuovo governo la May ha dichiarato: “Dobbiamo metterci subito all’opera per formare il nuovo governo finalizzato a definire i dettagli della Brexit, altro punto importante è quello di rafforzare la sicurezza nel Paese. La Gran Bretagna necessita di certezze e solo noi conservatori possiamo garantirle. Ora è il momento di pensare solo a lavorare. Let’s work”.
Anselmo Faidit
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