In Italia si rispettano solo le leggi italiane
Il 31 marzo 2017 è stata pronunciata dalla Prima Sezione Penale della Cassazione la sentenza n. 24084 su un ricorso presentato da un cittadino indiano di etnia Sikh che era stato ritenuto colpevole, e quindi condannato dal Tribunale di Mantova, per aver portato fuori dalla propria abitazione senza giustificato motivo un coltello della lunghezza complessiva di 18,5 cm.
La difesa dell’imputato si era rivolta alla Suprema Corte chiedendo la riforma della sentenza di condanna con pronuncia assolutoria sostenendo la sussistenza del giustificato motivo del possesso del coltello portato fuori dall’abitazione perché il coltello (Kirpan) al pari del turbante era simbolo della religione ed il porto costituiva adempimento di un dovere religioso.
Su questi presupposti l’imputato sosteneva perciò la legittimità della propria condotta in quanto giustificata dalla propria religione.
La Cassazione, sulla scia di una propria giurisprudenza formatasi sul punto, ha rigettato il ricorso riaffermando il principio, già stabilito dalla Corte Costituzionale, nella sentenza 63/16, secondo il quale la libertà di culto, sancita dall’art. 19 della Costituzione ed invocata dalla difesa dell’imputato, deve essere contemperata tenendo in considerazione interessi costituzionali relativi alla sicurezza, all’ordine pubblico e alla pacifica convivenza.
La Suprema Corte, richiamando poi una granitica giurisprudenza comunitaria, ha aggiunto che è
quindi essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale,
in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all’ordinamento giuridico che la disciplina. La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l’attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante.
Parole sante quelle della Cassazione!
La riflessione alla quale però non possiamo sottrarci non è tanto riferita al contenuto della sentenza che sicuramente sarà condivisa dai più, ma quanto al risalto mediatico che ne è stato dato.
Forse in altri periodi storici la pronuncia suddetta non avrebbe avuto nessuna dignità mediatica e se riportata sui giornali sarebbe stato solo per sottolinearne una connotazione xenofoba.
Oggi invece il pericolo del sovvertimento dei principi testé elencati e richiamati nella sentenza della Cassazione, in guisa che la libertà di culto prevalga sugli interessi costituzionali della sicurezza e dell’ordine pubblico, è avvertito come attuale dalle società occidentali, troppo spesso colpite dal terrorismo di matrice religiosa, che sentono l’esigenza vitale di vedere riaffermate le libertà fondamentali dalle istituzioni nazionali ed europee, come un nuovo credo religioso, in prevenzione e difesa dagli attacchi stranieri colonizzanti e finalizzati alla conquista ed annientamento della cultura e delle leggi nazionali.
Quindi l’esigenza di diffondere la sentenza, con finalità financo pedagogiche, è forte ed è come riaffermare l’identità nazionale al grido di W l’Italia!
Francesca Gaggi
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