Super abbronzati senza sole e senza lampade
Qualora divenisse realtà sarebbe una quasi rivoluzione copernicana visto l’era post moderna che vive principalmente d’immagine e di copertine patinate.
Uno studio americano ha individuato una nuova classe di molecole in grado di scurire la pelle, a prescindere dai raggi solari, che per ora sembra funzionare perfettamente nelle cellule della pelle umana.
Ombrelloni, sdraio e sabbia rovente. Finalmente l’estate è arrivata e con lei anche le prime scottature e tutti gli effetti dannosi che l’esposizione ai raggi ultravioletti provoca sulla nostra pelle. Ma forse un giorno potremo dire addio a lampade, creme solari e addirittura anche al sole. Infatti, alcuni ricercatori americani del Massachusetts General Hospital, sono riusciti a identificare una nuova classe di molecole in grado di scurire la pelle, stimolando la produzione di melanina, senza più contare sull’aiuto del Sole. I ricercatori sottolineano che gli studi sono appena cominciati e siamo solo in fase embrionale per cui è inutile compiere salti di gioia ma soprattutto non è il momento ed il caso di buttare nei cassonetti urbani le numerose creme e le tante protezioni solari.
Il responsabile della ricerca David Fisher ci tiene a precisare alcuni aspetti fondamentali:
“L’attivazione del percorso di pigmentazione da parte di questa nuova classe di piccole molecole è fisiologicamente identica a quella indotta dai raggi Uv, senza però gli effetti deleteri sul dna. Dobbiamo ora condurre ulteriori ricerche sulla sicurezza e per comprendere meglio gli effetti di questi nuovi composti, ma è probabile che possano portare a nuovi modi per proteggere dai danni cutanei causati dai raggi Uv e dall’insorgenza del cancro”.
La caccia a questa nuova classe di molecole è cominciata circa dieci anni fa, quando lo stesso team di ricercatori spiegava su Nature di aver scoperto un composto, chiamato forskolin, che quando iniettato nella pelle dei topi era in grado di attivare una proteina addetta alla produzione di melanina. Sebbene il composto sembrava funzionare alla perfezione nei topi, non aveva invece avuto lo stesso successo nelle cellule della pelle umana, probabilmente perché la nostra pelle è circa 5 volte più spessa di quella dei roditori. Così, i ricercatori hanno spostato l’attenzione su diverse proteine, chiamate Sik (salt-inducible kinases), che agiscono in modo simile ma in una zona diversa del percorso di sintesi della melanina. Modificandole leggermente, in modo da renderle ancora più piccole per adattarsi meglio alle cellule della pelle umana, queste proteine si sono dimostrate in grado di funzionare, almeno per ora in una piastra di Petri di un laboratorio.
Per ora, infatti, i ricercatori hanno testato queste proteine solamente in un laboratorio e la strada per una futura applicazione umana è ancora molto lunga.
Fisher alla fine specificava: “Siamo entusiasti di aver scoperto la possibilità di poter produrre pigmenti scuri nella pelle umana senza la necessità di assumere un farmaco o esporsi ai raggi Uv”.
Qualora le ricerche proseguissero con successo con un po’ di ottimismo si può ipotizzare che entro sette – dieci anni la scienza potrebbe apportare sostanziali abitudini alle nostre abitudini. Significherebbe anche una rivoluzione estetica non di poco conto e fors’anche economica poiché la miriade di centri estetici vedrebbero ridurre l’afflusso di quella parte di clientela che ama girare abbronzata dall’Epifania a Natale.
Per il momento proseguiamo a farci abbrustolire dal sole, come pure dalle lampade.
Raimondo Adimaro
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