Contraffazione = 100.515 nuovi posti di lavoro in meno
Si riuscisse ad eliminare il fenomeno del falso e delle cipollate si creerebbero 100.515 nuovi posti di lavoro. Non sono cifre sventagliate da partiti o sindacati ma scaturiti dalla ricerca effettuata dal Censis per conto del ministero dello Sviluppo economico e presentati nell’ambito della settimana nazionale anticontraffazione.
Solamente nel 2015 gli italiani hanno speso 6,9 miliardi di euro per comprare prodotti camuffati e contraffatti, in confronto al 2012 vi è stato un incremento del 4,4 percento.
Senza la contraffazione, la produzione interna registrerebbe un incremento di 18,6 miliardi di euro con un valore aggiunto di 6,7 miliardi, un valore quasi uguale a quello generato dall’intera industria metallurgica.
Eliminare la contraffazione significherebbe un aumento del gettito fiscale, tra imposte dirette ed Iva, in quanto ora il mercato del falso e del pericoloso toglie al fisco un introito di 1,7 miliardi di euro. qualora si volesse considerare anche le imposte che deriverebbero dalla produzione attivata in altri settori dell’economia, il gettito fiscale complessivo lieviterebbe a 5,7 miliardi di euro, pari al 2,3% del totale delle entrate statali per le identiche categorie di imposte.
I falsari e i contrabbandieri hanno raggiunto oramai una tale organizzazione capace di oliare i vari ingranaggi, la merce si sposta con navi, con aerei, con treni, su gomma. La si trova sulle bancarelle abusive disseminate per le strade cittadine, nei capannoni e magazzini all’ingrosso, come pure su web.
Si dovesse calcolare il danno che procura al Made in Italy verrebbero fuori cifre ciclopiche.
Naturalmente la produzione avviene di contrabbando utilizzando extracomunitari non regolarizzati, in gran parte, in ambienti di lavoro privi delle minime misure di sicurezza, con paghe orario da quinto mondo e regolarmente a nero. Nell’intera filiera vigono queste leggi e guai a sgarrare.
Al primo posto di tali settori merceologici si trova l’abbigliamento e gli accessori, con una stima per difetto di 2,2 miliardi di euro, corrispondente al 32,5 percento della somma globale, ossia circa un terzo. La precedenza nella produzione spetta ai giubbotti e ai capi sportivi, mentre tra gli accessori primeggiano le borse e i portafogli.
Distanziato di poco si trova il settore degli audiovisivi con poco meno di 2 miliardi ed il 28,5 del totale. Seguono poi i prodotti dell’agroalimentare per un valore di 1 miliardo ed il 14,8 percento.
In crescita negli ultimi tempi troviamo cellulari e componenti, insieme ai materiali elettrici dove sono andati a finire 732 milioni di euro, con il 10,6 percento del totale.
Dal 2008 al 2015 l’Agenzia delle Dogane e la Guardia di Finanza hanno effettuato più di 131.000 sequestri ritirando 432 milioni di patacche. Il valore complessivo della merce sequestrata dal 2008 al 2014 è stato di 4,5 miliardi di euro ed il 51 percento delle contraffazioni proveniva dalla Cina.
L’Italia è al primo posto in Europa nel consumo di prodotti contraffatti ed il terzo produttore al mondo. Nella realtà quotidiana la contraffazione è un furto per le imprese, un danno per lo Stato, un crimine per la società.
Oramai il fenomeno è divenuto un business di ingenti proporzioni ed utili che deve essere arginato oltre che a consuntivo, con la repressione ed il contrasto, anche con la prevenzione, la comunicazione e la sensibilizzazione indirizzate ai consumatori e particolarmente alle nuove generazioni.
La Federazione Moda Italia da anni è in prima linea a combattere il fenomeno dilagante. Da qualche tempo ha iniziato una campagna di sensibilizzazione e di prevenzione anche nelle scuole.
Abbiamo ascoltato le impressioni di Massimo Torti, segretario generale nazionale.
“L’Italia è contemporaneamente produttore e consumatore a livello mondiale. In passato prosperava il contrabbando delle sigarette, lo Stato ha impegnato energie ed il tarlo è stato eliminato. Noi come Federazione Moda Italia siamo convinti che il fenomeno illegale possa essere affrontato e risolto, secondo noi le sanzioni servono a poco in quanto quella gente non le paga e inoltre la merce sequestrata sarebbe meglio se non fosse destinata neanche ad enti di beneficenza di assoluta trasparenza oltre che portati all’inceneritore poiché potrebbero essere anche nocivi o tossici. Bloccare il venditore ambulante serve ma è sul grossista e sul produttore che bisogna intervenire”.
Intanto le nostre piazze e le vie principali delle città sono invase da extracomunitari che vendono di tutto e senza alcun controllo. È un’invasione che oltre a procurare un danno all’erario infanga l’immagine della città.
“È un fenomeno triste e deprimente oramai diffuso su tutto il territorio nazionale, non si è intervenuti adeguatamente agli inizi ed oggi sono diventati migliaia e difficile da eliminare. È talmente diffuso che a volte non è neppure visto come un atto illegale vero e proprio. Le autorità sanno bene che costoro commettono un duplice reato: abusivismo e contraffazione. Le istituzioni e gli enti preposti devono trasmettere e divulgare la cultura della legalità, dobbiamo garantire la legalità se vogliamo essere considerato un Paese civile. Noi ci stiamo adoperando nella divulgazione di messaggi mirati, stiamo dialogando con i giovani perché devono conoscere quali sono gli effetti negativi della contraffazione sul territorio. Quel genere di contrabbando toglie il lavoro ai nostri giovani ed è divenuto un problema che va risolto con impegno e con le dovute risorse”.
Come in tutte le operazioni delinquenziali sono in tre ad arricchirsi a danno di centinaia di manovali che vengono retribuiti con una ciotola di riso o con quindici euro al giorno.
Bruno Galante
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