Gli squali a galla e due banche venete a picco
Per anni i politici sono stati ottimi banditori diffondendo notizie rassicuranti sul mondo finanziario e bancario, hanno fatto credere agli italiani e al mondo intero, ma solo a quanti avevano scarsa dimestichezza con gli istituti di credito, che le banche italiane erano le più solide e le più sicure. Molto più semplicemente invece non hanno avuto il coraggio o la voglia, e sarebbe ancora peggio, di avvisare ed intervenire dopo le prime avvisaglie.
Nel recente passato sono andate a fondo quattro banche a dimensione regionale (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) ed un colosso le cui origini risalgono al 1472, il Monte dei Paschi di Siena è la banca più antica al mondo e la più longeva. Ciò che i senesi hanno saputo conservare e fortificare per secoli, una ristretta cerchia di politiconzoli, massoni ed incapaci hanno distrutto nel giro di pochi anni.
In queste settimane altre due banche, la Veneto Banche e la Popolare di Vicenza, sono state risucchiate dal vortice della sprovvedutezza, dell’incuria e della superficialità.
Le colpe, naturalmente, oltre che sui dirigenti e sul cda, ricadono sulla classe politica regionale e nazionale; sulla Consob che ha l’obbligo di tutelare gli investitori, e di controllare l’efficienza, la trasparenza e lo sviluppo del mercato mobiliare nazionale; sulla Banca d’Italia. Dal momento che Consob e Banca d’Italia non hanno saputo evitare il disastro finanziario non sarebbe il caso di rivedere i loro compiti e mansioni? Però, a loro dire, hanno fatto tutto quanto era nelle possibilità, è quello scaricabarile consentito da leggi e leggine incomprensibili e contraddittorie, studiate e approvate per la salvaguardia dei boss e degli squali.
Per sistemare le falle del Mps sono stati necessari 9 miliardi di euro prelevati anche dalle tasche di connazionali ignari ed incolpevoli, per le due banche venete sinora lo stato pantalone ha scucito oltre 10 miliardi, roba da rabbrividire.
Se si prende in considerazione l’intervento statale del recente passato la cifra si allarga a 31 miliardi, una montagna di quattrini.
Un fallimento non avviene dalla sera alla mattina e nemmeno in tre settimane, ci impiega tanti mesi e qualche anno, il che significa che si ha tutto il tempo per intervenire, correggere e rimettere in carreggiata, se non lo si fa è perché non se ne ha voglia oppure si è incapaci. In entrambi i casi la soluzione è piuttosto semplice: dimissioni e sostituzione. Qualora ciò non avviene il pasticcio si trasforma in criminalità finanziaria.
Un semplice impiegato, un operaio, un artigiano o commerciante, per ottenere un prestito necessità di garanzie immobiliari spaventose e nel caso in cui salta due o tre rate scattano penalità e alla fine si impossessano dell’immobile. Di tutt’altro genere è la procedura adottata nei confronti degli amici, dei parenti e dei componenti del clan, costoro se non onorano gli impegni forse ricevono qualche telefonata di preavviso con lignaggio oxfordiano e tanto di scuse finali. Proseguono imperterriti a non restituire il dovuto e nessuno tra dirigenti e direttori si preoccupa di passare la pratica all’ufficio legale. Dato che gli importi che costoro hanno ricevuto sono da capogiro, nel caso in cui la cosca è abbastanza numerosa riescono a far traballare l’istituto dalle fondamenta.
Il secondo dramma è quello dell’omertà legalizzata. Nessuno parla ed emette comunicati. Non ci è dato conoscere chi sono costoro che hanno prelevato milioni e milioni di euro e non hanno restituito neppure i centesimi. Non si conoscono gli importi precisi che hanno incassato.
Il terzo dramma è quello delle ipoteche. Nel giorno in cui una banca concede il mutuo contemporaneamente scatta l’ipoteca sull’immobile, ciò avviene per i comuni mortali e per chi non possiede conti correnti con sette zeri e un imprecisato numero di immobili. Al contrario dei signorotti vestiti di bianco, non pagano le rate e non viene torto un capello. Restano impuniti e quanti hanno autorizzato il sono vengono premiati invece di essere presi a calci nel sedere e sbattuti fuori dall’istituto. Sono i dominus la cancrena di una società, coloro che frequentano i salotti buoni della città, consci di ciò che commettevano e consapevoli che di tasca loro non avrebbero rimesso un centesimo.
La classe politica si agita e presenta decine di interrogazioni per conoscere eventuali connessioni esistenti tra società calcistiche e gruppi della tifoseria organizzata per via di pacchetti di biglietti in mano ai bagarini, non badando alle decine di biglietti omaggi richiesti, e ottenuti, dai politici. Non si preoccupano di conoscere per quali ragioni sono stati elargiti prestiti a man bassa a gente truffaldina, in camicia bianca ed abito blu con cravatta rossa. Sarebbe stato sufficiente intervenire in anticipo e adottare i dovuti provvedimenti.
Ora, pare, che verrà istituita una commissione ad hoc per indagare ed accertare la verità. L’ennesima barzelletta estiva. Delle tante commissioni istituite dal 1945 ad oggi nessuna ha mai scoperto nulla, il più delle volte ha creato polveroni e ritardato le soluzioni. Ma il peggio della stupidaggine è che a febbraio si chiude la XVII Legislatura per cui anche arruolando un paio di dozzine di Sherlock Holmes non avrebbero il tempo materiale per scoprire l’acqua calda.
Piero Vernigo
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