Osteoporosi e fratture da fragilità, speranze e nuove linee guida
Solo 2 su 10 tra coloro che soffrono di osteoporosi e hanno già avuto fratture, è curato in modo adeguato: per tutti gli altri è molto alto il rischio che una banale caduta o uno scivolone possa provocare una nuova frattura del femore, di un polso o di una vertebra. I dati OsMed – Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali – recentemente pubblicati dall’AIFA, rivelano un quadro preoccupante: circa l’80% dei pazienti con frattura femorale o vertebrale da fragilità, oppure in trattamento cronico con glucocorticoidi, non ha né una diagnosi corretta, né un adeguato trattamento farmacologico.
In totale si stima siano 1.200.000 gli italiani in questa allarmante situazione, per lo più anziani fragili che presentano già altri problemi di salute: con un trattamento efficace potrebbero mantenere “in sicurezza” il loro scheletro e avere dunque maggiori possibilità di una qualità di vita con una buona autonomia. Critica la situazione anche per quanto riguarda l’aderenza alla terapia: dopo un anno, solo il 50% dei pazienti segue le cure prescritte.
Per affrontare in modo uniforme questa situazione preoccupante le Società Scientifiche SIE, SIGG, SIMFER, SIMG, SIMI, SIOMMMS, SIR e SIOT, che rappresentano i medici che più di frequente sono chiamati a gestire e curare questi pazienti, hanno dato vita ad una Commissione intersocietaria che ha prodotto e condiviso nuove Linee Guida aggiornate sulla gestione dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità che tutte le Società scientifiche si sono impegnate a diffondere capillarmente fra i propri associati.
Il documento è stato presentato congiuntamente a Roma il 27 giugno nell’ambito del workshop “La gestione appropriata delle fratture da fragilità” con l’obiettivo di farlo diventare uno strumento di lavoro nella pratica clinica e tutelare così la salute di pazienti e anziani fragili.
«Le nuove Linee guida condivise sono un obiettivo importante raggiunto dalla Commissione intersocietaria» commenta il Coordinatore prof. Giancarlo Isaia e past president della SIOMMMS. «La Commissione, infatti, si è formata con il preciso scopo di diffondere a una platea di oltre 30.000 medici, concetti scientifici moderni e indicazioni pratiche riguardo alle modalità operative e di gestione dell’osteoporosi e delle fratture».
Sottolinea il presidente della SIOMMMS Claudio Marcocci: «Solo insistendo su questi aspetti, creando maggiore conoscenza e cultura è possibile ovviare alle criticità con cui oggi ci confrontiamo. Indispensabile in tal senso formare i futuri medici e operatori: la SIOMMMS, oltre ad aver svolto, come atto iniziale della mia presidenza, un ruolo fondamentale nell’attivazione della Commissione, ha proposto e ottenuto che nei prossimi anni queste patologie vengano insegnate nel Corso di Laurea in Medicina e chirurgia sia a livello di scienze di base che nel triennio clinico». Un’iniziativa che si aggiunge ai numerosi corsi di formazione post-laurea organizzati dalle Società scientifiche.
La situazione dell’osteoporosi e delle fratture in Italia
Si ritiene che in Italia ne siano affetti circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità a causa dell’osteoporosi ogni 3 secondi si verifica una frattura di femore, polso o vertebra: nel nostro Paese, ogni anno, negli over 50 quelle di femore sono più di 90.000 mentre per quelle di vertebra nel 2010 sono stati registrati più di 70.000 accessi al Pronto soccorso. Considerando però che molte delle fratture vertebrali non vengono diagnosticate, si ritiene che il loro numero complessivo sia almeno 10 volte superiore.
In futuro il quadro generale peggiorerà: nei prossimi 20 anni, infatti, la popolazione italiana al di sopra dei 65 anni d’età aumenterà del 25% e dunque è atteso un proporzionale incremento dell’incidenza dell’osteoporosi e delle sue conseguenze.
In questo contesto, è rilevante il lavoro svolto da medici internisti e ortopedici: «Nella gestione del paziente con fratture da osteoporosi, il ruolo dell’ortopedico è cruciale in quanto ha la possibilità di intercettare tutti i pazienti con fratture da fragilità e di indirizzarli verso un iter terapeutico mirato alla guarigione della frattura stessa ma anche alla prevenzione di successive nuove fratture» sottolinea il prof. Umberto Tarantino della SIOT.
Elemento distintivo del medico internista è invece il suo particolare punto di osservazione: «La Medicina interna è una disciplina trasversale che agevola la visione olistica del paziente che assai spesso presenta caratteristiche di complessità, ovvero con polipatologia, condizione questa che è in grado di provocare un maggior rischio per l’osteoporosi e per le sue conseguenze» chiarisce il prof. Ranuccio Nuti della SIMI e coordinatore del gruppo di lavoro sulle Linee Guida della Commissione intersocietaria.
Terapie efficaci a chi ne ha bisogno
Le fratture da fragilità causano disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale e inoltre quelle vertebrali e femorali aumentano il rischio relativo di mortalità: in particolare per le fratture di femore l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. L’impatto economico di una patologia così diffusa è naturalmente molto elevato: è stato stimato che in Italia il costo per il trattamento delle fratture da osteoporosi superi i 7 miliardi di euro all’anno, di cui “soltanto” 360.000 per la prevenzione farmacologica secondaria che riduce sensibilmente il rischio di nuove fratture.
Dai dati OsMed emerge che segue una terapia specifica il 77% degli italiani che soffre di osteoporosi e non ha mai avuto problemi di fratture. Un dato positivo probabilmente frutto delle campagne di sensibilizzazione rivolte in particolare alle donne che in menopausa sono più a rischio. Lo sforzo ora è spostare l’attenzione sui pazienti già fratturati che ad oggi non seguono cure adeguate.
A loro, ai pazienti anziani, va perciò posta la dovuta attenzione, anche perché sono tra i più a rischio di abbandono delle cure, come spiega il prof. Paolo Falaschi, Coordinatore SIGG Italia Centrale: «Sono pazienti afflitti da diverse malattie croniche e, dovendo assumere molti farmaci, spesso presentano problemi di compliance. Per questo la gestione farmacologica dell’osteoporosi nell’anziano è particolarmente delicata».
E in tema di cronicità, è molto critica la situazione di chi soffre di patologie reumatiche croniche come l’artrite reumatoide e le connettiviti: «Considerando l’elevata prevalenza dell’osteoporosi fra questi pazienti, spesso trattati con corticosteroidi, occorre diffondere il più possibile tra di loro una maggior consapevolezza del problema, che deve essere poi affrontato con terapie appropriate» fa presente Maurizio Rossini, coordinatore del Gruppo di studio dell’osteoporosi e delle malattie metaboliche dello scheletro della SIR.
«L’importanza dell’artrite reumatoide e delle connettiviti come condizione di rischio per fratture osteoporotiche è stata recentemente riconosciuta dall’AIFA nella nuova nota 79, e dal Ministero della Salute nei nuovi LEA, che ora prevedono l’esecuzione della densitometria a carico del SSN in numerose malattie reumatiche. Peraltro è stato recentemente dimostrato un ruolo dell’autoimmunità nella patogenesi dell’osteoporosi, e che prevenire e trattare quest’ultima può contribuire alla riduzione delle complicanze ossee di malattie come l’artrite reumatoide».
Nuove strategie terapeutiche e prevenzione
In futuro le terapie saranno ancora più mirate: da poco l’Fda, l’ente statunitense che controlla il mercato dei farmaci, ha approvato l’abaloparatide, un analogo del PTH (l’ormone paratiroideo implicato nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosfato a livello osseo) che si è dimostrato in grado di ridurre l’incidenza delle fratture; inoltre sono in avanzata sperimentazione due anticorpi monoclonali anti sclerostina, una proteina che ostacola la neoformazione ossea.
La promessa di farmaci più efficaci non deve però distogliere l’attenzione dai fondamenti della prevenzione, sia primaria che secondaria: «La regolare attività fisica è un importante fattore protettivo per l’osteoporosi e un adeguato programma riabilitativo è in grado di ridurre il rischio di fratturarsi, migliorare il recupero e ridurre le complicanze dopo una frattura» precisa il prof. Giovanni Iolascon, membro del Consiglio direttivo della SIMFER, aggiungendo che «un allenamento costante basato su esercizi personalizzati di rinforzo muscolare e di rieducazione all’equilibrio e alla deambulazione è in grado di diminuire negli anziani sia il rischio di caduta che di traumi correlati».
Strategici per tutti i pazienti sono l’approccio nutrizionale corretto e l’abolizione dei cosiddetti fattori di rischio modificabili come fumo e alcol, scelte inerenti lo stile di vita che trovano nel medico di famiglia un punto di riferimento importante.
Ma il suo ruolo va ben oltre e in tal senso è certamente un valore aggiunto la partecipazione della SIMG alla Commissione intersocietaria: «Al fine di stimare il potenziale rischio di fratture osteoporotiche, i dati provenienti dalla medicina generale rappresentano una preziosa fonte di informazione» afferma la dott.ssa Raffaella Michieli, Responsabile nazionale Area Salute della Donna della SIMG. «Grazie a questi dati e utilizzando uno specifico algoritmo, è stato prodotto uno “score” denominato FraHS, in grado di predire il rischio di fratture osteoporotiche. Finalmente il medico ha sottomano, con immediatezza, ciò che prima andava calcolato a mente valutando singolarmente tutti i fattori di rischio. Questo sistema, infatti, produce un valore che non solo ci permette di allertarci in caso di pazienti che già necessitano di terapia, ma ci consiglia anche nel caso ci sia invece bisogno di una procedura di approfondimento diagnostico come la densitometria ossea».
la Redazione
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