Migrantes, l’Italia e l’inizio di una nuova Europa
Quanto sta accadendo sul tema immigrazione in queste ore è allo stesso tempo l’inevitabile epilogo di una fase e l’inizio di una nuova pagina in Europa.
Partiamo dal primo aspetto: era inevitabile che i nodi venissero al pettine.
Sono i nodi di una perdurante instabilità nel Nord Africa, e in particolare in Libia, che con la buona stagione accentua i flussi di migranti e rafforza l’opera criminale degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani. Ma anche i nodi di un’Europa che ha perso tanto, troppo tempo e che oggi si trova a fronteggiare l’ennesima emergenza in maniera goffa e in ordine sparso.
Sostanzialmente scaricando il peso del soccorso in mare sull’Italia.
Era lecito aspettarsi molto di più dai nostri partner europei.
Fanno male a tutti e non onorano nessuno le immagini dei blindati austriaci alla frontiera così come i distinguo di Francia e Spagna sull’attracco delle navi delle ONG che soccorrono i disperati del mare.
Così non è stato e l’Europa perde l’ennesima occasione per uno scatto in avanti.
Il problema è che il tema dell’immigrazione, per definizione globale e transnazionale, viene ancora affrontato con le categorie del Novecento e soprattutto sulla base di puri calcoli politici interni.
Macron ha stravinto le elezioni e non vuole disperdere il suo capitale politico.
La Spagna è al sicuro grazie a un accordo bilaterale – peraltro politicamente oneroso – con il Marocco.
I tre miliardi di euro alla Turchia hanno per adesso bloccato la rotta balcanica.
Rimaniamo dunque noi e il pericoloso collasso libico.
Cosa c’è allora di positivo in tutto questo e perché si sta aprendo una nuova fase?
C’è che l’Italia sta facendo un buon lavoro, con un misto di fermezza e diplomazia. Sta provando con pragmatismo a comunitarizzare la crisi dei migranti, ed è normale che a questo tentativo serio si oppongano delle resistenze.
La lettera inviata a Bruxelles, la trilaterale con Francia e Germania, ma soprattutto il codice di condotta per le ONG sono i primi fili di una tela che bisognerà tessere con pazienza.
Soprattutto, qui, occorrerà mantenere i nervi saldi, evitare di politicizzare la crisi – che è innegabile e che rischia di diventare ingestibile, come ha giustamente ammonito il Presidente Mattarella – e perseverare in queste iniziative.
L’Italia, insomma, ha imboccato la giusta direzione di marcia. Ci saranno altri passi indietro e tante altre delusioni dai partner europei. Ma non ci sono alternative ad una politica ferma nei toni e attiva sotto il profilo diplomatico.
Gianluca Ansalone
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