La sanità pubblica non paga i fornitori per 23 miliardi
La sanità italiana ha accumulato un debito con i propri fornitori di 22,9 miliardi di euro.
“Sebbene negli ultimi anni lostock sia in calo – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’ammontare complessivo del debito commerciale del nostro servizio sanitario non è ancora stato ricondotto entro limiti fisiologici. Purtroppo, soprattutto nel Mezzogiorno, le nostre Asl continuano ad essere in affanno con i pagamenti, mettendo così in seria difficoltà moltissime Pmi”.
Quali sono le cause che hanno determinato l’accumulazione di un debito così rilevante?
“Se è noto chele Asl pagano da sempre con molto ritardo – conclude Zabeo – è altrettanto vero che in molti casi le forniture continuano ad essere acquistate con forti differenze di prezzo tra le varie regioni. Se, come ha avuto modo di denunciare la Fondazione Gimbe, nella sanità italiana si annidano circa 22,5 miliardi di euro di sprechi, è verosimile ritenere che una parte dei ritardi nei pagamenti sia in qualche modo riconducibile alle distorsioni sopra descritte. In altre parole, non è da escludere che in alcune regioni, in particolar modo del Sud, avvengano degli accordi informali tra le parti per cui le Asl o le case di cura impongono ai propri fornitori pagamenti con ritardi pesantissimi, ma a prezzi superiori rispetto a quelli, ad esempio, praticati nel settore privato”.
Detto ciò, il segretario della CGIA, Renato Mason, puntualizza:
“Nonostante l’ammontare degli sprechi, sarebbe sbagliato generalizzare. È importante sottolineare che la nostra spesa sanitaria pubblica è inferiore di un punto percentuale di Pil rispetto a quella francese e di 0,5 punti rispetto a quella britannica. Inoltre, l’ottima qualità del servizio reso a molti cittadini italiani, soprattutto del nord Italia, non ha eguali nel resto d’Europa”.
Tornando ai dati della ricerca, la sanità regionale più indebitata è quella del Lazio, con 3,8 miliardi di euro:a seguire la Campania con 3 miliardi di euro, la Lombardia con 2,3 miliardi, la Sicilia e il Piemonte entrambe con 1,8 miliardi di euro ancora da onorare. Se, invece, rapportiamo il debito alla popolazione residente, il primato spetta al Molise, con 1.735 euro pro capite. Seguono il Lazio con 644 euro per abitante, la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente.
Va comunque segnalato che dal 2011 il debito complessivo è in costante calo ed è sceso di 15 miliardi di euro (-39,7 per cento). A livello regionale le contrazioni più importanti si sono verificate nelle Marche (-69,5 per cento), in Campania (-55,4 per cento) e in Veneto (-51 per cento). Solo nel Molise e in Umbria la situazione è peggiorata: nel primo caso la crescita è stata del 39,7 per cento, mentre nel secondo caso del 57,7 per cento.
L’anno scorso la peggiore pagatrice è stata l’Azienda sanitaria regionale del Molise che ha pagato i propri fornitori con un ritardo medio ponderato di 390 giorni.
L’Asp di Catanzaro, invece, ha saldato i propri debiti dopo 182 giorni, mentre l’Asl Napoli1 Centro ha rinviato il saldo fattura rispetto gli accordi contrattuali di 127 giorni. Le aziende sanitarie più virtuose, invece, sono state l’Usl Umbria 1 e l’Azienda sanitaria universitaria di Trieste. Nel primo caso gli impegni economici assunti sono stati onorati con 24 giorni di anticipo, nel secondo caso di 13.
Per quanto concerne i tempi medi di pagamento praticati nel 2016 e riferiti alle sole forniture di dispositivi medici (fonte Assobiomedica), in Molise il saldo della fattura è avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni. Se teniamo conto che la legge in vigore stabilisce che i pagamenti delle strutture sanitarie debbano avvenire entro 60 giorni dall’emissione della fattura, nessun valore medio regionale rispetta questo termine.
“Anche per queste ragioni – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – dal giugno del 2014 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenendoci responsabili di aver violato la Direttiva europea sui ritardi di pagamento entrata in vigore nel marzo del 2013. Ad oggi, la procedura è ancora in corso”.
Nonostante il quadro generale rimanga ancora sconfortante, i dati segnalano che negli ultimi anni il quadro generale è migliorato anche a seguito dell’introduzione della fattura elettronica. La legge, infatti, ha stabilito che dal marzo 2015 tutta la Pubblica Amministrazione (PA) ha l’obbligo di accettare le fatture emesse o trasmesse dai propri fornitori solo in forma digitale, altrimenti le PA non possono procedere al pagamento,neppure parziale.
Tuttavia, i mancati pagamenti della sanità italiana costituiscono solo una parte di questo annoso problema. Più in generale, infatti, tutta la nostra Pa, secondo le ultime stime della Banca d’Italia, ha un debito nei confronti delle imprese fornitrici di 64 miliardi di euro; e sulla base dei dati presentati da Intrum Justitia,i tempi di pagamento delle nostre amministrazioni pubbliche continuano ad essere significativamente più elevati della media degli altri Paesi europei.
la Redazione
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