Odiami figlio mio ma io continuerò ad amarti sempre
Nel mentre una buona parte dei politici nostrani volge lo sguardo benevolo nel Mediterraneo, in direzione dei tanti gommoni stracarichi di giovanotti colored e palestrati con doppio cellulare ultramoderno, non ci si accorge, o forse lor signori preferiscono girare il capo in altra direzione, di quanto avviene sul nostro suolo.
I buonisti e le numerose claque che si stanno arricchendo a gonfie vele e rapidamente, non vogliono guardare cosa accade nelle nostre contrade dove migliaia di giovani sono alla ricerca di una soluzione o una speranza per il loro domani. Però la notizia di un giovanotto italiano in crisi non alletta più di tanto, se poi questo giovanotto risiede nella parte inferiore dello Stivale allora è certo che la gauche en cachemire ed i cattosinistri non ne leggono neppure i titoli.
Daniela è una giovane madre 47enne con sulle spalle un matrimonio naufragato, vive nell’area metropolitana barese e lavora in un negozio di Bari con il compito di bloccare i malintenzionati dediti al furto e al taccheggio.
Ha un figlio 24enne che le toglie il sonno e la tranquillità. Una vita da inferno. Un futuro a tinte scure.
Il giovane si trova agli arresti domiciliari per commercio di droga, rapina e furto e per finire anche evasione, ma tre mesi fa stanco di rimanere recluso tra le mura domestiche decide di darsi alla latitanza. Ciò procura a Daniela dolore su dolore ma soprattutto inizia a vivere giornate d’angoscia ipotizzando che il suo ragazzo possa commettere ulteriori e peggiori scempiaggini, immagina persino che nel caso in cui le forze di polizia lo rintraccino abbia una reazione insensata dalla quale nasca un conflitto a fuoco.
E così si reca presso la Stazione dei Carabinieri di Corato (Bari) parla con il comandante e racconta il suo dramma, alla fine confida luogo ed ora in cui poterlo incastrare. La mattina del 31 ottobre il giovanotto si reca all’ospedale di Terlizzi per accompagnare la compagna rimasta incinta per una visita ginecologica. Ad attenderlo trova i militari dell’Arma. Non sa che la soffiata è partita dalla madre. Lo scopre subito dopo e da quel momento il tarlo dell’odio nei confronti di chi l’ha partorito si affaccia nella sua mente.
Ma il coraggio di Daniela si palesa per la seconda volta nella lettera che invia al proprio bambino e che rende pubblica. La pubblichiamo per intero, come merita.
Carissimo figlio mio,
l’altra mattina ho fatto qualcosa che una madre non vorrebbe e non dovrebbe mai fare: ho tradito la cieca fiducia che tu da 24 anni riponevi me, consegnandoti nelle mani di qualcuno che di te non sa nulla, se non il tuo nome le tue “bravate”. È stato un gesto necessario ed inevitabile. Le notizie frammentarie e confuse che mi giungevano durante la tua assurda latitanza mi trafiggevano il cuore e, purtroppo, non avevo modo di poterti raggiungere, aiutarti a ragionare e a trasmetterti il malessere che sta vivendo.
Ciò che tanto mi opprimeva era il continuare la solita vita quotidiana che iniziava la mattina indossando quella “maschera” di normalità e finiva la sera quando, rientrata a casa, la riponevo sul comodino… Sempre attenta al telefonino, accertandomi che fosse carico, acceso e che non fossero arrivati sms che non avessi letto; ansiosa di ricevere un tuo cenno, una tua notizia. Nel contempo, terrorizzata quando sul display compariva un numero a me sconosciuto che potesse annunciarmi una disgrazia, un fatale incidente, un tragico epilogo della tua vicenda.
Il susseguirsi dei controlli durante il giorno, durante la notte a casa nostra, a casa di amici e conoscenti, non facevano altro che accentuare l’angoscia di saperti in pericolo, braccato da ogni forza di polizia in ogni luogo. Spesso leggevo negli occhi di qualcuno di loro la rabbia e l’accanimento nei tuoi con confronti, il loro desiderio morboso di volerti prendere quasi come per aggiudicarsi un “trofeo” da collezionare. Quando se ne andavano, temevo che, se ti avessero trovato, anche un solo tuo innocente movimento, una innocua mossa falsa che avresti potuto commettere, avrebbe potuto scatenare una loro reazione tragica e sproporzionata, decretando un drammatico finale.
Anni fa morì un tuo carissimo amico, un fratello per te. Ricordo chiaramente le parole che sua madre mi sussurrò quando mi avvicinai a porgerle le condoglianze: “Daniela, avrei preferito andare in carcere a fargli visita per tutta la vita, almeno avrei potuto vederlo, abbracciarlo e parlargli ancora… Tu sei fortunata!”. Il non sapere dove stavi, come sopravvivevi, dove dormivi, chi potevi incontrare durante il tuo “oscuro” cammino, mi logorava da mesi. Non c’era più pace nel mio cuore e nella mia testa… ero una candela la cui fiamma si stava spegnendo giorno dopo giorno, ora dopo ora…
Quella mattina ti eri accorto che qualcosa non andava. Forse leggevi nei miei movimenti l’ansia e l’angoscia che mi rendevano incerta e timorosa. Mentre mi avvicinavo a te, i nostri occhi sono immersi gli uni negli altri, quasi a fondersi in un unico sguardo e io mi sentivo come “Giuda” che tradì suo fratello… Ho abbassato il capo ti ho consegnato a chi ti stava cercando da troppo tempo… Volevo morire, ma mi convincevo sempre più di aver fatto la cosa giusta. E poi, il Comandante mi aveva dato la sua parola: niente violenza. Massima discrezione e rispetto dei tuoi e dei miei diritti di madre. Parola mantenuta!
Anche tu, d’altronde, hai dimostrato maturità, saggezza e rispetto del momento così difficile ed inaspettato. Mentre ti circondavano e ti inducevano a mantenere la calma, io ti chiedevo perdono per quello che avevo fatto. Tu cercavi miei occhi ed io, con la morte nel cuore, cercavo i tuoi… Più volte hai ripetuto che mi avresti odiata per il resto della tua vita.
Odiami ragazzo mio, odiami finché vorrai… Io, al contrario, continuerò ad amarti con la stessa intensità di sempre e anche di più. Un giorno ammetterai che, in cuor tuo, era ciò che volevi anche tu: porre fine a questo supplizio. Forse mi vorrai incontrare e io avrò la conferma di essere una madre “fortunata” perché potrò ancora vederti, abbracciarti e parlarti…
Tua madre
Il coraggio di una madre poggia sempre sull’amore che nutre nei confronti di chi ha portato in grembo.
Bruno Galante
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