Troppo silenzio sul deposito italiano di scorie nucleari
Nessuno ha voglia di affrontare un problema che si discute all’interno di uffici blindati: la costruzione del deposito di scorie nucleari ove saranno sotterrate le migliaia di metri cubi di scarti atomici.
Dove sarà individuato il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi in Italia?- Da due anni si aspetta la pubblicazione della lista dei luoghi idonei ad accogliere 75.000 metri cubi di rifiuti radioattivi italiani a bassa attività, derivati sia dallo smantellamento degli impianti nucleari sia dalle attività industriali e mediche.
Eppure il ministero dello Sviluppo Economico (Mise), insieme all’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) e la Sogin, la società pubblica che si occupa del decommissioning (smantellamento) nucleare, stanno discutendo a porte chiuse. Tanto che la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), ossia le mappa con i luoghi italiani che rispettano i criteri per ospitare il deposito, è tenuta sotto chiave e considerata come segreto di Stato.
Nonostante comunità locali, cittadini e comitati vogliano sapere se il deposito si troverà dalle loro parti e la Cnapi debba essere pubblicata prima di decidere dove sarà costruito il magazzino nazionale, da gennaio 2015 l’elenco dei siti potenzialmente adatti ad accogliere le scorie è solo un documento fantasma.
L’ultimo a nominare la Cnapi è stato il ministro dello Sviluppo Economico Calenda un pomeriggio dello scorso giugno, durante un’audizione della Commissione parlamentare d’inchiesta per fare il punto sullo smantellamento delle centrali nucleari in Italia e sul piano di costruzione di un deposito nazionale delle scorie radioattive.
Per un’ora Calenda ha esposto la sua relazione sullo stato dei lavori e risposto alle domande dei parlamentari. Il ministro ha anche ricostruito i tempi del progetto per realizzare il centro dove saranno immagazzinati tutti i rifiuti nucleari prodotti in Italia: non solo gli scarti delle centrali ormai in disuso ma anche quelli prodotti dalle industrie, dai centri di ricerca e dagli ospedali.
Le prime strutture dovrebbero partire “dall’inizio del 2024”, ha confermato Calenda pochi mesi fa. Ma ancora nessun indizio su dove si troverà il deposito.
Il processo per individuare il luogo di stoccaggio delle scorie nucleari non sembra essersi interrotto visto che, sempre Calenda, ha annunciato come la mappa dei siti potenzialmente idonei dovrebbe essere pubblicata “entro la fine di dicembre” del 2017. Cioè entro la fine dell’anno.
Eppure, nonostante la scadenza della pubblicazione si avvicini, la mappa l’hanno vista in pochissimi: i tecnici di Sogin che l’hanno realizzata; gli esperti dell’Ispra che hanno stabilito i criteri per compilare la Cnapi e hanno revisionato la proposta di Sogin; infine i dipendenti del Mise che l’hanno messa in cassaforte.
Non ci sono segnali che indichino che la scadenza sarà rispettata. Non foss’altro perché nel 2018 ci saranno le elezioni e nessun partito vuole accostare il proprio nome al nucleare. Men che meno a un cimitero delle scorie radioattive che, secondo i calcoli di Sogin, entro il 2065 accoglierà 75mila metri cubi di rifiuti a molto bassa e bassa intensità e 15mila ad alta attività.
“Al centro al momento c’è una preoccupazione politica: non scatenare conflitti con i territori mentre siamo vicini alle elezioni”. A dirlo è il deputato del Partito democratico Angelo Senaldi, che questa estate ha depositato un’interrogazione per conoscere a che punto è l’iter di identificazione del sito in cui collocare il deposito nazionale e se, di conseguenza, verranno rispettate le tempistiche previste al fine di poter definitivamente liberare i depositi temporanei di stoccaggio.
Difficile fare scommesse sull’area che diventerà il cimitero nucleare d’Italia.
Eppure, eliminando i territori sismici e quelli altamente urbanizzati e a rischio idrogeologico, solo per elencare alcune delle caratteristiche che il luogo che accoglierà il deposito non potrà avere, “credo che i migliori candidati potrebbero essere il Nord e la pianura Padana”, chiude il deputato Pd.
Wired ha consultato ambienti politici vicini al governo e tutti convengono nel dire che neanche questo anno sarà la volta buona per sapere dove saranno collocate le scorie dello stivale.
A parere di Gianni Girotto, portavoce del M5S al Senato, il sito è già stato individuato
“Sappiamo che è già presente un elenco di località potenzialmente idonee ma questa lista non è ancora stata resa pubblica. Il governo non vuole rischiare di perdere consensi, quindi credo che la scelta ricadrà più su aspetti sociali che tecnici”, in pratica il deposito sarà costruito “nel luogo in cui il conflitto sociale e lo scontro con l’opinione pubblica sarà più basso”.
Il deposito nazionale, infatti, stando al progetto sulla carta verrà accompagnato dalla creazione di un Polo tecnologico di natura non precisata.
Questo farebbe parte delle compensazioni da offrire a chi affitterà per tre secoli i dieci ettari necessari al deposito, cui si dovrebbe aggiungere la creazione di migliaia posti di lavoro.
Foratom, la voce del settore nucleare europeo, ha evidenziato come il nucleare dà “diversi benefici economici al territorio; l’Europa, per esempio, esporta la tecnologia dell’atomo a livello mondiale mentre il settore dà lavoro a 800mila persone”.
Eppure, nonostante le promesse di posti di lavoro legati al processo di smantellamento dei siti e nonostante le compensazioni, l’impressione è che difficilmente si riuscirà a convincere una comunità ad accettare il deposito.
Anselmo Faidit
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