Per il terremoto Irpinia 1980 si paga ancora un commissario
Un comma dell’emendamento Milleproroghe presentato dal governo alla manovra di bilancio prevede il finanziamento di 200 mila euro per il commissario ad acta responsabile della definitiva chiusura degli interventi infrastrutturali disposti dopo il terremoto del 23 novembre 1980 che colpì maggiormente la Campania, la Basilicata e la Puglia.
Sono trascorsi oltre 37 anni e lo Stato ancora elargisce danaro per opere incompiute e burocrati inossidabili. Recentemente la Corte dei Conti con delibera 12/2017/G tra i tanti sprechi della Penisola a proposito degli interventi nelle aree colpite dagli eventi sismici del 1980-1981 riporta: “La Sezione deve comunque rilevare il protrarsi dei tempi di conclusione degli interventi post terremoto del 1980 che, a distanza di più di 35 anni,
continuano a non vedere una compiuta definizione”. Trafiletto annotato a pagina 57.
Inizialmente il fondo doveva servire per finanziare “per la riparazione o ricostruzione degli stabilimenti distrutti o danneggiati, nonché nella realizzazione in Campania e Basilicata di aree industriali per incentivare insediamenti di media e piccola dimensione”. Si trattava di agevolare e contribuire a realizzare sia opere private, come iniziative industriali, sia opere pubbliche, come lavori infrastrutturali indispensabili all’insediamento e ai servizi di supporto degli impianti produttivi delle nuove aree industriali.
Dopo 37 anni, sostengono i giudici della Corte dei Conti, le opere private risultano ultimate a differenza di quelle pubbliche che sono in fase di completamento sotto la responsabilità di un commissario ad acta nominato dal ministero dello Sviluppo economico il cui incarico puntualmente ogni anno viene prorogato con leggi e leggine.
Il fondo esiste poiché esiste il commissario. Costui gode di ottima salute ed all’anagrafe risulta essere registrato come ingegnere Filippo D’Ambrosio che gode di una pensione di oltre 3.000 euro al mese. È un ex dipendente del Mise, ministero Sviluppo economico, con l’incarico di commissario sin dal 2003, anno in cui sostituì Giuseppe Zamberletti, con uno stipendio annuo di 65.000 euro.
Nessuno sinora è mai riuscito a sopprimere una indecenza simile. L’incarico doveva scadere il 31 dicembre 2013 (dopo 33 anni!), ma con varie proroghe rimane sempre in piedi e festoso.
Per la stessa ammissione del D’Ambrosio il mandato è terminato anni orsono, nella relazione di sintesi presentata dallo stesso commissario del Mise il 5 gennaio 2015 si legge “l’attività Commissariale in esame nulla ha a che vedere con la ricostruzione post terremoto di opere danneggiate … sotto il profilo finanziario il terremoto Irpinia di fatto è finito nell’anno 1997 per quanto riguarda l’art. 32 L. 219/81, e ciò grazie proprio alla gestione Commissariale”.
D’Ambrosio scrive che l’attività commissariale è ultimata, però le parcelle continua ad incassarle.
A gennaio 2017 i giornali riportano l’obbrobrio e D’Ambrosio reagisce minacciando le dimissioni, che puntualmente rimangono nel cassetto della fantasia.
Le decine di migliaia di euro che il commissario prosegue ad incamerare riguardano l’ultimazione della strada a scorrimento veloce Lioni-Grottaminarda, ritenuta decisiva per collegare Centro e Sud del Paese, bretella di collegamento tra la A3 Salerno-Reggio Calabria e la A16 Napoli-Bari per un totale di 21,5 chilometri ed una spesa complessiva di 430 milioni.
La storia principia nel 2005 a distanza di 25 anni dal terremoto, pervengono i finanziamenti e cominciano le progettazioni. Un giorno si lavora e una settimana si sta fermi. Ai giudici che chiedono le ragioni del procedere a singhiozzo così risponde D’Ambrosio il 20 marzo 2017: “difficoltà, soprattutto iniziali, nell’acquisizioni dei suoli, nella fornitura dei materiali, nell’acquisizioni delle autorizzazioni alla progettazione a cui si sono aggiunti, da un lato, gli avvicendamenti di competenze tra amministrazioni (Presidenza del Consiglio, Protezione civile, ministero del Mezzogiorno e ministero dello Sviluppo economico), dall’altro i ritardi dovuti a fallimenti, procedimenti giudiziari e sequestri di una serie di imprese incaricate. A tutto ciò si aggiungono diversi contenziosi nei confronti delle amministrazioni”.
Le consuete beghe della pubblica amministrazione che ha ridotto il Paese a colabrodo.
D’Ambrosio recalcitra nel momento in cui qualcuno cerca di sfilargli la poltrona però non ha mai chiarito, sia lui che il Mise stesso, per quale motivo serve un commissario che debba sovraintendere alla costruzione di una normalissima strada statale. A parere delle sue ottimistiche previsioni l’opera dovrebbe essere completata entro il 2023. Per cui diventa necessario rassegnarsi. A patto che il soldi proseguano ad arrivare puntuali, nel caso in cui ciò non si verificasse il 2023 diventa una delle tante tappe prima del traguardo finale.
Bisogna farsene una ragione.
Bruno Galante
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