Ok europeo al glifosato l’ennesima conquista tedesca
Il Comitato d’appello della commissione europea ha rinnovato l’autorizzazione al commercio degli erbicidi contenenti glifosato (il rinomato Roundup prodotto dall’azienda agrochimica statunitense Monsanto) per altri cinque anni.
Un parto travagliato e condensato di polemiche, scandali, ingerenze da parte dei produttori nei confronti di scienziati e organismi di controlli.
Il glifosato è l’erbicida più usato al mondo, elimina indistintamente tutte le erbe infestanti, viene introdotto sul mercato nel 1974 e da allora ad oggi ne sono stati consumati quasi 9 milioni e mezzo di tonnellate. La diffusione avviene sopratutto a partire dagli anni Novanta, dal giorno in cui la Monsanto inizia ad immettere sul mercato le prime colture geneticamente modificate e resistenti al glifosato, tipo la soia. Dal 2001 il brevetto è scaduto. Oggi viene utilizzato non solo in agricoltura ma anche nel giardinaggio, nella manutenzione del verde, ossia dove si devono eliminare le erbacce, ai bordi delle strade, delle autostrade, dei binari ferroviari.
Nel 2015 si manifestano divergenze tra i diversi enti sulla sua sicurezza e viene concessa una proroga in scadenza al 31 dicembre 2017, a marzo di quest’anno Italia, Francia, Olanda e Svezia hanno espresso parere contrario al rinnovo. La Francia ribadisce che entro il 2022 ne vieterà l’utilizzo totale.
Nel 2015 lo IARC, International Agency for Research on Cancer (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), lo inserisce nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene”. Il glifosato viene associato in modo particolare ad un tumore: il linfoma non-Hodgkin. Un rischio alto lo correrebbero maggiormente quanti lo utilizzano con frequenza come gli agricoltori. A parere degli esperti dello IARC studi su animali e su cellule evidenzierebbero un’azione mutagenica, ossia che induce mutazioni e perciò potenzialmente cancerogena.
L’EFSA, European Food Safety Authority (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), invece, ha espresso un giudizio più morbido, però le sue valutazioni sembrano un copia incolla recuperate dalle documentazioni delle aziende produttrici di glifosato.
Un articolo pubblicato dal quotidiano britannico Guardian a settembre denuncia che l’Efsa avrebbe copiato intere pagine della sua valutazione dai documenti forniti dalla Monsanto.
In Italia siamo molto più prudenti, lo si può utilizzare ma con molte limitazioni.
Nei mesi scorsi negli Usa scoppia lo scandalo Monsanto Papers, centinaia di documenti e mail aziendali scoperte a seguito di alcune azioni legali. Secondo il quotidiano parigino Le Monde la Monsanto sarebbe responsabile di pressioni per pubblicare ricerche di risultati graditi mentre i risultati sgraditi andavano eliminati per scongiurare la messa al bando Roundup, prodotto di punta della Monsanto. Pare che siano state lautamente retribuite consulenze addomesticate di personalità del mondo accademico, articoli e pareri che scagionano il glifosato dalle accuse di cancerogenicità.
Oltre alle consulenze vi è il particolare che è sempre rimasto aperto un canale preferenziale con il direttore dell’ente americano per la protezione ambientale, l’Epa, che è l’ente responsabile e preposto alla valutazione del glifosato negli Stati Uniti.
Il 31 luglio scorso il gigante tedesco Bayern e la Monsanto presentano a Bruxelles un progetto di fusione tra le due aziende che darebbe vita ad un colosso mondiale nell’agrochimica. La Bayern in cambio di 59 miliardi di dollari ingloba l’azienda di St Louis nel Missouri, operazione che viene congelata da Bruxelles in quanto “teme che la concentrazione possa ridurre la concorrenza in settori come i pesticidi, le sementi e l’agrochimica” ciò potrebbe creare problemi ai distributori e agli stessi agricoltori, e genererebbe un incremento di prezzi, una qualità inferiore, meno scelta e meno innovazione.
Il progetto viene congelato sino al prossimo 8 gennaio 2018.
Intanto va annotato che sino al recente voto la Germania si era sempre astenuta nelle riunioni precedenti, mentre alla recente votazione i tedeschi si sono schierati con il fronte del sì. Il ministro dell’Ambiente Barbara Hendricks ha dichiarato che non si attendeva un atteggiamento simile poiché le indicazioni del governo andavano in tutt’altra direzione. Angela Merkel invece ha ribadito di essere all’oscuro della nuova indicazione di voto. Il ministro dell’Agricoltura Christian Schmidt ha candidamente ammesso di aver adottato la decisione in maniera del tutto autonoma e senza aver comunicato nulla ai colleghi di governo.
Improvvisamente in Germania cala l’ingenuità ed un’apparente dabbenaggine.
Si meravigliano (?) persino i vertici della Bayern che comunque ringraziano.
Piero Vernigo
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