La felicità non può dipendere principalmente dai soldi
La massima che vuole che “i soldi non fanno la felicità” andrebbe quanto meno rivista a secondo di chi lo sostiene e dove lo sostiene.
Ma cos’è la felicità? È lo stato ed il sentimento di chi è felice, ossia, che si sente pienamente soddisfatto nei propri desideri, che il suo spirito è sereno, e nel contempo non è turbato da dolori o preoccupazioni e gode di questo suo stato.
Se si desidera o si cerca la luna nel pozzo difficilmente ci si potrà sentire “felici”.
Se i soldi aiutano a condurre una vita dignitosa e priva di sofferenze materiali, allora qualche contributo a vivere un po’ più sereni lo apportano.
Di recente la scienza d’oltre oceano ha proclamato che la quantità di denaro di cui disponiamo ci predispone a modi diversi di essere felici.
Non è detto, riporta uno studio apparso sulla rivista Emotion, che chi è più ricco sia anche più felice ma l’entità del guadagno sembra associata a diverse forme della felicità: coloro che hanno un reddito più basso provano emozioni positive focalizzandosi sugli altri e sulle relazioni, mentre le persone che guadagnano di più tendono a provare felicità concentrandosi principalmente su loro stesse.
“Un reddito più alto porta con sé molti vantaggi, tra cui una salute migliore e una maggior soddisfazione nella vita, ma non è associato per forza a una maggiore felicità”, spiega l’autore dello studio, Paul Piff, della University of California di Irvine. “La maggior parte delle persone pensa ai soldi come a una sorta di bene assoluto, ma alcune ricerche recenti suggeriscono che potrebbe non essere così”.
Nel corso del loro studio i ricercatori hanno svolto un sondaggio su 1.519 persone, chiedendo informazioni sul reddito, e sottoponendo loro una serie di domande per stimare la loro tendenza a sperimentare le sette emozioni che vengono considerate come il nucleo della felicità: divertimento, stupore, compassione, contentezza, entusiasmo, amore e orgoglio.
Naturalmente gli intervistati risiedono tutti negli Stati Uniti per cui le tradizioni e le esigenze sono leggermente diverse da quelle di un cinese, di un indiano, di un argentino o di un polacco.
È sufficiente notare le domande sulle quali poggia la felicità, sulle emozioni che suscitano alcuni sentimenti come il divertimento o lo stupore.
Dai risultati delle interviste è emerso che i partecipanti più ricchi hanno una maggiore tendenza a sperimentare emozioni positive focalizzate su loro stessi, in particolare, la contentezza, l’orgoglio e il divertimento. Invece, le persone con un reddito più basso hanno più probabilità di provare emozioni positive, come compassione e amore, che si focalizzano sulle relazioni e su altre persone.
“Mentre gli individui più ricchi possono trovare maggiore positività nelle loro conquiste, status e risultati individuali, gli individui meno ricchi sembrano trovare più felicità nelle loro relazioni, capacità di prendersi cura e connettersi con gli altri”, riprende Piff.
Inoltre, come ricorda l’autore, molte delle più recenti ricerche si sono concentrate sugli effetti negativi della povertà.
“La povertà aumenta i rischi per una serie di aspetti della vita, come per esempio la salute. Il denaro, tuttavia, non ti garantisce la felicità, ma potrebbe predisporre a sperimentare diverse sue forme”, conclude Paul Piff. “Questi risultati suggeriscono che le persone con un basso reddito hanno escogitato modi differenti per provare gioia e felicità, nonostante le circostanze della loro vita siano relativamente meno favorevoli”.
Insomma un pensiero ed un’analisi che trasferito in un’altra area geografica è parecchio fuori luogo.
Salvarico Malleone
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