Papa Francesco: nella Curia traditori e approfittatori
Nel discorso degli auguri natalizi che Papa Francesco ha espresso alla Curia romana nella Sala Clementina vi è stato un chiaro messaggio a superare la logica dei complotti e dei veleni che oscurano la natura della Curia.
Un nitido riferimento è indirizzato ai “traditori di fiducia” e agli “approfittatori della maternità della Chiesa”, ovvero “persone selezionate” per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma che “si lasciano corrompere dall’ambizione e dalla vanagloria”. Nei precedenti incontri natalizi il Pontefice aveva rivolto lo sguardo all’interno e avendo a modello i Padri del deserto si era prima soffermato su alcune “malattie” della Curia, poi su una specie di catalogo delle virtù necessarie a quanti vi prestano servizio.
Il Santo Padre ha rammentato che “Fare le riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti. Ciò evidenzia quanta pazienza, dedizione e delicatezza occorrano per raggiungere tale obbiettivo, in quanto la Curia è un’istituzione antica, complessa, venerabile, composta da uomini provenienti da diverse culture, lingue e costruzioni mentali e che, strutturalmente e da sempre, è legata alla funzione primaziale del Vescovo di Roma nella Chiesa”.
La Curia, ha affermato il Papa, è progettata ad extra in quanto e finché “legata al Ministero petrino, al servizio della Parola e dell’annuncio della Buona Novella”. Se fosse chiusa in sé stessa, invece, “cadrebbe nell’autoreferenzialità, condannandosi all’autodistruzione”. Quanti operano nell’ambito della Curia romana, “chiamata ad adempiere la propria funzione per il bene e al servizio delle Chiese”, devono essere animati da “un atteggiamento diaconale”.
Quindi ha ricordato la logica dei complotti che diventa un cancro “il diacono sia l’orecchio e la bocca del vescovo, il suo cuore e la sua anima”. Per cogliere il senso dell’attenzione a quello che c’è fuori, il Papa indica il modello dell’organismo umano: i sensi “sono il nostro primo legame con il mondo ad extra. Sono come un ponte, la nostra possibilità di relazionarci. I sensi ci aiutano a cogliere il reale e ugualmente a collocarci nel reale. Questo è molto importante per superare quella squilibrata e degenere logica dei complotti o delle piccole cerchie che in realtà rappresentano, nonostante tutte le loro giustificazioni e buone intenzioni, un cancro che porta all’autoreferenzialità, che si infiltra anche negli organismi ecclesiastici in quanto tali, e in particolare nelle persone che vi operano. Quando questo avviene, però, si perde la gioia del Vangelo, la gioia di comunicare il Cristo e di essere in comunione con Lui; si perde la generosità della nostra consacrazione”.
Successivamente si è soffermato sul pericolo legato ai traditori “Ossia quello dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma, non comprendendo l’elevatezza della loro responsabilità, si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del ‘Papa non informato’, della ‘vecchia guardia’…, invece di recitare il mea culpa”.
Ha poi aggiunto “Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene.Questo certamente senza dimenticare la stragrande, la maggioranza, parte di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità. La comunione di filiale obbedienza per il servizio al popolo santo di Dio è la relazione primaria. La comunione con Pietro rafforza e rinvigorisce la comunione tra tutti i membri”.
Papa Francesco ha precisato che la Curia deve funzionare come un’antenna e deve cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma. Così gli ambiti di lavoro a partire da quello del rapporto con le nazioni dove ribadisce, dopo aver citato la neonata Terza Sezione della Segreteria di Stato, che l’unico interesse della Diplomazia Vaticana è quello di essere libera da qualsiasi interesse mondano o materiale.
Si è voluto soffermare sui rapporti con le Chiese Orientali e ha insistito sul dialogo ecumenico che è un cammino irreversibile e non in retromarcia. Un cammino dal basso iniziando a camminare insieme servendo gli ultimi. “La Curia opera in questo campo per favorire l’incontro con il fratello, per sciogliere i nodi delle incomprensioni e delle ostilità, e per contrastare i pregiudizi e la paura dell’altro”.
Infine il rapporto della Curia con l’ebraismo, l’islam e le altre confessioni, centrato su un dialogo costruito su tre orientamenti “Il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni. Chi è differente da me, culturalmente o religiosamente, non va visto e trattato come un nemico, ma accolto come un compagno di strada”. Gli incontri avvenuti con le autorità religiose nei diversi viaggi apostolici e negli incontri in Vaticano, ne sono la concreta prova.
Al termine della panoramica sull’operato della Curia la conclusione è sulla fede affermando “che una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci” e citando il mistico tedesco del Seicento, Angelo Silesio, che nel suo Il Pellegrino Cherubico scrisse: “Dipende solo da te”.
Bruno Galante
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