200 giornalisti italiani vivono sotto scorta della polizia
Dal 1° gennaio 2017 al 30 novembre 292 giornalisti italiani hanno ricevuto minacce di varia natura. Dal 2006 ad oggi sono ben 3458, è quanto riporta l’Osservatorio di Ossigeno con il suo conteggio analitico regionale e nazionale, dal 1960 ben 11 giornalisti sono stati uccisi in Italia, dei quali ben 8 in Sicilia, e con questi risultati stabiliamo il record europeo del numero di giornalisti ammazzati dalla criminalità.
A parere dell’Osservatorio dietro ogni intimidazione documentata almeno dieci restano ignote in quanto le vittime preferiscono non renderle pubbliche.
L’episodio più clamoroso delle ultime settimane è quello subito da un giornalista della Rai, Daniele Piervincenzi, da parte del fratello di un boss della mafia romana accaduto a novembre ad Ostia. In aree come la Campania, la Calabria e la Sicilia quotidianamente si registrano intimidazioni, minacce e violenza nei confronti degli operatori dell’informazione.
Sono ben 196 i giornalisti che vivono sotto scorta con la protezione della polizia.
Numeri allarmanti che sono stati divulgati nei giorni scorsi dal ministero degli Interni durante l’inaugurazione di un centro di coordinamento contro atti di intimidazione perpetrati nei confronti dei giornalisti, una promessa concretizzatasi a seguito del carognesco attacco al giornalista Rai. È il primo centro istituito in Europa e mira a rafforzare la collaborazione tra le forze di polizia e l’Ordine dei Giornalisti per tutelare maggiormente gli iscritti che si sentono minacciati, finalizzato a consentire loro di esercitare il lavoro investigativo in condizioni di maggiore tranquillità. Nel nostro Paese scrivere, documentare, occuparsi, di delinquenza organizzata o su bande criminali è quasi come correre incontro a pericoli che possono divenire mortali.
Reporters sans frontières, RSF, sostiene che attualmente sono una diecina i giornalisti che dovrebbero ricevere una protezione rafforzata e permanente da parte delle forze dell’ordine per garantire una massima sicurezza 24 ore su 24.
Tra di loro vi è Paolo Bonometti che è stato costretto a lasciare la sua Sicilia nel 2015 dopo aver ricevuto una serie di intimidazioni e attacchi ed oggi vive permanentemente sotto scorta. “Ho subito diverse aggressioni fisiche. Hanno tentato di bruciare la mia abitazione. Ricevo minacce di continuo, compreso sui social network, però non ho mai smesso di raccontare tutto ciò che succede nella mia regione”. Condannato a morte per ben tre volte, Bonometti ha pubblicato il 19 novembre l’ultimo avvertimento minaccioso di morte che aveva ricevuto da parte di un fratello di un boss mafioso.
Altrettanto determinato a proseguire con il suo lavoro è Lirio Abbate, vice direttore de L’Espresso, specializzato in criminalità organizzata e mafia. Sempre minacciato dalla malavita, è il decano dei giornalisti sotto scorta visto che dal 2007 è costretto a vivere guardato a vista dalla polizia dopo la pubblicazione del suo libro I complici, nel quale racconta gli intrecci tra le mele marce della politica e le organizzazioni malavitose. “In Italia la tentazione di cancellare i fatti è abbastanza forte. Il lavoro dei giornalisti consiste, perciò, nel combattere l’ignoranza e contro le bufale che vengono fatte circolare ad arte. Tutto ciò per poter informare correttamente l’opinione pubblica come merita. Una missione che certamente è sgradita ai criminali le cui organizzazioni sono ramificate in Sicilia e in Campania, questo concorre a far divenire l’Italia il paese occidentale con il maggior numero di professionisti dell’informazione che hanno perso la vita nell’esercizio delle loro funzioni”.
Lirio Abbate è sempre vissuto in prima linea. “La protezione della polizia mi ha salvato dall’esplosione d’una bomba che avevano piazzato davanti alla mia casa di Palermo come pure da un attacco armato da parte di criminali a Roma, sono comunque riusciti a catturare uno di questi delinquenti ma le minacce continuano anche oggi. La presenza dei poliziotti che mi proteggono non mi impedisce di proseguire il mio lavoro sul territorio ed è grazie a loro che ogni giorno posso riaffermare l’importanza del giornalismo investigativo”.
Subito dopo l’aggressione subita da Daniele Piervincenzi a Ostia, Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha dichiarato che in tutta quella zona “tre famiglie mafiose del posto hanno dettato legge per troppo tempo nella località balneare tirrenica”.
Federica Angeli, giornalista de La Repubblica ed originaria di Ostia, ne sa qualcosa. Le sue rivelazioni sul sistema criminale del clan Spada hanno portato al sequestro di numerosi beni della famiglia mafiosa e per risposta Armando spada ha minacciato di morte lei e i suoi bambini. “Questi delinquenti hanno fatto di tutto per farmi smettere di scrivere. Hanno fallito. Ora noi siamo tutti qui, dietro di me finalmente c’è un “noi”. L’ho promesso ai miei figli e lo prometto anche a voi: la mia penna sarà sempre attiva e presente per Ostia e per il suo benessere”. Questa dichiarazione l’ha esternata a novembre scorso durante una manifestazione a favore della libertà di stampa. Da quattro anni vive sotto protezione rinforzata e continua a ricevere minacce da parte del clan. Ciononostante, alla pari di tanti altri suoi colleghi, ha deciso di rimanere ad Ostia e di vivere con la sua famiglia in un clima ostile proseguendo nel suo lavoro investigativo sul clan mafioso che paralizza la città.
Salvarico Malleone
Commenti
200 giornalisti italiani vivono sotto scorta della polizia — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>