L’infangato Trump negli Usa ha debellato la disoccupazione
I parrucconi e superstipendiati di Bruxelles e Strasburgo non perdono occasione per beffeggiare Donald Trump e spiaccicargli addosso qualche etto di letame sin dal giorno, 20 gennaio 2017, in cui ha giurato alla Casa Bianca.
Son capaci solo di volgare gossip e pochissimo altro.
Un’Europa alle prese col Brexit, con gli aderenti al Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia) in perenne dissenso con le decisioni franco-tedesche, con la continua crescita dei malumori contro l’invasione di africani e orientali che minano la cultura e le tradizioni del vecchio continente e infine con la strisciante islamizzazione, sottovalutata e fomentata da qualcuno.
In Italia, dati Istat, abbiamo 4.700.000 persone in condizione di povertà assoluta, la disoccupazione giovanile viaggia intorno al 35 percento, l’Unicef ci rammenta che oltre 1.700.000 bambini “vivono sotto la soglia di povertà”.
I perbenisti e gli antitrumpisti si ostinano a ripetere che il successore di Obama costruisce muri per bloccare l’avanzata dei migrantes provenienti dal Messico, trascurano il particolare che al momento sono già esistenti 1.030 chilometri di muri, barriere o recinzioni che dir si voglia e come li si voglia definire.
Fingono di dimenticare che il 29 settembre 2006, presidente George W Bush, i senatori Barack Obama ed Hillary Clinton votarono a favore della proposta che prevedeva la costruzione di 1.123 km di muro al confine con il Messico.
È di poche ore fa la pubblicazione sul New York Times, il quotidiano dichiaratamente anti Trump, della notizia sulla disoccupazione americana ai minimi storici, ove sono scomparsi i “disoccupati cronici”, gli “esclusi”, i vagabondi incalliti.
La disoccupazione negli Stati Uniti è scesa al 4,1 percento, per trovare un periodo simile occorre tornare alla fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, un lustro prima della grande crisi del maggio 2007.
Oggi le aziende faticano a trovare braccia da assumere, ed in alcuni casi hanno fatto ricorso a disabili o ai disoccupati di lungo corso. Vi sono zone in cui, addirittura, la disoccupazione scende al di sotto del 2 percento. Ciononostante la gauche en cachemire prosegue imperterrita a definire il presidente americano “rozzo” e “volgare” come pure “inadatto” o addirittura “razzista”. In pochi hanno raccontato che solo a luglio scorso negli States la buona economia di Washington ha generato oltre 200.000 nuovi posti di lavoro mentre ha superato il milione il numero di occupati dal giorno in cui Trump si è insediato alla Casa Bianca.
Di là dell’Atlantico i media preferiscono occuparsi delle rivelazioni di attrici e attricette sulle molestie subite nel corso della carriera, memoria che riaffiora a distanza di decenni. La differenza tra il presente ed il passato è che sotto la presidenza di Obama quanti finivano fuori dal marcato del lavoro automaticamente venivano escluse dalle statistiche ufficiali, oggi le stesse persone sono quasi tutte rientrate nei dati occupazionali. Ancora non si sono sbiadite le immagini scattate sul dramma occupazionale vissuto con le amministrazioni democratiche.
Meglio, molto meglio, occuparsi delle donne che circondano Donald Trump, delle loro pettinature e dei loro abiti.
Per comprendere la realtà odierna degli Stati Uniti occorre riflettere sulla dichiarazione di Amy Glaser, vicepresidente di Adecco, una delle più importanti società di assunzione di personale: “In particolare nel periodo natalizio si è registrata una impennata nella richiesta di addetti ai magazzini e ciò ha creato buone opportunità per persone che prima della ripresa economica avrebbero incontrato delle difficoltà a reperire un lavoro. Un paio di anni fa le ditte chiedevano ai magazzinieri un titolo di studio ed una esperienza con gli scanner per tracciare la merce. Ora le richieste sono calate parecchio. Negli ultimi 12 mesi abbiamo registrato una metamorfosi incredibile, quanti presentano domanda per un posto di lavoro in 24 ore ricevono offerte positive e concrete”.
Da studi compiuti da alcune società risulta che molti dipendenti cambiano lavoro ricevendo in cambio aumenti salariali e incentivi professionali, a testimonianza del buono stato di salute del lavoro e dell’economia americana.
Vantaggi che, di certo, Donald Trump esibirà durante la prossima campagna elettorale per le elezioni di midterm.
bg
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