Là dove la legge veniva derisa e calpestata da quasi tutti
Castelvetrano è il quinto più popoloso comune della provincia di Trapani. Ha dato i natali a Giovanni Gentile, ministro della Pubblica Istruzione da ottobre 1922 a luglio 1924, cofondatore e presidente della Enciclopedia Treccani; e a Giovanni Rinaldo Coronas che è stato capo della polizia da gennaio 1979 ad aprile 1984, successivamente da 1995 a maggio 1996 ministro dell’Interno.
A Castelvetrano sono nati anche Francesco Accardo e Maria Tilotta giovani sposi che nel 1905 si trasferirono negli Usa e l’anno dopo venne al mondo Antonino che nel 1926 entrò nella banda di Al Capone ed alla fine degli anni Quaranta divenne il boss incontrastato di Chicago. Nel 1962 nella cittadina trapanese venne battezzato Matteo Messina Denaro, gli verrà affibbiato il soprannome u siccu (il magro), è accusato di diversi omicidi, degli attentati dinamitardi di Firenze, Roma e Milano, di associazione mafiosa, strage, devastazione ed un’altra sfilza di reati, dall’estate 1993 è divenuto irreperibile e le polizie di mezzo pianeta gli danno la caccia.
L’11 giugno scorso su tutto il territorio nazionale ci sono le consultazioni amministrative, il 28 aprile, però, il sindaco uscente di Castelvetrano, Felice Errante, presenta le dimissioni. In un paese normale un gesto simile è qualcosa di estremamente anormale. La risposta giunge da Roma il 7 giugno: “Il Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha deliberato ieri a Palazzo Chigi lo scioglimento del consiglio comunale di Castelvetrano (Tp), per accertati condizionamenti dell’attività amministrativa da parte della criminalità organizzata”, ovvero infiltrazioni mafiose.
Negli ultimi decenni le sorti municipali erano state rette da governi di centrodestra.
Comizi e commenti sono sospesi e tutti a casa. A Palazzo di Città l’11 giugno si insedia una Commissione prefettizia che si mette subito al lavoro senza badare al calendario e si accorge immediatamente di una voragine amministrativa senza precedenti: tributi non versati, mancate riscossioni, concessioni edilizie a man bassa, convenzioni a canoni risibili di cui ne hanno tratto giovamento anche i picciotti del grande boss.
Castelvetrano è divenuto un porto franco, un duty free gigantesco. Nell’ultimo quinquennio si è verificata una evasione fiscale globale. Il buco è di 42 milioni di euro. La quasi totalità dei castelvetranesi ha partecipato al saccheggio: commercianti, artigiani, imprese, liberi professionisti, aziende.
Mancano all’appello 35,5 milioni di entrate tributarie e 7,3 milioni di extra tributarie che riguardano imposte comunali su rifiuti, immobili, imposte pubblicitarie, forniture idriche.
L’ex sindaco Errante non si era accorto che nessuno aveva voglia di versare il dovuto. Vi è stata una mancata riscossione pari al 65% negli ultimi cinque anni, oltre la metà dei contribuenti non pagava a differenza della lotta all’evasione e al recupero che è avvenuta all’1,5%. Si tratta in sostanza di una evasione legalizzata o autorizzata, le numerosissime ingiunzioni andavano in prescrizione dopo 5 anni e tale andazzo era divenuto consuetudinario. Succedeva, anche, che le ingiunzioni tornassero indietro perché il destinatario risultava sconosciuto o perché non veniva recapitata e persino la riscossione coattiva tornava al mittente per le identiche ragioni.
A dicembre 2017 erano in fase di scadenza oltre 1700 cartelle esattoriali però ora la Commissione le ha notificate interrompendo un’abitudine consolidata. Le società che hanno accumulato i maggiori debiti sono: la Saibeb, impresa costruttrice dell’impianto di depurazione con 1.700.000 euro; la Gemmo, realizzatrice degli impianti di pubblica illuminazione, 1.800.000 euro; infine la Trapani Servizi, ente gestore della discarica che deve al Comune 700.000 euro.
Con molti evasori è stato concordato un piano di rientro rateizzato ed in cassa sono già pervenuti 1.500.000 euro, ma per la riscossione questa volta si sono affidati ad una società di Lucca.
Non potevano mancare gli scandali edili. Controllando le concessioni e le convenzioni i commissari si sono imbattuti in un caso emblematico. Il Comune versa alle Ferrovie dello Stato una locazione e questa viene affidata ad un privato che la utilizza a costo zero. Verificando le concessioni edili e incrociando i dati dei beneficiari sono arrivati ai favoreggiatori di Messina Denaro
che negli anni Novanta aveva confidato di voler costruire Castelvetrano 2, sul genere di Milano 2.
Le periferie cittadine sono cresciute in maniera spaventosa, tante lottizzazioni sono camuffate e abusive, e solo oggi in Comune stanno provvedendo alla revoca di alcune concessioni.
Tra queste vi è quella di Triscina Mare, un albergo residence di Michele Giacalone, presunto favoreggiatore di Messina Denaro, padre di Angela Giacalone che durante l’ultimo quinquennio amministrativo è stata assessore al Turismo. La concessione fu rilasciata in un’area di assoluta inedificabilità ed imponeva la demolizione di 3 villette già realizzate, mai eseguita. Il Giacalone nel 1996 fu arrestato e condannato per mafia per aver ospitato nel Triscina Mare i fratelli Giuseppe e Benedetto Graviano (coinvolti nelle stragi di Falcone e Borsellino, gli episodi dinamitardi di Firenze, Milano e Roma). Ora la concessione gli è stata revocata.
Nessuno mai si era accorto che i conti non quadravano e i mattoni si alzavano.
Guglielmo d’Agulto
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