I tunisini esporteranno 35.000 tonnellate di olio esentasse?
A Bruxelles devono decidere se per un altro anno o un altro triennio 35.000 tonnellate di olio di oliva tunisino devono entrare in Europa senza pagare un euro di dazio e balzelli oppure no, poiché, a parere della Tunisia, sino ad oggi hanno tratto pochissimi vantaggi dagli accordi stipulati nel recente passato.
La geniale idea scaturì dalla mente di Federica Mogherini, alto rappresentante della Politica Estera dell’Ue, che a settembre del 2015 di comune accordo con l’irlandese Phil Hogan, commissario all’Agricoltura, e la svedese Cecilia Malmstrom, commissario per il Commercio, decisero di facilitare l’export di 35.000 tonnellate di olio di oliva dalla Tunisia per il 2015, 2016 e 2017. Facilitazione che si aggiunse ad un altro beneficio di cui i tunisini già beneficiavano, ossia 56.700 tonnellate di olio di oliva tunisino erano esonerati dal pagare dazi nell’Ue. In sostanza per quel triennio dalla Tunisia sono entrate in Europa 91.700 tonnellate di olio di oliva senza pagare tasse e versamenti vari.
Mogherini, di provata fede comunista e sfegatata filorussa, in quei giorni dichiarò: “Periodi eccezionali richiedono misure eccezionali e questo è un segnale forte della solidarietà dell’Ue nei confronti della Tunisia”. Ben sintonizzati anche Hogan e Malmstrom che le fecero eco sostenendo che l’Ue era impegnata ad aiutare l’economia tunisina dopo gli eventi che avevano indotto l’ex presidente Ben Alì a dimettersi.
Hogan e Malmstrom provengono da paesi, Irlanda e Svezia, che non producono un grammo d’olio, che probabilmente non hanno mai visto un albero d’oliva e di conseguenza non comprendono i sacrifici che un agricoltore deve compiere per ottenere un chilo d’olio.
Le relazioni commerciali tra l’Unione Europea e la Tunisia sono regolate da un accordo euro mediterraneo di associazione sottoscritto nel 1995, il quale prevede che i produttori tunisini possano esportare nel nostro continente 56.700 di olio di oliva senza versare un euro di dazio.
Mogherini ha sempre guardato verso i paesi islamici con massimo rispetto e devozione, ogni qualvolta si è recata nelle regioni africane che si affacciano sul Mediterraneo ho sempre rigorosamente indossato il velo per riverenza e obbedienza. Assidua frequentatrice della spiaggia radical chic di Capalbio, preferita dalla gauche en cachemire, è sposata con Matteo Rebesani funzionario della ong Save the Children, laureata in Scienze Politiche ha discusso la tesi di filosofia politica sul rapporto tra la religione e la politica nell’islam.
Sarà per tutte queste ragioni che il ministro degli Esteri dell’Unione Europea escogita scorciatoie per agevolare paesi che depositano sui gommoni giovanotti indesiderati e li spediscono nella Penisola per delinquere e bighellonare avvantaggiando cooperative e associazioni rosse e bianche che si stanno ingrassando all’inverosimile.
Ma qualcuno a Bruxelles e a Roma si è preoccupato del disagio e dei danni che procurano ai nostri agricoltori? O, magari, tale elargizione è stata programmata per avvantaggiare altre lobby ben più potenti e organizzate degli olivicoltori? A cosa serve regolamentare il prodotto agricolo nazionale con la tracciabilità quando poi si agevola l’importazione di olio, riso, pasta e altro di cui non si sa assolutamente nulla? O forse si è alla ricerca dello scontro frontale con manifestazioni di piazza che non servono a niente e a nessuno?
A parole e discorsi governanti e politici si dichiarano tutori e paladini del Made in Italy, nel momento in cui devono far valere le proprie ragioni nei confronti di lobby e dei signori di Bruxelles allora si tappano la bocca e corrono in vacanza.
Sarebbe ora che, specie per i prodotti agricoli, si giungesse a controlli serrati per la tracciabilità di tutto ciò che entra ed esce dal nostro Paese per arginare e bloccare gli interessi delle lobby e delle multinazionali, in un ambiente ove circolano con estrema facilità avventurieri e speculatori. Sono risapute e note le continue operazioni di “chirurgia chimica” tramite le quali costoro riescono a conservare ed incrementare fette di mercato contravvenendo a tutte le regole, le norme e le leggi nazionali e comunitarie in vigore. Sono situazioni che hanno reso l’olio di oliva uno dei prodotti più coinvolti tra le numerose frodi alimentari.
In Italia importiamo maggiormente oli dalla Grecia, dalla Spagna e dalla Tunisia, vengono acquistati a prezzi concorrenziali e li utilizzano per lo più per miscellanee industriali con oli locali. Giungono nel nostro Paese dopo aver percorso centinaia e centinaia di chilometri in autobotti o nelle navi dopo ore e ore di trasporto che deteriorano e danneggiano le proprietà organolettiche.
L’olio importato successivamente viene mescolato con quello italiano per poter usufruire di una nuova identità, con gradevoli etichette e sotto la copertura di marchi storici e tradizionali. Una volta imbottigliato riprende la via dell’export con un brand italiano per far bella figura sugli scaffali esteri, come pure su quelli nazionali. A volte accade, non troppo raramente, che ritornano in Grecia, Spagna e Tunisia nelle boutique alimentari o nei ristoranti prestigiosi con una nuova veste, una nuova immagine ma soprattutto con un nuovo prezzo.
Come il più delle volte si verifica, a rimetterci sono i piccoli produttori ma innanzitutto il brand Made in Italy.
Guglielmo d’Agulto
Commenti
I tunisini esporteranno 35.000 tonnellate di olio esentasse? — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>