Anche caffè e alcol con le etichette come le sigarette?
I messaggi antifumo che si leggono sui pacchetti di sigarette, corredati di immagini forti, studiate con l’intenzione di informare, ma anche per impressionare e dissuadere dall’acquisto, dal consumo e da talune dipendenze.
Per combattere una simile assuefazione è stata proposta un’azione del genere anche per il caffè e le bevande alcoliche e superalcoliche, per limitare consumi eccessivi che diventano facilmente pericolosi e. di conseguenza, il consumatore dev’essere informato.
Pochi giorni fa la britannica Royal Society for Public Health (Rsph), una ente britannico con finalità di educazione alla salute, ha proposto un nuovo metodo per avvertire i consumatori di alcol dei rischi per la salute ai quali vanno incontro e le relative conseguenze.
Una persona su dieci sa del legame esistente tra alcol e tumori, una persona su sei è a conoscenza dei livelli di consumo considerati a basso rischio e quattro persone su cinque non sono in grado non sono capaci di stimare il contenuto calorico di un bicchiere di vino. Da questi dati cresce il desiderio di impegnarsi concretamente nell’informazione e la divulgazione di notizie sugli ipotetici danni procurati dall’alcol.
Partendo dai danni effettivi che procura l’alcol a quanti si mettono alla guida di un autoveicolo e la necessità di sapere i limiti che non deve superare. Il suggerimento della Rsph è di utilizzare un metodo di etichettatura identico a quelle delle sigarette, evidenziare il danno che genera ed il legame con il tumore al seno e all’intestino.
Il fumo e l’alcol sono classificate dallo Iarc, International Agency for Research on Cancer, agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ed una delle più quotate a livello mondiale, nella classe 1: cancerogeni per gli esseri umani.
Chi fuma e chi beve corre gli stessi pericoli. Inoltre l’alcol è correlato a oltre 200 patologie e rischi a partire dalla guida, allo scarso controllo dell’autovettura, alla modesta valutazione del rischio in caso di pericolo.
Rischi e pericolo non solo per sé ma innanzitutto per gli altri, del tutto estranei ed inconsapevoli.
Quando l’Europa nel 2011 approvò una regolamentazione, la nr. 1169/2011, secondo la quale qualsiasi cibo e bevanda avrebbe dovuto riportare un’etichetta per informare l’acquirente sui valori nutrizionali e gli ingredienti, tale regolamento era valido per tutto tranne che per le bevande alcoliche.
Questa assurda eccezione sospinta dalle potenti lobby settoriali tra mille mugugni e fumosi dibattiti venne accettata e approvata.
Alcuni produttori resisi conto dello scempio materializzatosi a Bruxelles, di loro spontanea volontà hanno fatto stampare etichette informative sui possibili danni che potrebbero procurare.
Per farsi perdonare della scelleratezza legislativa, a marzo scorso la Commissione europea ha sollecitato i produttori ad inoltrare entro un anno delle regole specifiche che saranno valutate ed eventualmente approvate.
Nel frattempo è stato preparato un vademecum sulle informazioni che dovrebbero contenere le nuove regole a partire dall’indicazione della quantità di calorie per porzione, del contenuto di alcol in grammi e le unità alcoliche presenti ed eventualmente consigli e avvertimenti per i bevitori.
Messaggi che diventano determinanti qualora chi beve è in gravidanza o non gode di buona salute.
Tali informazioni oltre che a procurare un bene al consumatore indicherebbe la responsabilità sociale dell’azienda produttrice.
Parecchio differente è l’etichettatura del caffè. La Cert, Council for Education and Research on Toxics (Consiglio per l’educazione e la ricerca sui tossici), organizzazione californiana senza fini di lucro, ha denunciato alcuni produttori di caffè in quanto commercializzano senza avvisare dei possibili rischi dovuti al consumo della bevanda.
Il riferimento è in particolare al contenuto di acrilamide, una sostanza che si produce durante la tostatura del caffè e che secondo lo Iarc è di classe 2°, probabilmente sostanza cancerogena, alla pari di molte altre bevande molto calde e presente anche nelle patatine fritte, nei cereali utilizzati per la colazione e altri ancora.
Le aziende hanno ribadito che il contenuto dell’acrilamide nel caffè è considerato entro i parametri sicuri per legge e che i benefici della bevanda superano gli ipotetici rischi.
A volte, comunque, è obbligatorio far ricorso al buon senso, evitare di divenire generalisti e combattere contro i mulini a vento.
Riccardo Dinoves
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