Servono maggiori studi e ricerche per le malattie rare
Mostra che ci sei, al fianco di chi è raro! lo slogan dell’undicesima Giornata Internazionale delle Malattie Rare celebratasi in tutto il mondo il 28 febbraio.
Show your rare, show you care, il claim originale del 2018, è una chiamata globale diretta a policy makers, industria, operatori sanitari ma soprattutto rappresentanti del mondo della ricerca, affinché diano voce ai 300 milioni di malati rari del mondo e sostengano la ricerca che i pazienti per primi contribuiscono a favorire, attraverso la loro partecipazione attiva e la costante attività di networking.
La Giornata è stata promossa da Eurordis, l’Organizzazione Europea per le Malattie Rare che riunisce 762 associazioni di pazienti in 69 paesi diversi, e che promuove il Programma Rare Barometer, iniziativa volta a condurre indagini per tradurre in cifre le esperienze dirette dei malati rari, a beneficio dei decisori e della ricerca scientifica.
L’ultima indagine di febbraio 2018 misura proprio il livello di coinvolgimento dei pazienti nella ricerca clinica sulle malattie rare: i risultati saranno di aiuto per individuare meglio priorità e obiettivi delle sperimentazioni e soprattutto i possibili ostacoli da rimuovere per favorire la maggiore inclusione dei malati rari nella ricerca scientifica.
Uno dei principali risultati riguarda il numero dei malati rari che hanno preso parte ad almeno un progetto di ricerca nella loro vita: solo il 37%, di cui il 18% per sviluppo di nuove terapie e il 15% per indagini sulla qualità della vita.
Si rilevano differenze di genere da colmare, le donne sono sempre meno rappresentate negli studi, nonché discrepanze a livello geografico nell’accesso alla ricerca. L’Italia per fortuna si attesta al quarto posto tra le nazioni con il più alto tasso di partecipazione di malati rari a progetti di ricerca per sviluppo di nuovi trattamenti, terza in Europa dopo Germania e Olanda.
La principale motivazione che spinge i pazienti con malattie rare a prendere parte alla ricerca clinica è la possibilità di contribuire al progresso scientifico a vantaggio della comunità, ma ovviamente anche di ricevere nuove opzioni di trattamento.
L’instaurarsi di un rapporto di fiducia con i ricercatori è il fattore fondamentale che contribuisce alla soddisfazione del malato raro che partecipa ad un progetto di ricerca, così come l’essere seguiti da vicino e con regolarità dal team di ricercatori.
Il gap da colmare, secondo i pazienti, è quello degli investimenti: benché nelle ultime due decadi si sia assistito ad un sostanziale incremento della ricerca nelle malattie rare, resta ancora molto da fare per promuovere il coinvolgimento di popolazioni più ampie nelle sperimentazioni cliniche e per un maggiore coordinamento degli studi sulle stesse patologie. Riuscire a coprire tutte le 6.000 malattie rare è una sfida ancora aperta.
Peraltro, molti dei risultati frutto dei trials per lo sviluppo di nuovi farmaci orfani consentono spesso di avere ritorni in termini di conoscenza anche per altre patologie più comuni, aspetto che effettivamente potrebbe incoraggiare la ricerca in questo settore.
L’Agenzia Italiana del Farmaco promuove da anni la ricerca indipendente nell’ambito delle malattie rare e anche nel 2017 la risposta al bando in quest’area tematica da parte dei ricercatori no-profit ha registrato il numero più alto di protocolli presentati: ben 151 sul totale di 414.
Lo stesso è accaduto per il bando precedente, che ha visto il finanziamento di 23 progetti legati alla ricerca sulle malattie rare sui 40 totali approvati.
Al momento i trattamenti farmacologici autorizzati e disponibili in Europa per la cura di malattie rare sono più di 140.
Ed il trend di nuove approvazioni è sempre in crescita, come descritto in una recente infografica a cura dell’EMA. In Italia sono circa 100 i diversi principi attivi disponibili a carico del Servizio Sanitario Nazionale, consultabili nell’elenco specifico periodicamente aggiornato sul sito dell’AIFA e molti sono in fase di conclusione dell’iter di negoziazione, a seguito dell’approvazione da parte dell’EMA.
Per garantire l’accesso in tempi rapidi ai nuovi farmaci orfani e quindi la possibilità di ridare una speranza di cura ai malati rari, l’Agenzia Italiana del Farmaco si avvale di diversi strumenti: primi fra tutti i fondi ad hoc, quello per i Farmaci Orfani nonché il Fondo per i farmaci innovativi, che consentono la totale rimborsabilità di queste cure – dai costi molto ingenti – da parte del Servizio Sanitario Nazionale.
Inoltre, ancor prima della loro autorizzazione, l’AIFA permette l’accesso ai trattamenti per le malattie rare tramite il ricorso all’uso compassionevole e alla legge 648/96.
Una volta autorizzati, poi, ne accelera il percorso di ammissione alla rimborsabilità da parte del SSN, assegnandoli fin da subito alla classe Cnn (fascia C non negoziati) e fissando ad un massimo di cento giorni le procedure di contrattazione del prezzo.
È questo, ad esempio, il percorso che ha seguito in Italia il primo farmaco per il trattamento della atrofia muscolare spinale, il nusinersen (Spinraza), che a settembre 2017, in meno di 120 giorni, è stato reso disponibile per i piccoli pazienti affetti da SMA accedendo al Fondo per i farmaci innovativi (non oncologici).
Nei mesi precedenti, invece, un’altra terapia innovativa a base di edavarone per la cura della sclerosi laterale amiotrofica, era stata concessa ai pazienti eleggibili proprio grazie alla legge 648/96, prima di essere ufficialmente autorizzata dall’AIFA.
E continuando a ritroso nella storia più recente delle approvazioni dei medicinali orfani in Italia non possiamo non citare il “caso” Strimvelis: un iter paradigmatico di virtuosa collaborazione fra ricerca non profit, azienda farmaceutica, associazioni dei pazienti e non da ultimo ente regolatorio, che ha consentito l’accesso al primo farmaco per la cura di una malattia rarissima, causata da immunodeficienza grave combinata da deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID).
Rare sono le malattie, ma non i pazienti, recitava uno degli slogan delle passate edizioni della Giornata delle malattie rare.
È il principio che muove la ricerca clinica in questo ambito e la possibilità di trovare strade per non lasciare soli i malati e le loro famiglie, aggiungiamo noi.
Una responsabilità morale a cui tutti siamo quotidianamente chiamati.
Mario Melazzini
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