L’Ue autorizza il glifosato ma il Prosecco lo allontana
A Bruxelles cedono alle lobby dell’industria chimica e concedono per altri cinque anni ad una serie di prodotti chimici in agricoltura che rendono frutta e verdura parecchio bella e fotogenica i cui effetti sono particolarmente nocivi per la salute dei consumatori, dei produttori e dei cittadini che risiedono nelle zone ove quintali e quintali di concimi vengono utilizzati.
Nel 2017 le aziende produttrici di Prosecco Doc hanno messo al bando Mancozeb, folpet e glifosato, nelle scorse settimane l’Ue ha permesso l’utilizzo dei velenosi erbicidi invece i quindici sindaci del territorio delle bollicine hanno comunicato che da gennaio 2019 sarà vietato impiegare nei terreni il glifosato.
I quindici sindaci vogliono puntare sulla crescita sostenibile del territorio per una maggiore tutela della salute ed un ulteriore sviluppo turistico.
Tra gli obiettivi dei primi cittadini vi è anche lo spiraglio per accedere alla candidatura dei siti tutelati dall’Unesco, visto che anche le Langhe ed il Monferrato, dal 2014, sono stati dichiarati Patrimonio Mondiale dell’Unesco.
La tecnologia negli ultimi anni ha consentito una riduzione del consumo con l’utilizzo di nuovi macchinari come il pirodiserbo e l’idroriserbo ma nella collina dell’area Docg, 7.500 ettari, l’uva viene vendemmiata ancora a mano ed usare quelle attrezzature per estirpare l’erba è pressoché impossibile data la morfologia del terreno.
Proseguire a vendemmiare a mano significherebbe un incremento del costo della bottiglia.
Tra l’altro il glifosato è il primo artefice dell’ingiallimento dell’erba sotto i filari.
Secondo alcune stime il consuno di fitosanitari venduti in provincia di Treviso è calcolato intorno a 4.000 tonnellate contro le 17.000 consumate nell’intero Veneto.
L’istanza inoltrata dal Consorzio di Tutela Prosecco Doc è già stata ratificata dalla Regione Veneto e Friuli-Venezia Giulia, ora spetta al Mipaaf deliberare la modifica che sarà successivamente adottata dal Disciplinare. Da quel momento in poi qui produttori che non rispetteranno il regolamento non potranno apporre l’etichetta di Prosecco sulle bottiglie.
Parecchio distanti i produttori piemontesi delle Langhe, del Monferrato e del Roero poiché il diserbo praticato con sostanze come il glifosato non è ancora stato messo al bando ed è parzialmente usato persino nelle zolle del Barolo, del Barbaresco, della Barbera e del Moscato.
Ovvio che non è un gran vanto nei confronti di quanti visitano quelle celebri colline premiate dall’Unesco o di quanti comprano talune bottiglie che facilmente superano i cento euro cadauno.
È, perciò, naturale chiedersi come mai il Veneto del Prosecco ha recepito taluni messaggi e segnali di cambiamento a differenza del Piemonte piuttosto lento e restio.
Dall’assessorato all’Agricoltura di Torino si sono affrettati a rispondere che “In Piemonte ci sono diverxe produzioni che sono già molto avanti rispetto al tema della sostenibilità, anche perché è entrato a far parte del marketing. E poi, non esiste l’urgenza di adottare regolamenti, poiché di fatto arriveremmo ad imporre norme superate dalla realtà dei fatti”.
Ci tengono a precisare che negli ultimi anni il vigneto biologico è più che raddoppiato e le conversioni sono in costante aumento.
A loro parere sono in linea con il Piano di azione nazionale che obbliga ad andare verso una riduzione dei prodotti fitosanitari.
Può essere un segnale il fatto che a tirare la volata bio siano state non solo molte piccole imprese, ma anche e soprattutto aziende leader come Ceretto, Gaja o Fontanafredda, mentre anche una cooperativa come Terre del Barolo ha appena adottato un protocollo restrittivo per i suoi 300 soci.
Anche il vertice del Consorzio di tutela del Barolo e Barbaresco concorda con il pensiero dell’assessorato regionale all’Agricoltura dato che nei mesi scorsi hanno avviato un programma di analisi dei residui nel tentativo di comprendere coda rimane nei terreni, nell’uva e nel vino.
Successivamente, sostengono, prenderanno in considerazione non solo i diserbanti ma tutti i trattamenti eseguiti, visto che pure zolfo e rame in eccesso diventa facilmente nocivo e dannoso.
Serve anche rammentare che i regolamenti restrittivi emessi in territori pianeggianti e facilmente meccanizzabili è parecchio più semplice che non in zone di collina, principalmente per quei vitigni non sono eccessivamente vantaggiosi dal punta di vista economico.
I maligni insinuano che in Piemonte le lobby del farmaco esercitano un potere maggiore che nel Veneto del Prosecco. Non sono pochi i tecnici piemontesi che ancora seguono delle culture tradizionali e sono un tantino restii ad accettare tecnologie innovative e alternative.
Però questa è la strada del domani e, fortunatamente, numerosi imprenditori se ne sono resi conto.
Raimondo Adimaro
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