L’etichetta della pummarola Made in Italy è legge
Arriva l’etichetta di origine obbligatoria che salva la pummarola Made in Italy dall’inganno dei prodotti coltivati all’estero ed importati per essere spacciati come italiani.
È quanto afferma la Coldiretti nell’annunciare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018 del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro, firmato dal Ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina di concerto con quello dello sviluppo economico Carlo Calenda.
Un passo determinante per tutelare un patrimonio di oltre 5 miliardi di chili di pummarola italiana che rappresenta una componente fondamentale della dieta mediterranea come richiesto dall’82% dei consumatori nella consultazione on line sull’indicazione di origine obbligatoria degli alimenti.
La Coldiretti ha scelto l’Hotel Ergife in via Aurelia a Roma per presentare le nuove etichette con esempi concreti e spiegando nei dettagli le modalità ed i vantaggi che apporteranno le nuove regolamentazioni.
Finalmente sono tolte dall’anonimato tutte le coltivazioni di pomodoro diffuse lungo tutta la penisola su circa 72.000 ettari da 8mila imprenditori agricoli e destinati a 120 industrie di trasformazione nelle quali trovano lavoro in Italia ben 10mila persone.
Dopo 10 anni di confronti e dibattiti, di lentezza burocratica e cavilli fantasiosi che ne hanno rallentato l’entrata in vigore, si completa per tutti i derivati del pomodoro il percorso di trasparenza iniziato il primo gennaio 2008 con l’entrata in vigore definitiva dell’obbligo di etichettatura di origine per la sola passata di pomodoro.
- a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;
- b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE e NON UE.
Se tutte le operazioni avvengono nel nostro territorio si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.
Per consentire lo smaltimento delle scorte i prodotti che non soddisfano i requisiti previsti dal decreto, perché immessi sul mercati sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, possono essere commercializzati entro il termine di conservazione previsto in etichetta.
Si tratta di un’attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero sono arrivati nel 2017 ben 170 milioni di chili di derivati di pomodoro che rappresentano circa il 25% della produzione nazionale in equivalente di pomodoro fresco. Un fiume di prodotto che per circa 60 milioni di chili arriva dagli Stati Uniti e per oltre 35 milioni di chili dalla Cina, prodotti che giungono tramite navi e sbarcano in fusti da 200 chili di peso cadauno di concentrato. Il contenuto dei fusti successivamente lo si rilavora e lo si confeziona mettendolo in circolo come pummarola italiana poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro.
I derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria, secondo le stime della Coldiretti.
Ad essere preferiti, sono stati nell’ordine: le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati.
“Finalmente sarà possibile fare scelte di acquisto consapevoli e decidere se comprare prodotti che arrivano da migliaia di chilometri di distanza spesso senza garantire gli standard di sicurezza europei oppure pomodori Made in Italy per sostenere l’economia e il lavoro sul territorio nazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’evidenziare che “l’indicazione dell’origine consentirà di valorizzare la qualità delle produzioni tricolori”.
Claudia Treves
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