Il folto esercito dei fecondi elemosinieri di professione
Sono a Como per parecchie commissioni. Posteggio la macchina al parcheggio del mercato coperto in via Sirtori.
Mi ricorda le tante partite a calcio in quello che era il campetto del seminario. La macchinetta per il tagliando è presidiata da una giovane zingara che comincia a enumerare i figli e le loro problematiche di salute che richiedono il tuo immediato intervento economico.
Arrivo davanti all’entrata del mercato e mi trovo davanti tre baldi giovani africani, che ti chiedono l’obolo e nelle pause tra un “cliente” e l’altro telefonano con telefoni fantastici (ma non vorremo vietare loro anche le telefonate …). Uno dei tre veniva quasi tutti i giorni a san Giuliano e, dopo aver partecipato alla Messa, si metteva alla porta della chiesa con il cappellino in mano, salutando tutti e comportandosi con grande discrezione.
Abita a Saronno e ogni giorno prende il treno per venire a Como a “lavorare”. Per curiosità, guardo anche l’altro ingresso del mercato, in via Mentana, e sto per qualche minuto a osservare i tre giovani africani che sorvegliano le entrate. Questi sono più pedanti e insistenti, rispetto a quelli di via Sirtori, e puntano in particolare le donne anziane. Più scafati, mi vien da pensare, ma non è una tecnica molto vincente, perché indispone il potenziale elemosinante. Devo andare in via Cadorna e attraverso i giardinetti di piazza Vittoria, occupati da un piccolo accampamento di barboni nostrani, con diversi cani, i quali barboni filosofeggiano sui massimi sistemi politici.
È mattina, ma dalle voci impastate e dal numero di bottiglie di birra e di cartoni di Tavernello vuoti che fanno bella mostra di sé sulle panchine dell’improvvisato Aeropago, deduco che l’ispirazione di quei discorsi sia dovuta anche a una buona dose di spirito alcolico.
Torno al parcheggio del mercato e, miracolo, la giovane zingara è invecchiata! Al suo posto infatti ce n’è una anziana che pronuncia una cantilena poco comprensibile nei riguardi di tutti coloro che si avvicinano alla macchinetta.
Salgo in macchina e vado all’autosilo del Valduce. Poi mi reco in banca e per andare in centro percorro via Dante. Una ventina di metri prima dell’ingresso dell’ospedale una giovane zingara con due bambini piccoli, accasciata sul marciapiede, tende la mano augurando ogni bene. È una vecchia conoscenza di san Giuliano. Ma sembra mancare qualcuno … no, mi ero sbagliato, non manca nessuno. Appostato ad una ventina di metri oltre l’ingresso c’è il marito, giovane zingaro piuttosto paffutello, che con voce lamentosa e un altro bambino al seguito cerca di impietosire i passanti.
Attraverso viale Lecco e mi spingo verso il centro storico. Davanti alle poste ci sono due africani venditori di libri, ma sono impegnati con due possibili acquirenti. Non sfuggo, però, all’africano piazzato davanti alla Ubik. Anche lui vende libri e gli spiego che ormai ne ho talmente tanti, di quei libri africani, che potrei iniziare a venderli anch’io. Non so se capisce bene quello che dico, ma comunque parla un buon italiano. Quando esco dalla libreria il giovanotto inizia a seguirmi. Gli chiedo da dove viene e apprendo che è senegalese, che ha una moglie e tre figli in Senegal, che da quasi dieci anni è in Italia, che abita a Milano e che viene a Como per vendere libri e paccottiglia.
Siamo ormai in via Luini. Quando capisce che non ho intenzione di acquistare mi chiede un’offerta. Gli do qualche euro, raccomandandogli di comperarsi un panino, e mentre lui torna alla sua postazione io entro nella zona di influenza di altri due venditori di libri, impegnati a parlare fitto fitto con due donne anziane.
Dopo aver incrociato un altro africano e un asiatico (cingalese o pakistano o indiano), arrivo in piazza del Duomo. Non si può non fare una visita alla nostra splendida cattedrale, per raccogliersi un po’ in preghiera e rimanere qualche istante con Gesù Eucaristia.
Chissà, forse è più facile vedere Gesù in un tabernacolo piuttosto che vederlo in tutte quelle persone che ho incontrato prima. Ma mi viene da pensare che anche le povere vecchiette braccate dai suddetti “Gesù” sono Gesù.
E che non tutti i mendicanti sono poveri. E che la maggior parte di loro, vista l’età, potrebbe tranquillamente andare a lavorare. Ma, si sa, qualcuno il lavoro non lo trova mai …
Esco dal Duomo e vedo uno dei personaggi più tipici della zona: la vecchietta curva che porge ai passanti il bicchierino di plastica in cui mettere l’obolo e che scaglia maledizioni a chi non le dà niente. Qualcuno ha osato mettere in giro la voce che tutti i giorni, se si avesse la pazienza di seguirla verso le ore 18, si assisterebbe allo strabiliante miracolo di una donna curva che si raddrizza e cammina spedita verso un furgone guidato da un uomo grande e grosso che la passa a prendere. Ma di certo queste sono voci messe in giro da populisti razzisti che odiano gli zingari.
Do uno sguardo a via Vittorio Emanuele, giusto per vedere, in zona farmacia, un uomo con cartello che chiede di essere sostenuto economicamente (non sarà per caso quello multato diverse volte dai vigili e che continua imperterrito a stazionare in quel posto, perché le multe come fa a pagarle?) e mi avvio in piazza Verdi, giusto per osservare gli ultimi due africani venditori di libri, che abbordano due giovano turiste.
Arrivo all’autosilo e, come saluto della città di Como, sento la cantilena della giovane zingara che presidia la cassa dove pagare. Anche lei ha tanti bambini e deve comprare medicine e pannolini.
Esco dall’autosilo un po’ pensieroso. Pensieri brutti, forse.
Per esempio che molti,troppi, si approfittano del nostro essere cristiani e ci ricattano moralmente. Se non diamo l’elemosina ci sentiamo in colpa e così continuiamo a foraggiare parassiti, alcolizzati, sfruttati e sfruttatori.
Per esempio che non è dignitoso per una persona vivere di elemosina. E se lo fa per scelta non può avermi come complice delle sue scelte, che reputo sbagliate.
Fino a che punto l’assistenzialismo fa bene alla società? Chi ha il potere di farlo non può trovare soluzioni rispettose di tutti, del venditore africano (o italiano o americano o russo) e della vecchietta importunata?
Capisco che non sia facile. Ma almeno bisogna provarci.
Le ordinanze dei sindaci sono anche questo: un modo per provare a risolvere i problemi. Si potrà anche sbagliare, ma almeno ci si prova.
E noi cristiani dovremmo tener presente che Gesù dobbiamo vederlo in tutti. Anche nei sindaci e nei vigili.
don Roberto
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