Dopo il freddo gelido del burian ora il rischio siccità
Siamo arrivati quasi ad aprile e per le strade tanta gente va in giro ancora con sciarpe, guanti e cappelli.
Un assaggio di primavera non ci è stato concesso, nei giorni scorsi un altro colpo di coda dell’inverno.
Il brusco abbassamento delle temperature ha fatto scattare nelle campagne l’allarme gelo sulla fioritura di mandorli, susini, peschi e albicocchi per la perdita dei prossimi raccolti.
Gli agricoltori proseguono ad accusare le frustate delle intemperie dopo le recenti ondate di neve e gelo provenienti dalla Russia sulla penisola, a primavera iniziata.
Questo clima pazzo presenta una bolletta da oltre 680 milioni di euro di mancato fatturato per l’ortofrutta.
Pesante anche il contraccolpo per il settore florovivaistico, con il crollo di molte serre e i continui sbalzi della colonnina di mercurio che ha portato a danneggiare il 25% della produzione nazionale.
Se la temperatura non torna ai livelli di un fine marzo normale le preoccupazioni proseguiranno, a rischio ci sono anche le primizie di stagione salvate dalla precedente tempesta siberiana di burian come asparagi e fragole sotto serra, cetrioli, zucchine e meloni con la possibilità della sovrapposizione tra qualche settimana delle colture protette con quelle a pieno campo.
E il persistere del maltempo rischia inoltre di posticipare le semine primaverili nei terreni inzuppati d’acqua.
L’inverno 2018 è stato uno dei più orribili e lascia nelle campagne almeno 300 milioni di euro di danni a carico di decine di migliaia di aziende lungo tutta la penisola.
Una delle province più colpite è stata quella di Mantova. Ingenti danni sono state rilevati a carico dei meloni, dei prati stabili, delle coltivazioni di piccoli frutti, fino alle api e alle imminenti semine di mais e barbabietole.
Il freddo e le piogge hanno messo in difficoltà il mondo agricolo. Se la coltura ad essere più a rischio è la barbabietola da zucchero, anche i meloni stanno subendo danni, circa il 5-10% delle piantine seminate sono morte e dovranno essere sostituite, con maggiori costi, anche di manodopera, entro le prossime settimane.
“Le gelate hanno danneggiato quelle stesse piante che avevano subito la grandine nel 2017 e il freddo di fine febbraio”, rende noto la Cia dell’Emilia Romagna.
La regione ha infatti inviato al Governo la richiesta di stato di emergenza nazionale, precisando che “in tutto il territorio regionale è di quasi 115 milioni di euro la stima dei danni segnalati da comuni, province, servizi tecnici regionali, consorzi di bonifica e gestori dei servizi pubblici”.
Se, invece, si guarda il bicchiere con ottimismo ci si accorge di qualche beneficio, perché con l’aumento delle precipitazioni invernali ha di positivo che sono state riempite le falde acquifere e gli invasi che per eventuali necessità di acqua nei periodi estivi si potranno irrigare le campagne in abbondanza.
Altro aspetto positivo è quello di non aver notato aumenti dei 0prwezzi dei prodotti nonostante i numerosi danni procurati dal maltempo e dal burian siberiano.
Scendendo lungo la penisola a Castelluccio, nell’area umbra colpita dal terremoto, sarà ritardata la semina della pregiata lenticchia.
Tra Toscana, Lazio e Marche sono centinaia le aziende colpite dal freddo che ha danneggiato le gemme e quindi compromesso una parte del raccolto.
Il Sud non è da meno in quanto a recriminazioni. Le gelate hanno distrutto le coltivazioni di favino in Basilicata, enormi danni ha subito la Cipolla rossa di Tropea che rischia di non essere reperibile sui mercati e quelle poche diverranno merce rara a costi elevati.
In Puglia danneggiati i mandorli e in Campania le colture orticole in campo.
Le temperature basse hanno spaccato la corteccia ad almeno 25 milioni di piante di olivo in Puglia ed in parte anche in Abruzzo e nel Lazio, sono state bruciate le gemme spogliato le foglie.
Nonostante le precipitazioni gli invai del Sud non si sono riempiti, il rischio siccità è abbastanza concreto dopo un 2017 durante il quale vi è stato il 27% di precipitazioni in meno sui dati Isac Cnr.
Da un monitoraggio effettuato dall’Anbi, Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, nei più importanti invasi del Meridione si trovano appena 1.500 milioni di metri cubi di acqua, circa 1/3 in meno di quanto ve ne era lo scorso anno.
La pioggia è indispensabile per ripristinare le riserve idriche nelle montagne, nei laghi, nei bacini e nei terreni, però deve cadere in maniera continua e non violenta per poter essere assorbita bene, gli acquazzoni, al contrario, procurano spesso solo dei danni e provocano allagamenti e smottamenti.
Raimondo Adimaro
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