È necessario ridurre lo spropositato uso di antibiotici
Per anni nelle nostre case si è fatta incetta e scorta di ogni genere di farmaco con un’alta percentuale che finiva nella pattumiera, poi sono arrivati i ticket e lo spreco è stato ridotto.
Complici e autori scellerati del fenomeno lo sono stati in egual misura medici e pazienti.
Nei giorni scorsi è stato pubblicato un report che desta non poche preoccupazioni: a livello planetario si consumano troppi antibiotici. In tre lustri vi è stato un incremento del 65%, è quanto denuncia il
nella graduatoria l’Italia è posizionata al 15° posto.
Si corre un rischio concreto che i batteri sviluppino resistenze sempre maggiori e qualora i batteri che provocano le più comuni infezioni diventato resistenti agli antibiotici che assumiamo si potrebbe andare incontro a dei veri e propri disastri.
Il ritornello di ridurre l’utilizzo degli antibiotici è un ritornello che le autorità sanitarie e i ricercatori dell’intero pianeta lo ripetono da decenni. Sinora i messaggi e le iniziative attuate per bloccare il dilagare dell’utilizzo dei farmaci in modo spropositato e superfluo ha prodotto sterili risultati.
Un avvertimento ribadito ancora una volta dal mondo scientifico e che accompagna l’ultimo report del Center for Disease Dynamics, Economics and Policy (Cddep) di Washington DC sul consumo di antibiotici a livello globale, dal quale è emerso che dal 2000 al 2015 c’è stato un incremento del 65%.
Lo studio, appena pubblicato su Pnas, ha coinvolto 76 Paesi, tra cui anche l’Italia, e ha ricavato le stime di utilizzo di antibiotici su scala mondiale a partire dai dati di vendita tra il 2000 e il 2015.
L’indagine ha rivelato che il tasso di consumo di antibiotici è aumentato dalle 11,3 dosi giornaliere per ogni 1000 abitanti del 2000 alle 15,7 del 2015, segnando complessivamente un incremento del 65% su tutto il periodo preso in esame.
Scendendo nel dettaglio si scopre che l’aumento maggiore è avvenuto in quei Paesi a basso e medio reddito (114%), che grazie allo sviluppo economico hanno avuto maggiore accesso a questa categoria di farmaci. Il consumo di antibiotici in questi Paesi, tuttavia, rimane comunque non paragonabile all’utilizzo di antibiotici dei Paesi ad alto reddito (seppure in alcuni di essi si sia mostrato un lieve calo di utilizzo).
L’Italia, con un consumo ogni 1000 abitanti di circa 30 dosi al giorno, è al 15° posto tra i 76 paesi presi in esame nei 15 anni.
Peggio di noi fanno per esempio la Spagna e la Grecia, situate in terza e quarta posizione, mentre sui gradini più alti troviamo la Turchia e la Tunisia che sono ai primi due posti intorno alle 48 dosi al giorno ogni mille abitanti.
Tra i vari risultati particolare attenzione va data all’aumento dell’utilizzo in tutti i Paesi di antibiotici di ultima istanza, anche di alcuni tipi caduti in disuso in passato per la loro tossicità (come la colistina), indizio che i batteri stanno sviluppando resistenza verso le più comuni classi di antibiotici.
Dati molto significativi, secondo gli autori dell’indagine, che però mostrano anche dove e come è possibile intervenire per ridurre il consumo di antibiotici.
“Nei Paesi ad alto reddito, la cosa più importante che ha ridotto la mortalità dalle malattie infettive nel XX secolo sono state le infrastrutture”, ha dichiarato al Guardian Eili Klein, uno degli autori dello studio. “Separare i rifiuti dall’acqua potabile e clorurare l’acqua sono state alcune delle azioni più importanti”.
Sviluppare questo sistema di pulizia e separazione nei Paesi in via di sviluppo non potrà che portare beneficio.
Ma i consigli non si fermano qui.
Oltre alle forniture di acqua pulita, gli autori sostengono che altro aspetto di assoluta importanza sono i programmi di vaccinazione che potrebbero aiutare a frenare l’uso eccessivo di antibiotici e quindi arginare le infezioni resistenti ai farmaci.
Questo perché spesso gli antibiotici vengono somministrati anche per quelle che in realtà sono infezioni virali, che dunque non ne necessiterebbero. Immunizzare la popolazione verso influenze o virus che causano la diarrea potrebbe ridurre l’uso di antibiotici a pioggia.
“Trovare soluzioni praticabili è essenziale e ora disponiamo di dati chiave”, è la convinzione di Eili Klein. “Ora, più che mai, abbiamo bisogno di interventi efficaci”.
Opinione ribadita da Ramanan Laxminarayan, direttore del Cddep, che ha fatto notare come ormai più di un anno fa l’Assemblea generale delle Nazioni Unite abbia riconosciuto la minaccia globale della resistenza agli antibiotici, ma che da allora siano state intraprese poche azioni.
“Dobbiamo agire in modo deciso e dobbiamo agire ora in modo completo per preservare l’efficacia degli antibiotici”, ha ribadito Laxminarayan. “Questo include soluzioni che ne riducano il consumo, come vaccini o miglioramenti delle infrastrutture, in particolare nei Paesi a basso reddito e a medio reddito: i nuovi farmaci possono fare ben poco per risolvere il problema della resistenza se questi stessi farmaci vengono poi utilizzati in modo inappropriato, una volta introdotti”.
Guglielmo d’Agulto
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