13 partiti e tanti politici coinvolti nel baratro del Mps
La banca Monte dei Paschi di Siena nasce nel 1472 come Monte di Pietà per offrire aiuto e sostegno alle classi disagiate della popolazione della città di Siena. Oggi è la più antica banca in attività dell’intero pianeta.
Cinque secoli abbondanti di storia, di benessere di cultura. Sino a quando ha saputo resistere alle false sirene della classe politica è cresciuta e si è rafforzata in Italia ed in Europa.
Dal giorno in cui politici sprovveduti e ingordi si sono intrufolati abusivamente nel maestoso palazzo di Piazza Salimbeni è principiato il saccheggio ed in pochissimi anni la cancrena ha preso il sopravvento. Hanno sperperato un patrimonio secolare elargendo a compagni e a parenti.
Da colosso granitico in breve è divenuto colosso d’argilla ed è dovuto intervenire il ministero dell’Economia per salvare ciò che era rimasto, oggi il 70 percento delle azioni è in mano al dicastero economico gravando sulla collettività per circa 7 miliardi ed incidendo sui conti pubblici in maniera determinante nel rapporto deficit-Pil e debito-Pil. Parametri sui quali i soloni dell’Europa si ergono paladini per chiedere all’Italia continue manovre aggiuntive che diventano sberle ed offese ai contribuenti sotto forma di innovativi balzelli fiscali a destra e a manca.
Non appena insediatosi il governo Gentiloni si preoccupò di assegnare 20 miliardi a favore dei lanzichenecchi che avevano saccheggiato la Popolare di Vicenza, la Veneto Banca ma principalmente il Monte dei Paschi di Siena.
A minare le fondamenta del Mps, naturalmente, sono stati grandi imprenditori e grosse aziende che hanno intascato prestiti a 6 e 9 zeri senza rimborsare un euro, tutelati e salvaguardati da governi, banchieri e finanzieri che si sono adoperati per celare e imboscare pratiche e scandali.
Gente senza scrupoli e con i guanti di velluto. Una delle ultime farse, in ordine cronologico è stata la commissione banche, creata ad hoc,
presieduta dal sorridente Pier Ferdinando Casini il quale dopo settimane di lavoro e di ricerche non è riuscito a trovare neppure un’ombra di colpevoli che hanno dilapidato l’Etruria, la Banca Marche e l’immancabile Mps.
Abbiamo assistito alla sceneggiata di Maria Elena Boschi nella veste di ministro e di figliola dell’ex vice presidente dell’Etruria, la quale per proseguire a godere di impunità parlamentare è stata candidata nella dolomitica Bolzano piuttosto che nella natia Arezzo.
Il bravo Casini non è stato capace di comprendere che fine abbiano fatto i 48 miliardi di crediti marciti e accumulati, oltre alla beffa dei trattamenti privilegiati concessi agli stessi manager del tracollo, forse per timore che principiassero a raccontare aneddoti e fatterelli inediti e artatamente celati.
A furia di spulciare e domandare si è venuto a conoscenza che al 31 dicembre 2017 il Mps “vanta crediti nei confronti di 13 partiti politici per complessivi 10 milioni di euro, di cui 9,7 milioni non performing”.
Performing tradotto significa deteriorati, in sofferenza, non recuperabili ossia carta straccia. Il Mps ha dovuto rispondere al sollecito di un azionista che ha perso il 99 percento del suo capitale iniziale investito.
I responsabili di Piazza Salimbeni, mettendo sempre nero su bianco, hanno riferito che Mps “vanta crediti complessivi per 67 milioni”,
di cui 61 non performing , nei confronti di “persone fisiche che occupano o che hanno occupato importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami”.
Nella fattispecie dei 9,7 milioni di euro di crediti non performing nei confronti dei partiti, 8,2 milioni rientrano nell’operazione di cessione e cartolarizzazione di crediti in sofferenza, ciò vuol dire che saranno ceduti a prezzi stracciati a fondi che tenteranno un recupero oppure che li depositeranno in un ricircolo vizioso.
I vertici di Piazza Salimbeni sono stati costretti a scrivere solo perché nelle aule giudiziarie è in pieno svolgimento un processo che in tanti vorrebbero archiviare mentre qualcun altro vorrebbe arrivare a scoprire qualche verità, non fosse altro perché si devono scoprire molti aspetti dell’ipotetico suicidio di David Rossi.
Il capo della comunicazione del Mps che la sera del 6 marzo 2013 dopo aver telefonato alla moglie che stava rientrando, fu trovato cadavere sotto le finestre del suo ufficio nella sede centrale della banca.
Dunque, una settantina di milioni di euro sono stati trafugati da politici, cariche pubbliche, parenti e compagni. 13 partiti immischiati nella performing , tutti o quasi. Una monnezza colossale.
Si spiega in questa maniera la ragione per cui nessun partito e nessun politico abbia mai espresso la volontà o il desiderio di analizzare, indagare, informarsi. Se lo conosci lo eviti, recitava uno slogan del passato.
Di che meravigliarsi se una delle primissime iniziative di Gentiloni e compagni è stata quella di omaggiare 7 miliardi di euro per mettere a tacere le ferite del Mps, una banca che per lustri è stata la cassa continua del Pci, del Pds, di Rifondazione comunista, del Ds e del Pd, dei tanti rigagnoli e dei numerosi cani sciolti della sinistra di ieri e di oggi.
Altra ovvietà scontata è che i vertici di Piazza Salimbeni, trincerandosi dietro un comodo segreto bancario, non hanno fatto nome e cognome dei tanti parassiti e sciacalli del performing, comportamento parecchio simile a quello di numerosi mafiosi, camorristi e ndranghetisti.
Si fosse trattato di piccoli artigiani o commercianti o professionisti periferici li avrebbero già messo alla gogna pubblica.
Difficilmente uno squalo attacca un altro squalo.
Riccardo Dinoves
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