Servilismo e ignoranza in bella mostra nelle stanze del Miur
Per fortuna dell’Accademia della Crusca e per tantissimi studiosi, innamorati dell’Italia e della nostra lingua la signora Valeria Fedeli non dimora più nelle stanze del Miur, altrimenti sarebbe stata capace di vendersi Dante, Petrarca, Manzoni, Pirandello e tantissimi altri padri del nostro lessico.
Dopotutto vi è poco da lagnarsi, quando una persona nel suo curriculum ufficiale dichiara di essere in possesso del titolo di laurea e poi si scopre che neppure si è mai seduta per sostenere l’esame di maturità, sorge spontanea la domanda: ma di cosa stiamo parlando?
Nel nostro meraviglioso Paese serve il titolo accademico per le maestre del nido mentre per occupare la poltrona più importante di Viale Trastevere 76, sede del Miur, è sufficiente la Quinta Elementare.
A ciò è necessario aggiungere quel pizzico di arroganza e presunzione che caratterizza la quasi totalità della classe politica nazionale.
Chissà se l’ex ministro Fedeli è a conoscenza che l’Accademia della Crusca è il più importante centro di ricerca scientifica dedicato allo studio e alla promozione della lingua italiana,
che si propone in particolare l’obiettivo di fare acquisire e diffondere nella società italiana, in specie nella scuola e all’estero, la conoscenza storica della lingua nazionale e la coscienza critica della sua evoluzione attuale nel quadro degli scambi interlinguistici del mondo contemporaneo.
L’ex ministro Fedeli quasi certamente ignora il particolare che la lingua italiana è la quarta lingua più studiata al mondo dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese e precede il francese, il tedesco, il russo, il portoghese e tutti gli altri. Grazie ad una classe politica di modesta colonna vertebrale culturale è in atto un decadentismo preoccupante.
La sudditanza ed il servilismo nei confronti del lessico inglese è strisciante, probabilmente parecchio è dovuto, per l’appunto, alla scarsa conoscenza di quello italiano, e bene ha fatto l’Accademia della Crusca ad emettere un comunicato, l’ennesimo, con il quale manifesta il disappunto che condivide la totalità di quanti amano l’Italia e la lingua italiana.
Di seguito il comunicato per intero.
“Il Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) ha pubblicato lo scorso 14 marzo un documento programmatico volto a promuovere l’educazione all’imprenditorialità nelle scuole statali secondarie di II grado.
Senza pronunciarsi sul merito – che pur si presterebbe a varie considerazioni – il Gruppo Incipit guarda con grande preoccupazione alla lingua con cui tale documento programmatico è stato redatto, tenuto conto della sua importanza all’interno dell’istituzione scolastica.
Il Gruppo Incipit aveva già attirato l’attenzione sulla forte propensione del sistema universitario italiano a impiegare termini ed espressioni del mondo economico-aziendale (cfr. comunicato stampa n. 6 del 17 giugno 2016), ma constata che nel documento in questione tale tendenza ha raggiunto un nuovo livello di intensità: l’adozione di termini ed espressioni anglicizzanti non è più occasionale, imputabile magari a ingenue velleità di “anglocosmesi”, bensì diventa programmatica, organica e assurge a modello su cui improntare la formazione dei giovani italiani.
È infatti sufficiente scorrere il Sillabo per la scuola secondaria di secondo grado per verificare la meccanica applicazione di un sovrabbondate insieme concettuale anglicizzante, non di rado palesemente inutile, a fronte dell’italiano volutamente limitato nelle sue prerogative basilari di lingua intesa quale strumento di comunicazione e di conoscenza.
Concretamente, questo pare il messaggio del Sillabo: per imparare a essere imprenditori non occorre saper lavorare in gruppo, bensì conoscere le leggi del team building, non serve progettare, ma occorre conoscere il design thinking, essere esperti in business model canvas e adottare un approccio che sappia sfruttare la open innovation, senza peraltro dimenticare di comunicare le proprie idee con adeguati pitch deck e pitch day.
Più che un’educazione all’imprenditorialità, questo documento sembra promuovere un abbandono sistematico della lingua italiana e delle sue risorse nei programmi formativi delle forze imprenditoriali del futuro.
Pare una sorta di contraffazione paradigmatica della cultura e del patrimonio italiano: è così che si vogliono promuovere e valorizzare le eccellenze italiane, il “Made in Italy”?
Proprio in considerazione della gravità del modello linguistico-concettuale offerto dal Sillabo, il Gruppo Incipit, nella presente occasione, rinuncia a proposte di traducenti italiani (del resto sarebbe necessario tradurre l’intero documento), ma rivolge un appello ai responsabili del MIUR, affinché si usi maggiore rispetto nei confronti della lingua e della cultura italiana.
Ricordiamo che il gruppo Incipit si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi ‘incipienti’, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani.
Incipit è costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa”.
L’auspicio è che il prossimo responsabile del dicastero di Viale Trastevere 76 non ci faccia rimpiangere persino la signora Valeria Fedeli che non è stata il massimo delle eccellenze.
Piero Vernigo
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