Professionalità entusiasmo amore per un eccellente vino
È l’Italia che va, quella che produce nonostante da quasi due mesi il nostro Paese sia privo di una guida politica e che i giovanotti delle nuove generazioni spediti a Roma non riescano a comprendere che agli imprenditori, alle partite Iva e ai dipendenti servono politici lavoratori e non cialtroni.
Da anni scriviamo che il buon Dio ci ha regalato un’imprenditoria privata di altissimo livello ma, per compensare la differenza con il resto del pianeta, ha voluto ridimensionarci donandoci una classe politica da quarto mondo.
Nonostante il vuoto dei tanti bighelloni partitici la nostra economia viaggia con il vento in poppa, ed in questo navigare le eccellenze del Made in Italy si distinguono e si fanno apprezzare ovunque.
L’ennesima conferma è pervenuta dal Vinitaly 52 ove si è registrato un boom di presenze di buyer stranieri che lasciano ampi spiragli all’ottimismo.
Il nostro vino oggi è ben considerato e ricercato in tutti i continenti, i ricavi lievitano di continuo con un export in costante crescita. Altra lieta nota è la ripresa del mercato interno che prosegue ininterrottamente dal 2014.
L’Area studi di Mediobanca sul settore ci fa presente che nel 2017 i ricavi generati in Italia sono saliti del 5 percento e che nel 2018 dovrebbe andare meglio.
La ratifica giunge dalla Borsa: tra marzo 2017 e marzo 2018 la capitalizzazione dei titoli che compongono l’indice settoriale mondiale è aumentata del 12,2 percento mentre da gennaio 2001 l’indice ‘total return’ si è impinguato del 719 percento.
In fiera a Verona uno dei padiglioni più corteggiati è stato, ovviamente, quello del Piemonte e tra gli stand più ammirati e frequentati è da annoverare quello di Marrone.
Come gran parte dei vignaioli delle Langhe le tradizioni della vigna si tramandano da padre in figlio e con Gian Piero Marrone siamo oramai alla quarta generazione. Ubicata nel cuore del Barolo con viste mozzafiato tra colline colorate dal Nebbiolo e sullo sfondo le cime innevate delle Alpi Cozie con il Monviso “re di pietra”.
Gian Piero è infaticabile, non si ferma un attimo e con le pupille che scrutano l’intero padiglione ci fa comprendere che questo Vinitaly è da considerarsi abbastanza proficuo.
Il brand già da diversi lustri ha valicato i confini nazionali ed oggi dalle cantine le loro bottiglie vengono sorseggiate e gustate in 26 Paesi.
Ci sarebbe piaciuto intrattenerci con Gian Piero ma gli avremmo portato via del tempo prezioso e non ci avrebbe potuto dedicare che qualche secondo in maniera distratta, e allora ci dirotta su Denise, la primogenita che si occupa di marketing e cura i mercati esteri, visto che è una poliglotta.
“La nostra è un’ottima famiglia aziendale che segue con amore e passione tutte le varie fasi produttive, un amore per la terra che si tramanda da oltre un secolo. Siamo rimasti ‘contadini’ e questo, a mio parere, è la nostra forza e la nostra ricchezza. Certo, serve professionalità, tecnologia e dedizione ma se non provi amore per la terra e per la cantina si ottengono risultati che, forse, premiano economicamente ma non ti gratificano interiormente. Ritengo sia questo uno dei cardini del nostro lavoro”.
Il nostro vino oramai compete alla pari con quello francese, lo dimostra il fatto che quando i cugini d’Oltralpe parlano di noi lo fanno con rispetto e senza quell’ironia del tempo che fu.
“Sono stati compiuti passi da gigante, però tanto rimane ancora da fare ma, sopratutto, non ci si può cullare sui risultati conseguiti. Abbiamo recuperato fette di mercato importanti e ci sono regioni che potrebbero premiarci ulteriormente, purtroppo noi italiani siamo parecchio individualisti e ciò ci penalizza non poco. Ancora non si è compreso bene che dobbiamo fare squadra e presentarci sui mercati esteri in modo compatto, invece a volte accade l’esatto contrario. Su questo campo abbiamo ancora tantissimo da imparare dai francesi”.
Altro handicap che ci separa dai bordeaux e dai bourgogne è il costo della bottiglia.
“Vero. Loro il prodotto eccellente se lo fanno pagare, e bene. Noi ci accontentiamo dei giusti margini. A parità di qualità la loro bottiglia costa quasi sempre il 30 percento in più. Da questo punto di vista ci sono nettamente superiori, sono dei maestri e bisogna riconoscerlo”.
In famiglia siete tutti sommelier.
“Dobbiamo essere noi per primi a comprendere se il nostro prodotto è di qualità oppure no. Se qualcosa non va dobbiamo accorgercene immediatamente e modificarla. Noi abbiamo sempre privilegiato la qualità e siamo stati critici con noi stessi. Oggi le nuove generazioni sono parecchio più competenti di quelle del passato, sono esigenti ed in grado di esprimere pareri ponderati. È sufficiente notare quanti corsi di sommelier si organizzano ogni anno in tutte le regioni e chi sono i partecipanti”.
La scorsa annata è stata positiva, l’export va bene, si può essere ottimisti?
“L’ottimismo è alla base di ogni successo, se manca quello non si può competere in Italia e all’estero. La grande crisi oramai è alle spalle. Il nostro vino fa parte integrante del Made in Italy e delle eccellenze italiane, ad ogni manifestazione internazionale riscuotiamo consensi non solo verbali ma sopratutto di commesse e ordinativi. Abbiamo imboccato la strada giusta e intendiamo seguirla”.
Neppure il tempo di un cincin e si riparte.
Bruno Galante
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