La battaglia dei dazi tra Usa e Ue rischia di aprire un baratro
Siamo la macchietta politica dell’Europa e dell’Occidente. Ogni popolo ha il governo che si merita, è la frase pronunciata da Aristotele circa 2500 anni addietro, fu poi ripresa dal savoiardo Joseph de Maistre in occasione della rivoluzione francese e da ultimo se ne è impossessato Winston Churchill . Ma che gli italiani si meritino i governanti che nell’ultimo decennio si sono avvicendati a Palazzo Chigi è fuori da ogni logica e da ogni coerenza.
La nostra classe imprenditoriale è stimata e apprezzata nei cinque continenti, i nostri studiosi e ricercatori riscuotono consensi ovunque. Di contro ci ritroviamo con una classe politica presa a sberleffi non appena valica le Alpi.
In queste ore drammatiche, dal punto di vista commerciale, per la battaglia in atto tra Stati Uniti ed Europa per i dazi che Trump intende applicare su alluminio e acciaio, vi è uno scambio ininterrotto di telefonate tra Londra, Parigi e Berlino nel tentativo di far recedere il presidente Usa dalla sue convinzioni. Da queste chilometriche conversazioni è esclusa Roma. Noi siamo diventati i fratelli tonti del nucleo familiare. Contiamo meno del due di coppe a briscola. Le decisioni vengono adottate da Macron, Merkel e May.
Però, forse è anche più vantaggioso che nessun politico nostrano affronti argomenti di siffatta importanza e delicatezza visto i danni che hanno procurato al Paese quelle poche volte in cui sono stati chiamati a decidere a livello internazionale (vedi il disastro che hanno combinato con gli sbarchi dei gommoni).
La nostra economia è uscita dal tunnel dalla crisi ed ha ripreso a viaggiare, seppur lentamente. Una ulteriore brusca frenata vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti sinora.
I nuovi dazi alle importazioni introdotti negli Stati Uniti d’America rappresentano una minaccia per 37 miliardi di euro per il Made in Italy. Questa la cifra di prodotti italiani che ogni anno vengono esportati negli Usa e che ora potrebbero subire gli effetti negativi della “stretta” imposta dall’amministrazione di Donald Trump. Il dato, frutto di un’analisi del Centro studi di Unimpresa, si riferisce al 2016 e risulta in crescita di quasi un miliardo (+2,6%) rispetto all’anno precedente: nel 2015, l’export del Made in Italy negli Usa si è attestato a 35,9 miliardi e nel 2014 era a 29,8 miliardi.
La categoria “macchinari” nel 2016 è risultata la più rilevante con 7,1 miliardi di euro (20% sul totale), seguita dagli autoveicoli con 4,5 miliardi (12%) e dalla categoria “navi, treni, aerei” che pesa per 3,6 miliardi (9,89%). Gli Usa sono un mercato importantissimo oltre che strategico per la nostra produzione e le barriere doganali appena introdotte ci preoccupano.
La momentanea esclusione dell’Unione europea dai dazi per i metalli non basta, Washington deve pensare a misure permanenti, è impensabile una lotta tra storici alleati da sempre.
Secondo l’analisi basata su dati dell’Istat, il totale delle esportazioni italiane negli Stati Uniti d’America ammonta a 36,7 miliardi di euro.
Il dato di si riferisce al 2016 e risulta in aumento di 940 milioni (+2,61%) rispetto al 2015 quando l’ammontare di export di made in Italy verso gli Usa si è attestato a 35,9 miliardi; nel 2014 era a 29,8 miliardi.
Nel dettaglio, sul totale delle esportazioni, nel 2016 gli alimentari pesano per 2,02 miliardi (5,49%), in crescita di 137 milioni rispetto al 2015 (+7,25%); le bevande “pesano” per 1,7 miliardi (4,66%), in crescita di 74 milioni (+4,49%) sul 2015; il settore tessile vale 515 milioni (1,39%), in diminuzione di 34 milioni (-6,19%) sull’anno precedente; quota 1,5 miliardi (4,25%) per l’abbigliamento, in discesa di 95 milioni (-5,71%) sul 2015; per quanto riguarda la pelle, l’ammontare delle esportazioni si è attestato a 1,7 miliardi (4,73%), in calo di 56 milioni (-3,11%).
Cambiando area, il comparto della chimica ha fatto registrare esportazioni per 1,6 miliardi (4,46%) in aumento di 44 milioni (+2,74%) sull’anno precedente; nel 2016, poi, sono stati esportati prodotti farmaceutici per 1,9 miliardi (5,26%), cifra che lievita di 415 milioni (+27,18%) sul 2015; l’export dei minerali si è attestato a 1,3 miliardi (3,76%), in crescita di 62 milioni (+4,67%), mentre quello dei metalli è calato di 456 milioni (-31,58%) a quota 988 milioni (2,68%).
L’elettronica vale 1,3 miliardi (+3,56%), sviluppatasi di 31 milioni (+2,41%) rispetto ai 12 mesi precedenti. Crescita di 212 milioni (+3,05%) per i macchinari, che ora pesano 7,1 miliardi (19,40%), mentre è risultato in calo di 375 milioni (-7,66%) l’ammontare delle esportazioni di autoveicoli, sceso a 4,5 miliardi (12,24%); l’export di navi, treni e aerei ammonta a 3,6 miliardi (9,89%), in salita di 873 milioni (+31,43%).
Nel 2016, poi, abbiamo esportato mobili per 911 milioni (2,47%) in crescita di 90 milioni (+10,96%); altri prodotti di manifattura pesano per poco più di 2 miliardi (5,45%), in salita di 114 milioni (+6,01%).
Il resto delle esportazioni del Made in Italy, che non rientrano nelle categorie fin qui analizzate, valgono 3,8 miliardi (10,32%), in discesa di 96 milioni sul 2015 (-2,46%).
D’altronde qualora Trump proseguisse sulla tutela del Made in Usa scatterebbero le rappresaglie economiche da parte dell’Europa. Chi se ne avvantaggerebbe?
Riccardo Dinoves
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