Serve un freno alla schiavitù dal gioco d’azzardo
Il gioco d’azzardo fa parte delle forme di “dipendenza senza droga” che ha sempre attratto la ricerca da parte di psicologi, psichiatri, scrittori, registi e giornalisti.
È una ludodipendenza fatta di ossessione, nervosismo, umore altalenante, schiavitù.
Dipendenza che risale alla notte dei tempi, il termine “azzardo” deriva dal francese “ashard” che a sua volta deriva dall’arabo “az-zahr” il cui significato era “dado”, oggetto legato strettamente alla tradizione del gioco e alle scommesse.
Nel Vangelo secondo Giovanni i soldati dopo aver crocifisso Gesù si giocarono ai dadi le sue vesti e la tunica.
Oggi le vittime della trasgressione vanno dai frequentatori di Casinò, agli amanti delle lotterie, delle schedine, della tombola, per finire alle slot-machine, ai videogiochi, ai videopoker.
Il passo tra il divertimento, il vizio e la dipendenza spesso è molto breve, nel momento in cui il gioco d’azzardo diventa patologico si trasforma in perdita graduale della capacità di limitare il proprio comportamento di gioco ed assorbe sempre più tempo con necessità di moneta contante da depositare nelle tasche altrui.
Ci ha pensato il gruppo editoriale Gedi-Quotidianilocali a mettere a punto un sito dal quale è possibile leggere quanto si è sperperato pro-capite in tutti i Comuni italiani nel 2016.
Quello in cui si è sprecato di più è Caresabablot, Vercelli, dove i 1.133 abitanti nel 2016 hanno un reddito pro-capite di 23.100 euro e hanno giocato 24.228 euro a testa, ovvero in tutto l’anno hanno “investito” 27.450.324 euro, ossia 75.206 euro al dì.
Per fortuna è un’eccezione. Ve ne sono altri nove nei quali si spendono oltre 10 mila euro l’anno a testa, cinque si trovano in Lombardia e tre in Piemonte
Andando sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli, che controlla tutti i numeri delle giocate, si viene a conoscenza dei soldi persi, al netto delle vincite.
In Italia nel 2016 i connazionali hanno gettato alle ortiche circa 19 miliardi e mezzo di euro, che diventano 320 euro cadauno compresi i neonati e gli ultracentenari, nel primo semestre 2017 la cifra si è assottigliata e sono 9 miliardi e 400 milioni.
Tra il 2006 ed il 2016 si è registrato un incremento del 60% sulle perdite, mentre quelle provocate dalle slot-machine sono lievitate del 170%.
Per contrastare la sciagura dilagante 11 Comuni della provincia di Bologna hanno approvato un’ordinanza per arginare il fenomeno applicando una specie di coprifuoco per l’uso delle slot.
Nelle passate settimane la giunta bolognese ha varato il nuovo “Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito” con l’obiettivo di introdurre nuove e più stringenti norme per contrastare, prevenire e ridurre il rischio di ludopatie.
Lo scopo è quello di applicare in maniera più vigorosa la legge regionale dell’Emilia-Romagna che proibisce la presenza di sale da gioco e sale scommesse o l’istallazione di nuovi apparecchi nei locali che si trovano a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semi residenziali che operano in ambito sanitario e sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori.
Gioco d’azzardo che ha seminato zizzania in tante famiglie visto il tempo che i ludopatici trascorrono davanti alle macchinette ma sopratutto il continuo bisogno che hanno di moneta contante. Esaurite le scorte domestiche non è impossibile finire nelle fauci degli usurai che prestano quattrini a tassi proibitivi e a scadenze ravvicinate che costringono a compiere gesti estremi.
Il nuovo governo dovrà porre dei paletti rigidi e restrittivi se si intende porre fine a questa sciagura.
Niccolò Rejetti
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