In agricoltura persi 50.000 posti di lavoro estivi
Se da un lato sempre più giovani si avvicinano al mondo dell’agricoltura, dall’altro ci pensa la burocrazia e talune scelte cervellotiche politiche a tenerli a debita distanza. Il grido d’allarme è stato lanciato dalla Coldiretti.
Persi 50mila posti di lavoro occasionali per giovani studenti e pensionati impiegati nelle attività stagionali in campagna dove con l’avvicinarsi dell’estate sono iniziate le attività di preparazione dei terreni e di raccolta.
È il segnale evidenziato dalla Coldiretti sugli effetti della riforma dei voucher che ha di fatto praticamente azzerato questa opportunità per integrare il reddito delle categorie più deboli ma anche per avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti o mantenere attivi anziani pensionati.
L’estate coincide con il periodo di maggior impiego di lavoro nelle campagne a partire dalle attività di raccolta di verdura e frutta come ciliegie, albicocche o pesche, fino ad arrivare alla vendemmia che si concentra nel mese di settembre.
Secondo un sondaggio Coldiretti/Ixe’ il 68% dei giovani italiani sarebbe disponibile a partecipare alla vendemmia o alla raccolta della frutta ma la nuova normativa è stata un vero flop in agricoltura dove ha fatto crollare del 98% in valore l’uso dei buoni lavoro per effetto di in primis di un eccesso di inutile burocrazia di cui, in parte non irrilevante, è responsabile la piattaforma informatica creata dall’Inps che non tiene in considerazione le specificità del lavoro nei campi.
La situazione attuale rende di fatto inutilizzabile il nuovo strumento con pesanti effetti sull’economia e il lavoro dei territori interessati ma anche la perdita di una importante opportunità di socializzazione all’interno delle comunità locali.
In difficoltà le stesse imprese agricole per l’addio ad una modalità di pagamento che si era dimostrato valido nel favorire l’occupazione e l’emersione del sommerso.
I voucher erano stati introdotti per la prima volta in via sperimentale nel 2008 per la vendemmia proprio per le peculiarità dell’offerta di lavoro nelle campagne.
Nel corso degli anni successivi l’agricoltura è stata l’unico settore che è rimasto praticamente “incatenato” all’originaria disciplina “sperimentale” con tutte le iniziali limitazioni (solo lavoro stagionale e solo pensionati, studenti e percettori di integrazioni al reddito) che gli altri settori non hanno mai più conosciuto fino all’abrogazione.
Non è un caso che il numero di voucher impiegati in agricoltura sia praticamente rimasto stabile dal 2011. In agricoltura sono stati venduti nell’ultimo anno prima dell’abrogazione circa 2 milioni di voucher, più o meno dei 5 anni precedenti pari all’incirca a 350mila giornate/anno di lavoro che hanno aiutato ad avvicinare al mondo dell’agricoltura giovani studenti e a mantenere attivi molti anziani pensionati nelle campagne senza gli abusi che si sono verificati in altri settori.
L’Italia non può permettersi di perdere le grandi opportunità di lavoro che vengono da uno dei settori più dinamici dell’economia.
Il nuovo Parlamento e il Governo hanno il dovere di ripensare ad uno strumento per il settore che semplifichi la burocrazia per l’impresa, sia agile e flessibile rispondendo soprattutto ad un criterio di tempestiva disponibilità all’impiego e dall’altra generi opportunità di integrazione al reddito di cui c’è particolarmente bisogno.
Porre un freno o inventarsi degli inghippi per bloccare la crescita e le assunzioni significa remare contro e penalizzare ulteriormente chi ha bisogno di lavorare ma sopratutto chi vuole avvicinarsi ad un settore che necessita di giovani volenterosi.
Guglielmo d’Agulto
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