Il governo fermi le protezioni all’import dell’olio tunisino
Nei giorni scorsi il colosso chimico farmaceutico tedesco Bayern ha acquisito il colosso statunitense Monsanto, tra i più prolifici produttori di pesticidi e di ogm.
L’importo dell’operazione si aggira su 63 miliardi di dollari ed il maggiore imnvestimento realizzato da un’azienda delle Germania oltre i propri confini.
La Monsanto è parecchio conosciuta negli ambienti dell’agricoltura poiché tra i maggiori produttori del pianeta di glifosato. Il glifosato è l’erbicida più usato al mondo.
Introdotto nella commercializzazione dal 1974 da allora ad oggi ne sono stati venduti qualcosa come 10 milioni di tonnellate.
Con l’acquisizione di Monsanto da parte della Bayer, dopo la fusione tra DuPont e Dow Chemical e l’acquisizione di Syngenta da parte di ChemChina, il 63% del mercato delle sementi e il 75% di quello degli agrofarmaci è concentrato nelle mani di sole tre multinazionali con un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori.
Scompare quai del tutto la concorrenza e ciò va a totale discapito degli agricoltori e dei produttori.
In Europa il nostro Paese ne è il maggior consumatore, il doppio di quanto ne utilizzano Francia e Germania.
A metà aprile scorso la Barilla, maggior produttore del globo di pasta, annuncia che non importerà più grano dal Canada poiché da quelle parti sono abituati ad utilizzare il glifosato.
Nel 2015 l’Iarc, Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, lo ha inserito nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene”, nel Gruppo 2A.
Altra tegola che sta per abbattersi sul capo dei consumatori e degli agricoltori dopo il tremendo inverno scorso che ha procurato ingenti danni alle colture è la cervellotica decisione dei politici dell’Ue di agevolare le importazioni di olio tunisino.
Come sempre è la Coldiretti che manifesta il malcontento degli agricoltori italiani che si sono continuamente bastonati da Bruxelles senza che la nostra classe politica muova un dito per bloccare le decisioni assunte a danno di chi dalla terra riceve sostentamento.
No a nuovi arrivi di olio tunisino a dazio zero che rischiano di destabilizzare il mercato in una situazione già di grande difficoltà.
È quanto denuncia la Coldiretti dopo la richiesta del Governo nordafricano di rinnovare la concessione temporanea di contingenti d’esportazione agevolata di olio d’oliva verso l’Ue scaduta il 31 dicembre 2017.
Si tratta di una quota di 35mila tonnellate all’anno che va ad aggiungersi alle oltre 56 700 tonnellate previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia in vigore dal 1998.
Una scelta sbagliata che danneggia i produttori italiani, non aiuta quelli tunisini, ed aumenta il rischio delle frodi a danno dei consumatori, anche in considerazione del fatto che nel nostro Paese a fronte di una produzione di 370 milioni di chili si ha un’importazione che ha superato i 500 milioni di chili.
Evidente, dunque, il pericolo che olio straniero venga “spacciato” come italiano, favorito dal datto che sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte ‘miscele di oli di oliva comunitari’, ‘miscele di oli di oliva non comunitari’ o ‘miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari’ obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva”.
L’arrivo di olio straniero da spacciare per italiano sarebbe inoltre facilitato di probabile crollo produttivo che farà registrare la prossima campagna olivicola 2018-2019.
A causa dell’ondata di gelo e neve che lo scorso febbraio ha colpito l’Italia Unaprol ha stimato danni su 25 milioni di piante e un calo del raccolto.
Anche per questo è fondamentale il finanziamento del Piano olivicolo nazionale (Pon) che prevede di aumentare nei prossimi 4 anni la superficie coltivata da poco più di un milione di ettari a 1,8 milioni di ettari anche con l’aumento delle aree irrigue con tecniche innovative di risparmio idrico.
Raimondo Adimaro
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