Lo smartphone ci dirà se abbiamo qualche malattia
Usare lo smartphone per capire se ci stiamo ammalando: secondo Theodoros Zanos, ricercatore del Center for Bioelectronic Medicine, The Feinstein Institute for Medical Research, si tratta di un’eventualità non così remota.
La sua ricerca, apparsa su Pnas, suggerisce infatti che disturbi come diabete, artrite reumatoide, malattia di Chron e malattie polmonari ostruttive croniche potranno, in un futuro prossimo, essere individuate e monitorate grazie all’impianto di elettrodi nel sistema nervoso.
Lo studio di Zanos ha esaminato gli impulsi elettrici emessi dal sistema nervoso dei topi in seguito all’iniezione di due diversi tipi di citochine, quelle molecole che attivano e regolano il processo infiammatorio e la risposta immunitaria.
Il loro rilascio da parte dell’organismo è indice di una possibile infezione e rilevarne la presenza potrebbe favorire l’individuazione del disturbo.
In particolare il ricercatore ha utilzzato l’interleuchina-1β e il fattore di necrosi tumorale (TNF): la prima favorisce l’innescarsi dei processi infiammatori e la produzione di altre citochine, oltre ad attivare le altre cellule del sistema immunitario; il secondo ha proprietà immunostimolanti ed è il principale mediatore nella risposta infiammatoria acuta.
La registrazione degli impulsi elettrici prima e dopo l’iniezione delle molecole è stata possibile grazie all’impianto di elettrodi circolari all’esterno del nervo vago, responsabile della maggior parte delle comunicazioni tra il cervello e il resto dell’organismo.
Gli impulsi sono stati analizzati con uno speciale algoritmo (Naive Bayes), che ha evidenziato come i segnali si differenzino uno dall’altro in base alla presenza o all’assenza di citochine nell’organismo.
Non solo: la decodifica dei segnali permette anche di distinguere le due molecole una dall’altra.
Le condizioni riprodotte in laboratorio sono, naturalmente, “semplificate” rispetto alla realtà: in una situazione più complessa, in cui agiscano più di due tipi di molecole, sarebbe certamente più difficile ricavare informazioni significative mediante la codifica di numerosi tipi di segnali neurali. Si tratta comunque di un importante primo passo: la pratica di utilizzare elettrodi come stimolatori del nervo vago è già esercitata da anni nel trattamento di patologie come epilessia, depressione e artrite reumatoide, ma lo studio di Zanos e colleghi è il primo a registrare i segnali neurali provocati dalla presenza di citochine.
La possibilità di impiantare un simile dispositivo negli esseri umani, per rilevare disturbi e decidere di andare dal medico, non sembra più così remota.
Anselmo Faidit
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