Erdogan ha ultimato il muro di 764 km al confine siriano
È una delle tante notizie che si preferisce ignorare o pubblicare un trafiletto veloce e silenzioso. Si fosse trattato dell’odiato Donald Trump una buona parte dei media planetari avrebbero consumato quintali di inchiostro per sbatterlo in prima pagina.
Ora che il soggetto si chiama Recep Tayyip Erdogan in pochissimi ne hanno parlato.
Domenica 24 giugno la Turchia si recherà al voto per le presidenziali e le previsioni sono tutte per Erdogan che è riuscito ad imporre una dittatura motivandola con un presunto colpo di stato a metà luglio del 2016 ideato e non realizzato dai vertici delle forze armate.
In genere da quelle parti quando i militari programmano un colpo di stato lo materializzano senza eccessive difficoltà visto l’enorme potere che gestiscono.
Erdogan aveva bisogno di una motivazione per ampliare le leve del comando e per eliminare, temporaneamente o definitivamente, i pochi coraggiosi avversari che osavano contestarlo.
Il presidente turco è un gran maestro nel rimanere con un piede in due scarpe, nei giorni pari flirta con Vladimir Putin e nei giorni dispari con Donald Trump.
Dai parrucconi di Bruxelles riceve trenate di euro per bloccare il flusso dei migranti ma poi finge di innervosirsi quando il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ordina la chiusura di sette moschee perché all’interno di quelle che dovrebbero essere aree di preghiera e di meditazione si insegna e si inculca l’odio nei confronti di chi ti ospita, ti da da mangiare e da dormire.
Erdogan a questo punto indossa l’abito del paladino dell’islam e annuncia urbi et orbi che l’Austria è alla ricerca di una guerra di religione, quasi che sinora l’Europa e l’Occidente non fosse stata vittima di stragi e di attentati sferrati da fanatici musulmani assetati di odio e di sangue.
Come se in Occidente non si sapesse che ai bambini musulmani si impartiscono lezioni di guerriglia urbana, come si utilizzano le armi e quali sono gli obiettivi europei e americani da distruggere.
Magari in Europa vi è chi finge di non essere a conoscenza perché ha qualcosa da guadagnare o da proteggere, ma lo sanno tutti anche i buonisti e i cattocomunisti.
Però Recep sa benissimo che deve tutelarsi e guardarsi bene le spalle e così ha completato 764 chilometri di muro eretto a barriera tra sei province turche situate al confine con la Siria.
Certo non si tratta di mura alte sei metri e oltre, sono appena due metri sormontati dal filo spinato.
A completare la sicurezza sono stati montati apparecchi sofisticati di sorveglianza in aggiunta a rilevamento particolareggiato dall’alto per mezzo di droni.
La motivazione erdoganiana di siffatto muro turco è per impedire ai soci dell’organizzazione terroristica del Pkk, ovvero il partito dei lavoratori del Kurdistan, di oltrepassare il confine per soccorrere e sobillare la rete dei curdi siriani dello Ypg e viceversa.
Il furbo Recep ha emesso il comunicato di fine lavoro, non tanto casualmente, dopo pochi giorni che Turchia e Stati Uniti avevano raggiunto l’accordo sull’amministrazione della città di Mnbij, situata a 38 chilometri dal confine turco e a maggioranza curda.
Il muro servirà per arginare le scorribande dei curdi siriani ma sopratutto per bloccare le migliaia di migranti che scappano dalla guerra civile siriana.
La minaccia di azioni terroristiche curde è uno dei cavalli di battaglia di Erdogan nei proclami elettorali e nei giorni scorsi nel corso di un comizio ha sostenuto di essere pronto e preparato a bombardare le alture di Kandil, poste nella regione autonoma curda del Nord Iraq e non troppo distante dal confine iraniano.
Il timore di Recep è quello di non riuscire a vincere le elezioni al primo turno per cui utilizza mezzi e mezzucci per convincere gli elettori a sostenere la sua candidatura per eliminare l’emergenza nella quale vive la Turchia da luglio 2016.
Timore più che fondato visto che i sondaggi non gli attribuiscono più del 48% e ciò, secondo la legge turca, significa andare al secondo turno e scontrarsi con Muharrem Ince, candidato del Chp, il partito di orientamento laico e di ispirazione repubblicana.
Il ballottaggio potrebbe significare per Erdogan una sonora sconfitta ed in quel caso si aprirebbero tutti gli armadi dai quali uscirebbero le migliaia di scheletri che in questi due anni sono stati ammassati al loro interno.
Niccolò Rejetti
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