Aumenta la povertà in Italia ma al Sud accelera di più
I buonisti della domenica e delle feste comandate dovrebbero leggere anche ciò che non gradiscono, dovrebbero aprire le loro menti e le loro pupille e guardarsi intorno.
Potrebbero farsi un giro per le città metropolitane e notare quanti bianchi dalla mattina alla sera rovistano nei cassonetti alla ricerca di un tozzo di pane o di un paio di scarpe o di una maglietta semi nuova.
Se per davvero sono colti da eccessi di generosità, quasi sempre con il portafoglio altrui o eventualmente con il portafoglio della collettività, potrebbero ospitare nelle loro lussuose dimore qualche giovanotto palestrato giunto in gommone o qualche signorina rom oppure sinti.
L’Italia è un Paese che offre ad artigiani, commercianti, agricoltori, con 40 anni di regolare contribuzione una misera pensione che non raggiunge 700 euro mensili.
Il nostro è uno Stato tagliato nettamente in due dove le regioni settentrionali sono generalmente integrate nelle medie europee a differenza di quelle meridionali che stazionano nelle estreme periferie dei dati continentali.
La sinistra smargiassa per apparire buonista, e per far ingrassare associazioni amiche e cooperative bianche e rosse, ha fatto sbarcare dal 2014 al 2017 oltre 624mila migrantes vagabondi offrendo loro oltre 1.000 euro al mese.
Noi non siamo in grado di far vivere in maniera dignitosa milioni di italiani e ci concediamo il lusso di foraggiare centinaia di migliaia di giovanotti che la fame non l’hanno vista nemmeno in tv.
Ancora una volta ci ha pensato l’Istat a mostrarci il quadro della realtà. Le stime diffuse in questo report si riferiscono a due distinte misure della povertà: assoluta e relativa.
Povertà che derivano da due diverse definizioni e sono elaborate con metodologie diverse, utilizzando i dati dell’indagine campionaria sulle spese per consumi delle famiglie.
Povertà assoluta
Nel 2017 si stimano in povertà assoluta 1 milione e 778 mila famiglie residenti in cui vivono 5 milioni e 58 mila individui; rispetto al 2016 la povertà assoluta cresce in termini sia di famiglie sia di individui.
L’incidenza di povertà assoluta è pari al 6,9% per le famiglie (da 6,3% nel 2016) e all’8,4% per gli individui (da 7,9%). Due decimi di punto della crescita rispetto al 2016 sia per le famiglie sia per gli individui si devono all’inflazione registrata nel 2017.
Entrambi i valori sono i più alti della serie storica, che prende avvio dal 2005.
Nel 2017 l’incidenza della povertà assoluta fra i minori permane elevata e pari al 12,1% (1 milione 208 mila, 12,5% nel 2016); si attesta quindi al 10,5% tra le famiglie dove è presente almeno un figlio minore, rimanendo molto diffusa tra quelle con tre o più figli minori (20,9%).
L’incidenza della povertà assoluta aumenta prevalentemente nel Mezzogiorno sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.
L’incidenza della povertà assoluta diminuisce all’aumentare dell’età della persona di riferimento. Il valore minimo, pari a 4,6%, si registra infatti tra le famiglie con persona di riferimento ultra sessantaquattrenne, quello massimo tra le famiglie con persona di riferimento sotto i 35 anni (9,6%).
A testimonianza del ruolo centrale del lavoro e della posizione professionale, la povertà assoluta diminuisce tra gli occupati (sia dipendenti sia indipendenti) e aumenta tra i non occupati; nelle famiglie con persona di riferimento operaio, l’incidenza della povertà assoluta (11,8%) è più che doppia rispetto a quella delle famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (4,2%).
Cresce rispetto al 2016 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie con persona di riferimento che ha conseguito al massimo la licenza elementare: dall’8,2% del 2016 si porta al 10,7%. Le famiglie con persona di riferimento almeno diplomata, mostrano valori dell’incidenza molto più contenuti, pari al 3,6%.
Povertà relativa
Anche la povertà relativa cresce rispetto al 2016. Nel 2017 riguarda 3 milioni 171 mila famiglie residenti (12,3%, contro 10,6% nel 2016), e 9 milioni 368 mila individui (15,6% contro 14,0% dell’anno precedente).
Come la povertà assoluta, la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie con 4 componenti (19,8%) o 5 componenti e più (30,2%), soprattutto tra quelle giovani: raggiunge il 16,3% se la persona di riferimento è un under35, mentre scende al 10,0% nel caso di un ultra sessantaquattrenne.
L’incidenza di povertà relativa si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati (19,5%) e per quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (37,0%), queste ultime in peggioramento rispetto al 31,0% del 2016.
Si confermano le difficoltà per le famiglie di soli stranieri: l’incidenza raggiunge il 34,5%, con forti differenziazioni sul territorio (29,3% al Centro, 59,6% nel Mezzogiorno).
Claudia Treves
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