Nell’Abbazia di Casanova la preghiera guarisce dal male
Le immagini di Gesù presenti nella chiesa primitiva non sono quelle bizantine di un Cristo regale e trionfante e neppure i crocifisso del cupo medioevo, bensì due figure ispirate alla classicità: un giovanotto che porta sulle spalle una pecora e un uomo più maturo e barbuto, il capo cinto di fronde e sorridente; Gesù il Buon Pastore e Dioniso, il dio greco che guarisce, la divinità della sofferenza e del riscatto.
Per presentare il Salvatore ai pagani non si poteva immaginarlo che come un nuovo Dioniso, colui che fa uscire dalla sofferenza proprio lui, lui, Dioniso, mi è venuto alla mente partecipando al rito di guarigione, presieduto da don Adriano Gennari nel Monastero Abbaziale di Casanova a Carmagnola, Torino.
È Gesù il nuovo Dioniso.
È Gesù che soffre e si riscatta, riscattando anche noi con la sua risurrezione.
È Gesù che inizia la sua attività pubblica guarendo la malattia, quella che il mondo non può guarire perché è esso stesso ammalato.
È ammalato nelle sue rappresentazioni totemiche, esaltate e autocelebrantesi.
Come la televisione e internet, divinità del nulla.
Nella sua economia è malato, di cui le banche sono le sue espressioni più evidenti, quella banche che spremono il succo di fatiche e sudori.
Un vero Salvatore si impone come indispensabile.
A differenza di quello classico, il Dioniso-Gesù non si manifesta come espressione incontrollata degli istinti ma come implorazione e identificazione con il Dio Guaritore che diventa presente in mezzo a noi.
È nell’Eucarestia e nella processione dell’Ostia Consacrata che la forza dell’Onnipotente si manifesta.
E per farlo, necessita del Coro; il canto collettivo significa forza e dà forza, le energie si sprigionano dal gruppo e la primordiale sintonia dei sentimenti si frantuma, mentre la loro collisione crea innumerevoli atomi scintillanti, realizzando la conoscenza dell’Amore.
Ma il canto, pure indispensabile, non raggiungerebbe il suo scopo se non vi fosse coinvolto il corpo, la kore, la danza, seppure ridotta, si manifesta nell’ormeggiare delle mani che, quando rivolte in alto, accolgono le energie del cosmo divino, sciogliendo infine, nel pianto liberatorio della gioia.
Nella preghiera di guarigione entriamo con il cuore gravato dalla sofferenza e usciamo con una certezza: soltanto Gesù ci salva dal male.
Carlo Vai
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