Caporalato e malavita un tragico bubbone da estirpare
Se non ci scappa il morto, o un certo numero di morti, l’argomento interessa a pochissimi. Il giorno in cui il sangue scorre per le strade la notizia va in prima pagina, dopo poche ore passa nel dimenticatoio.
La piaga del caporalato esiste da decenni, alla pari della Questione Meridionale, un flagello che non è stato barrato e sconfitto pochi lustri orsono e poi, alla pari della criminalità organizzata, si è esteso nel Centro e nel Nord del Paese.
Se non si ha il coraggio e la capacità di bloccare un fenomeno delinquenziale nel momento in cui agisce e si ingrassa in ambiti territoriali ristretti è logico e scontato che dopo aver conquistato il suo quartiere, la sua città, la sua provincia, ambisca a dominare la propria regione e quelle confinanti.
Oggi il caporalato è presente in Toscana, lo si è scoperto nelle vigne astigiane, alessandrine e cuneensi, in Lombardia, nel Veneto. Ovunque.
È divenuto un polpo con ramificazioni estese nelle venti regioni.
Baraccopoli e ghetti sono sorti in quasi tutte le province peninsulari, è in quei pochissimi metri quadri che caporali, capibastone, e capoccia vari attingono braccia e quattrini. Immigrati clandestini sbarcati sulle varie coste sono facilissima preda di delinquenza magrebina, nigeriana, oltre che italiana.
Preda della malavita e di pochissimi imprenditori che lucrano su questi sciagurati approdati sulle nostre spiagge convinti di scoprire l’eldorado, scoprono, invece, dopo pochi giorni quanto sia dura la pagnotta che devono guadagnarsi.
Sono destinati ad ingrossare bidonville simili a quelle di Rignano e Borgo Mezzanone, nel foggiano.
Costretti a riempire furgoni sgangherati alla stregua di sardine, furgoni guidati da sgangherati pseudo autisti incapaci di adeguarsi al codice della strada e alle più elementari regole della guida, pseudo autisti che non conoscono il significato di sicurezza e prevenzione.
Pseudo autisti che percepiscono 5 euro da ciascun viaggiatore per cui più ne sistemano e più introitano, rigorosamente a nero. Oltre al pizzo del viaggio riscuotono un secondo pizzo a seconda di quanti autotreni riescono a far partire.
Alla fine della giornata il signor caporale mette in tasca 200 o 250 euro con poche gocce di sudore.
Caporali legati e collegati alla delinquenza organizzata, bianca o nera che sia. Si sentono tutelati e mostrano i muscoli a qualcuno che osa ribellarsi o profferire verbo.
Mediatori che lucrano con il consenso di agricoltori semicriminali, che per fortuna è un numero ristrettissimo e che per tale motivazione potrebbero essere facilmente individuati e puniti.
A seguito della morte di Paola Clemente, la 49enne tarantina deceduta nei vigneti di Andria il 13 luglio 2015, si accelerò l’iter parlamentare e la legge 199 sul caporalato fu approvata il 18 ottobre 2016.
Tanto è stato fatto da allora ma ancora parecchio rimane da fare.
Dodici braccianti sono deceduti il 6 agosto sulla statale 16 nei pressi di Lesina nel foggiano.
Viaggiavano su un furgoncino bianco con targa bulgara che ne poteva trasportare massimo otto, ha sbandato ed è andato ad impattare con un tir che trasportava farinacei.
Il 4 agosto sulla provinciale 105 tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri un furgoncino, che trasportava migranti africani impegnati nella raccolta del pomodoro, si scontra con un tir carico di pomodori che dopo l’impatto si rovescia sull’asfalto.Quattro occupanti il pulmino muoiono sul colpo ed altri quattro vengono ricoverati in gravi condizioni negli Ospedali Riuniti di Foggia.
16 morti in poche ore.
Sono in corso indagini per scoprire in quale azienda agricola avessero prestato le loro braccia.
Sarebbe estremamente facile individuare chi sono quei produttori che ricorrono ai caporali, sarebbe sufficiente che i nuovi braccianti africani collaborassero con le forze dell’ordine. Ma vige un’omertà impenetrabile e che ostacola in tutte le maniere il lavoro di poliziotti, carabinieri e finanzieri per paura di essere emarginati e rimanere a lungo disoccupati.
Tra i primi interventi in programma da parte del governo vi è la chiusura di tutti i ghetti che fungono da serbatoio per i caporali e la malavita.
Se si vuole combattere e sognare di sconfiggere la delinquenza esiste un sistema molto efficace: aggredire mafiosi, italiani e stranieri, sugli ingenti patrimoni, mobili e immobili, accumulati.
È indispensabile privare chi commette taluni reati della possibilità di godere di un bene, procuratosi in maniera criminosa.
Il crimine è come lo sport, come l’arte, non conosce passaporti e confini, con la differenza che procura dolore, sofferenza e spesso anche sangue e morte.
Anselmo Faidit
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