Al New Generation Festival la meglio gioventù del pianeta
Partiamo dall’agosto 2017. Due giovanotti amanti della cultura, della musica e della bellezza invece di trascorrere qualche serata in uno dei tanti casinò del vecchio continente a scommettere dollari o euro, decidono di nobilitare il pensiero ed elaborano un progetto che non ha eguali in Europa, e di conseguenza sull’intero globo.
Si chiamano Tommaso e Lorenzo Corsini.
Appartengono a quel nobile casato che compare nella storia della penisola da oltre dieci secoli.
Entrambi under 30, i fratelli hanno alle spalle già diversi anni di esperienza nell’organizzazione di eventi nazionali ed internazionali.
Sin dall’infanzia è stato inculcato loro l’amore per la bellezza, in senso lato, e la musica.
Per non pestare i piedi ad alcuno e per non entrare nella calca della futile concorrenza, ipotizzano una manifestazione che richieda massimo impegno, ottima conoscenza dell’ambiente ed un notevole coraggio intriso di ragionata imprudenza.
Potendo contare sulla parentela con il principe Filippo Corsini, sposato con Giorgiana Avogadro, i quali posseggono uno dei giardini più fantastici d’Italia, decidono di accogliere la sfida della produzione inglese per un evento che al solo pensarci fa accapponare la pelle: il New Generation Festival.
È una sfida italo-britannica condivisa ed abbracciata da tutta la famiglia Corsini.
Una manifestazione nella quale sono coinvolti giovani artisti provenienti dai cinque continenti.
La migliore gioventù planetaria che ha studiato nei più rinomati conservatori del mondo.
Fanno tutto da soli, cosa più unica che rara nel nostro Paese, senza chiedere un cent alla casse pubbliche. Coraggio mescolato ad avventatezza.
Audaces fortuna iuvat (la fortuna aiuta i coraggiosi), ripetevano i nostri nonni.
L’esordio è di quelli che neppure il più ottimista degli organizzatori avrebbe preventivato.
Gran successo di pubblico e di critica che fa gongolare quanti hanno sacrificato l’intera estate ad organizzare e curare ogni aspetto e particolare.
L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti, è l’opera in due atti che apre la manifestazione in un’abbondanza di abiti con strascico e di smoking con papillon.
Folta la presenza della nobiltà d’oltre Manica come pure quella continentale.
Avendo superato col massimo dei voti il primo esame, il secondo Festival necessariamente doveva essere organizzato con un pizzico di aggiunta di coraggio.
Dopo aver eliminato gli immancabili contrattempi dell’esordio e le consuete sbavature del debutto, mercoledì 29 agosto al cospetto di centinaia di eleganti intenditori, che riempivano ogni ordine di posto il Festival, si è incamminato con il Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart.
I fondatori del Festival si chiamano Roger Granville, regista e scrittore, Maximilian Fane, direttore d’orchestra, e Frankie Parham, produttore di cinema e teatro. Un trio affiatato e consolidato.
Il ruolo di Don Giovanni è stato interpretato dal baritono tedesco Simon Schnorr, il baritono ucraino Roman Lyulkin ha prestato la voce al servitore Leporello, il soprano arrmeno Anush Hovhannisyan ha debuttato nel ruolo di Donna Anna, il tenore canadese Josh Lovell è stato Don Ottavio, il mezzo soprano irlandese Rachel Kelly ha interpretato Donna Elvira, il soprano scozzese Louise Kemény in Zerlina, e infine il baritono armeno Arshak Kuzikyan nel ruolo di Masetto.
Giovani che hanno già calcato diversi palcoscenici mondiali di prestigio ai quali le porte del futuro saranno abbastanza favorevoli.
Pubblico attento e competente che in diverse occasioni ha mostrato di gradire gli interpreti e gli orchestrali i quali hanno espresso il massimo delle loro capacità artistiche.
Durante una dei rarissimi momenti di relax, con alle spalle lo splendore illuminato del giardino, abbiamo intrapreso una gradevole chiacchierata con Tommaso Corsini, dal cui volto traspariva la stanchezza fisica e la soddisfazione per l’andamento della serata.
“Quando la sorte ti è favorevole e ti consente di lavorare con gente corretta e capace allora la sera ti guardi allo specchio e ti ammiri soddisfatto. Roger, Maximilian e Frankie sono dei ragazzi eccezionali dal punto di vista professionale e caratteriale con i quali ci si intende il più delle volte anche solo con uno sguardo. Ci troviamo spesso in sintonia e sino ad oggi non vi è mai stato uno screzio e neppure incomprensioni significanti”.
Un lavoro enorme di preparazione e di allestimento.
“E sudare ad agosto è anche un tantino più faticoso. Abbiamo steso oltre 20 chilometri di cavi elettrici, 300 luci, le opere di falegnameria sono state realizzate tutte su misura. Un lavoraccio, però moralmente ci si sente leggeri”.
Ancora una volta imprenditori culturali privati, pare un controsenso in un Paese che dovrebbe fare della Cultura un cavallo di battaglia.
“Nella prima, come pure nella seconda edizione, molti sponsor hanno apprezzato e condiviso i nostri progetti e ci hanno sostenuto. È grazie a loro che abbiamo realizzato un sogno che tanti appassionati han potuto ammirare e gustare. Sia la passata edizione che l’attuale ad ogni spettacolo abbiamo registrato il tutto esaurito. Mi pare una gran bella soddisfazione. Mi piacerebbe poter instaurare con la pubblica amministrazione un rapporto di collaborazione, le nostre porte sono aperte. Vediamo”.
Un pubblico di qualità, tanti stranieri come pure molti connazionali.
“E, mi piace aggiungere, con un discreto portafoglio. Se si considera che parecchi di loro sono arrivati a Firenze ed hanno soggiornato per l’intera settimana, si può tranquillamente affermare che la città ha potuto godere di un ritorno non solo artistico e culturale ma anche economico e di immagine”.
La scelta di un’opera di Mozart la si può interpretare come un messaggio politico in un momento in cui le sorti dell’Europa appaiono vacillanti?
“Decisamente no. Nel 2017 un italiano e nel 2018 uno dei massimi musicisti continentali”.
Avete già deciso il programma per il 2019. Sontuoso ed impegnativo.
“Abbiamo migliorato l’acustica, la scenografia ed i costumi. È indispensabile migliorarsi di continuo e giammai sedersi sugli allori. Firenze è una città di arte e di cultura di altissimo livello planetario con una tradizione prestigiosa, noi vogliamo crescere qualitativamente per cui appare scontato che qualche rischio bisogna correrlo. Abbiamo inserito 1’Otello di Giuseppe Verdi e poi Le nozze di Figaro di Mozart, mentre la domenica chiuderemo con un’altra eccelsa opera di Verdi, la Messa da Requiem, una composizione scritta in occasione della morte di Alessandro Manzoni”.
Il giardino Corsini potrà ascoltare anche le note dell’Aida?
“Le grandi sfide vanno quasi necessariamente affrontate ed è pressoché scontato metterle a preventivo. Da quest’altra settimana una breve pausa per scaricare la tensione del New Generation Festival 2018 e successivamente dirigere le energie al Festival 2019. Poi chissà”.
Il cellulare riprende a squillare e con un gran sorriso ci salutiamo. Alla prossima.
bruno galante
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