Il business dell’accoglienza al Sud vale più di una banca
L’arresto del sindaco di Riace Mimmo Lucano nell’ambito di un’inchiesta della procura di Reggio Calabria per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, è la caduta di un velo che celava un immenso inganno: il business dell’accoglienza esiste ed è un sistema che, specie al sud, si alimenta di complicità e bisogni di comunità tali da far rientrare le politiche di accoglienza all’interno di una filiera ben precisa.
Una filiera in cui per soddisfare i bisogni di un territorio vocato all’assistenzialismo, si prendono ad ostaggio le vite di clandestini trattati da migranti in regola con tutti i permessi di soggiorno.
Posto che il garantismo deve valere per tutti, a gettare pesanti ombre sulla buona fede di certi amministratori non sono soltanto le intercettazioni inquietanti dalle quali traspare il sistema dei matrimoni forzati per consentire una cittadinanza a donne clandestine cui era già stato riconosciuto in terzo grado il diniego. Le ombre si estendono se si mettono in fila in sequenza una serie di fatti, inchieste e scandali che non possono essere casuali o estemporanei e che oggi investono la Calabria, ma si ritrovano facilmente in molte altre regioni.
Che Roberto Saviano si dica convinto che sia “un’operazione da regime” l’arresto di Mimmo Lucano, che lui ha sponsorizzato attraverso la creazione del mito fasullo del modello Riace, fa parte del gioco. Così come fa parte del gioco un po’ spregiudicato e un po’ cialtrone da italietta il suo garantismo a fasi alterne per cui se arrestano un sindaco amico è un attentato alla democrazia, se invece si accusa il ministro dell’Interno di essere mafioso, è libertà di pensiero.
Quello che non fa parte del gioco è l’impunità attraverso la quale il sistema di accoglienza si è alimentato di proclami ai danni dei contribuenti e degli stessi clandestini, trattati come moneta di scambio e persino utilizzati, come è emerso, per matrimoni fasulli.
Le intercettazioni che coinvolgono il sindaco lo mostrano perfettamente consapevole del fatto di operare nell’illegalità ritagliandosi il ruolo di sensale di matrimoni e abusando del suo ruolo di sindaco. Ma ciò non faceva alcun problema e non sembra farlo certo oggi che il suo arresto è finito in netta contrapposizione nella polemica politica con il giro di vite dato dal nuovo corso ministeriale inaugurato da Salvini. Passerà da vittima.
Lo sa bene chi la Calabria la vive, anche politicamente, e che non ha attaccato l’anello al naso sulla bontà delle conventicole sparse per la regione.
Giancarlo Cerrelli ad esempio, giurista del Centro Studi Livatino e referente della Lega per la provincia di Crotone, la politica in questi mesi l’ha concepita come una incessante opera di denuncia sugli abusi del sistema Sprar & affini.
Dalla sua attività politica in funzione anti clandestini si può percepire che lo scandalo di Riace non è esploso ieri mattina con l’arresto del sindaco simbolo dell’accoglienza indiscriminata, ma sia germinato in un climax ascendente di approcci ideologici e perbenisti alla causa. Che non escludono persino le gerarchie ecclesiastiche impegnate nel territorio a spalleggiare le operazioni scriteriate di copertura dei clandestini mascherandole da carità cristiana.
Quando tra luglio ed agosto Lucano aveva inscenato uno sciopero della fame in conseguenza dei ritardi sull’arrivo di alcuni fondi, a sostenerlo, fino a portarlo in prefettura o a dargli una mano con fondi Caritas, si erano precipitati mons. Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace a cui appartiene la parrocchia di Riace, l’onnipresente padre Zanotelli e persino monsignor Giancarlo Bregantini, attuale vescovo di Campobasso che ha sempre incoraggiato Lucano ad andare avanti quando era vescovo di Locri. Chissà se adesso, lette le carte del Gip sui matrimoni truccati, farà lo stesso?
Cerrelli ha denunciato non più tardi di cinque giorni fa quanto accaduto in una classe del liceo Filolao di Crotone in cui un’insegnante di lettere ha imposto ai ragazzi un tema per delineare un paragone tra le leggi razziali di Mussolini del ’38 e il nuovo decreto sicurezza licenziato dal governo Salvini-Conte-Di Maio.
“Nel nostro ambiente vige una cappa per cui se non ragioni secondo gli schemi del politicamente corretto sei veramente emarginato – ha spiegato il giurista –. Lucano era considerato come un eroe, l’avevano messo tra gli uomini più influenti del pianeta e sembrava che Riace fosse un’isola felice di integrazione”. Ma Cerrelli, che poi ha ottenuto il ritiro del tema era intervenuto più volte anche per arginare le continue problematiche dell’HUB di Isola Capo Rizzuto. “Il centro profughi più grande d’Europa, l’anno scorso hanno arrestato il direttore perché faceva affari con le Misericordie locali e si è scoperto dalle indagini che avevano mangiato un sacco di milioni allo Stato attraverso un pesante coinvolgimento della malavita locale. Anche il sacerdote vicino alla Cara di Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio, è finito ai domiciliari e ora dovrà affrontare il processo”.
Cerrelli aveva denunciato per tempo la situazione di Isola Capo Rizzuto, ma anche la gestione ambigua di alcuni bandi Sprar come quello della sua provincia, in cui sono stati elargiti in un caso anche 1 milione e 300mila euro che poi “il responsabile dei progetti ha ammesso che questi soldi sono una ricchezza per il territorio. “Noi – ha detto – ai migranti diamo un euro e 20, il resto va agli operatori”.
Un sistema di arricchimento a vantaggio del territorio. Una specie di riedizione della Cassa per il Mezzogiorno? “Esatto – prosegue Cerrelli -. La migrazione nelle nostre terre è stata vista come una riedizione della Cassa per il Mezzogiorno perché a guadagnarci dal sistema migranti non è solo la cooperativa, ma un sistema complesso di indotto commerciale dell’accoglienza che arricchisce una filiera e sostanzialmente dà lavoro. Basta poco, basta anche una lavanderia che fornisce servizi ad una cooperativa o una Misericordia. Il tutto sulla pelle dei clandestini”.
La denuncia di Cerrelli è legata dunque alla filiera “messa in piedi dai governi di Sinistra fondamentalmente per lucrare e questo sistema è andato bene a tutti, comprese le tante realtà imprenditoriali vicine al mondo cattolico che, magari non dicono nulla sul gender nelle scuole, ma si approvvigionano di questo sistema che – abbiamo visto – facilmente rischia di sfociare nel malaffare”.
Buona parte di responsabilità secondo il giurista ce l’hanno anche alcuni vescovi: “Ingenui – commenta – per non dire altro. Hanno creduto sinceramente che l’accoglienza fosse qualcosa di dovuto in termini di carità ma hanno dimenticato di conciliarla con la virtù cardinale della prudenza che in questi casi in cui bisogna amministrare la cosa pubblica per il bene comune è determinante. Come hanno fatto a non accorgersi che a beneficiare di queste prebende colossali dello Stato c’erano persone che facevano finta di essere vicine ai bisogni della gente mentre in realtà stavano lucrando?”.
Sul punto Cerrelli cita un episodio: “Mi ha meravigliato molto sentire parlare di volontariato quando ad esempio si cita l’opera buona delle Misericordie. Ebbene: ho scoperto e denunciato più volte che in realtà di volontariato c’è ben poco, perché il sistema è messo in piedi per arricchire una serie imprecisata di soggetti che si approfittano di ogni situazione. Qua da noi il terzo settore è diventato ormai un posto di lavoro ed è davvero stolto che alcune gerarchie ecclesiastiche non se ne siano accorte”.
Da ultimo uno sguardo su Riace e un invito a indagare: “Riace non è un paradiso, ho personalmente saputo da fonti vicine alla prefettura che Lucano, quando arrivavano dei richiedenti asilo, telefonava insistentemente per farseli mandare da lui. E invito la procura a guardare dentro l’esplosione dell’accoglienza dei bambini, che a Riace è stata eretta a sistema. I bambini hanno un costo maggiore e le possibilità di lucrare sono aumentate. Questo è un aspetto che non andrebbe dimenticato”.
Andrea Zambrano de La Nuova Bussola Quotidiana
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