Crolla il supporto bancario ai distretti del Made in Italy
Secondo uno studio particolareggiato effettuato dall’Ufficio Studi di First Cisl le banche italiane invece di sostenere le aziende del Made in Italy le stanno lentamente abbandonando al loro destino.
Piuttosto che rimanere al loro fianco e appoggiare la loro crescita specie nell’export, stanno arretrando ed in alcuni distretti appare come una fuga precipitosa.
In sette anni i finanziamenti ai distretti della moda, dell’occhialeria, del mobile, della gioielleria, dell’agroalimentare sono crollati, secondo l’analisi della First Cisl, di 57 miliardi e i loro territori hanno perso il 20% degli sportelli bancari.
“Le politiche bancarie si sono concentrate sul taglio dei costi anziché sulla vicinanza al tessuto locale e si è preferita – commenta il segretario generale, Giulio Romani – la vendita frettolosa degli Npl a una gestione paziente dei crediti problematici che avrebbe permesso a molte imprese di tornare in bonis, rilanciando l’occupazione”.
“Se nel 2010 le filiali che servivano i territori del made in Italy erano 9.889, a fine 2017 erano scese a 7.912”, spiega Riccardo Colombani, responsabile dell’ufficio studi di First Cisl, ricordando che “nelle zone dei prodotti simbolo del paese ci sono ben 674 comuni senza alcuna agenzia bancaria, ossia il 27% del totale, e 125 di loro hanno visto chiudere ogni sportello”.
La riduzione del servizio è stata accompagnata da un calo (-18%) dei prestiti mentre i depositi sono aumentati (+32%).
Nel 2010 il made in Italy otteneva finanziamenti per una cifra complessivamente superiore dell’89% ai depositi raccolti sui rispettivi territori, oggi il fabbisogno aggiuntivo è appena del 18%. Sei regioni ovvero Campania, Basilicata, Lazio, Liguria, Molise e Puglia sono autosufficienti, con depositi distrettuali superiori o pressoché pari ai prestiti.
Nelle filiali che restano a presidiare le aree distrettuali, precisa la First-Cisl, la raccolta cresce in modo esponenziale: dal 2010 al 2017 i depositi per sportello sono saliti del 64% da 17 a 28 milioni, mentre i prestiti per filiale sono cresciuti solo del 3%, da 32 a 33 milioni.
“Neanche ai territori di maggior successo – rileva ancora Colombani – è risparmiato l’arretramento. Secondo il rapporto sui distretti redatto da Intesa Sanpaolo, ai vertici per performance e redditività figurano l’occhialeria di Belluno, il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e i salumi di Parma: in sette anni il primo ha perso il 25% delle filiali, il secondo il 34% e il terzo il 16%, con cali nei finanziamenti che vanno dal -13% del sistema locale di Parma al -42% di Longarone, passando per il -31% di Valdobbiadene, il -33% di Pieve di Cadore o il -24% di Langhirano”.
Dal quadro della First-Cisl emerge poi come le dinamiche contrastanti di alcuni comparti siano in parte motivate anche dai dissesti bancari.
Su tutti la crisi della Popolare di Vicenza che trova riflesso nel calo del 25% delle filiali e del 29% dei prestiti nel distretto orafo di Vicenza mentre calano un po’ meno sportelli e impieghi del distretto orafo di Arezzo, sede di Banca Etruria, con flessioni del 19% e del 24%.
Nell’abbigliamento scendono il tessile toscano di Prato e quello emiliano di Carpi, che vedono rispettivamente il 29% e il 20% di chiusure di filiali, ma regge il comparto lombardo delle calze tra Castiglione delle Stiviere e Castel Goffredo, che hanno perso solo una filiale ogni dieci.
Nel conciario flette Arzignano, nel Vicentino, con un calo del 26% nel presidio e del 23% nei finanziamenti mentre è un caso a parte quello della campana Solofra che conserva tutte le filiali e cresce del 20% nei prestiti, in controtendenza sulla media nazionale.
Piero Vernigo
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