La Cina comincia ad adeguarsi, condannati i falsi Zegna
Forse qualcosa comincia a muoversi anche tra i pronipoti di Mao Tse-tung ora che hanno invaso i mercati mondiali con qualsiasi prodotto, iniziano a comprendere che servono delle regole ben precise e che occorre rispettarle.
Ultimata la fase iniziale del boom industriale e della crescita a doppia cifra, si stanno rendendo conto che il brigantaggio commerciale va eliminato e stanno arrivando i primi provvedimenti.
A uno sguardo distratto potrebbe quasi sembrare lo stesso cognome, e anche il suono è molto simile, ma tra Zegna e Zegnoa non c’è soltanto una differenza ortografica, ma anche una differenza di qualità.
Dopo cinque anni di contenzioso, in Cina la Suprema Corte del Popolo, la massima autorità giudiziaria cinese, ha emesso due sentenze inedite a tutela della proprietà intellettuale di un marchio estero.
Da anni Ermenegildo Zegna, fiore all’occhiello del made in Italy, tra le aziende del settore abbigliamento più apprezzate al mondo, aveva denunciato le pratiche scorrette da parte del brand Yves Zegnoa.
L’operatore cinese, che commercia capi di abbigliamento e accessori, è stato condannato per violazione della proprietà intellettuale sfruttando un sistema di comunicazione e una veste grafica per il suo logo troppo simili a quelli del marchio italiano.
Così, l’Alta Corte ha punito la malafede dell’operatore locale, ribaltando le sentenze che erano state emanate nei precedenti gradi di giudizio da parte di altre autorità, e che non vedevano nella pratica del brand cinese nessuna scorrettezza.
Lo storico marchio di Treviso, da sempre garanzia della qualità sartoriale italiana, ha così vinto un’importante battaglia per il diritto a veder tutelata la propria competenza.
Inoltre, Ermenegildo Zegna è presente in Cina da oltre 30 anni e gode anche di un’ottima reputazione nel Paese.
La Stampa riporta che l’amministratore delegato del gruppo, Gildo Zegna ha dichiarato che“la sentenza non solo tutela i nostri diritti nel campo della proprietà intellettuale in Cina, riconoscendo l’alta reputazione e il valore del nostro brand, ma rappresenta la conferma della positiva evoluzione della giurisprudenza cinese a tutela della concorrenza. Un’evoluzione in direzione di un mercato sempre più equo e senza discriminazioni, regolato nell’interesse di tutti gli operatori nazionali e internazionali presenti sul territorio cinese”.
La sentenza della Suprema Corte è ancora più importante se si pensa poi ai dati generali sull’aumento del valore del manifatturiero e del made in Italy negli ultimi anni.
Infatti, come riporta il Sole 24 Ore, dal 2013 al 2017 il valore del manifatturiero ha visto un incremento del 3,8%, ben al di sopra della crescita degli altri paesi europei.
la Redazione
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